1.2.2.1 SCHOOL REFUSAL SYNDROME
Per molti ragazzi hikikomori il cammino verso la reclusione totale è cominciato da un iniziale comportamento avversivo nei confronti della scuola,infatti, secondo le testimonianze di molti hikikomori, i trigger più frequenti sembrano riguardare eventi che hanno a che fare con l’ambiente scolastico e le proprie relazioni nel gruppo dei pari, come il fallimento ad un esame, l’essere vittima di bullismo, l’isolamento nel gruppo dei pari (Marconi, 2009). Appare dunque possibile ipotizzare un’importante relazione tra hikikomori e school refusal syndrome, in particolare sembra che l’auto- isolamento possa essere la naturale conseguenza di un iniziale rifiuto di andare a scuola.
In accordo con diversi autori ( Saito, 2002; Ishikida, 2005) sono stati messi in evidenza aspetti comuni che contraddistinguono hikikomori e soggetti che presentano la school refusal syndrome, in particolare la relazione passiva con i compagni, la bassa tolleranza alla pressione sociale e alti indici di ansia. I giovani che soffrono di school refusal syndrome esprimono un forte disagio nella relazione con i propri compagni e si sentono incapaci di competere e tenere testa alla pressione a cui sono sottoposti.
L’avversione verso la scuola, che può assumere i contorni di una vera e propria fobia, ha recentemente assunto dimensioni preoccupanti in Giappone. Il Ministero dell’Educazione Giapponese (MOE) definisce school refusal sindrome “il fenomeno per il quale gli studenti non vanno o non possono andare a scuola a dispetto del proprio desiderio di andarci; ciò è dovuto a motivi psicologici, emozionali, fisici, sociali o ambientali” (Crystal, 1994) .In effetti i futoku sono consapevoli di dover andare a scuola, ma qualcosa impedisce loro di uscire dalla propria casa. La scuola rimane in ogni caso una presenza costante nei loro pensieri, dalla quale cercano rifugio nella sicurezza della propria casa. A conferma di ciò e della relazione esistente tra school refusal e ritiro sociale, molti hikikomori manifestano miglioramenti nel periodo dell’anno in cui finiscono le scuole, ed alcuni di loro riescono ad uscire di casa ed avere una parvenza di vita sociale durante le vacanze scolastiche (Kaneko, 2006).
Dal 1980 gli studenti affetti da school refusal syndrome sono rapidamente aumentati rendendo il fenomeno un problema di portata nazionale, fino a raggiungere nel 2002-2003, anno in cui è stato effettuato anche il primo studio quantitativo sul fenomeno hikikomori, il numero più alto mai registrato: circa 130.000 ragazzi, di cui 27.000 delle scuole elementari (uno ogni 275) e 112.000 delle scuole medie (uno ogni 36), si è assentato da scuola per più di 30 giorni, quasi il doppio rispetto ai 66.817 del 1996. ( Ishikida, 2005)
Inclusi sotto l’etichetta di “school refusal” vi sono casi di ragazzi e bambini che interrompono i loro studi e saltano la scuola in modo continuativo, che sono stati vittima di bullismo e vivono nella paura di ciò che li aspetta a scuola, che si sentono oppressi da qualche tipo di preoccupazione nevrotica riguardante le relazione interpersonali o la pressione accademica. Secondo lo studio riportato da Ishikida, si può notare in questi soggetti una sintomatologia particolare, che richiama la stessa riportata da coloro che soffrono di hikikomori (Ishikida, 2005). Questi ragazzi trascorrono il loro tempo in casa, preferiscono non incontrare altre persone e presentano disturbi del sonno. In un quarto degli studenti che presentavano school refusal sindrome si riscontrarono problemi psicologici, come disturbi emozionali, ansia estrema e stress. In apparenza sono ragazzi normali, senza problemi scolastici e con un rendimento nella media, ma rivelano un’ elevata fragilità e una personalità ansiosa, perfezionista, egoista, timida e antisociale , inoltre i genitori, soprattutto la madre, tendono ad essere eccessivamente protettivi ed esigenti ( Crystal, 1994).
Nel percorso che conduce inizialmente al rifiuto di andare a scuola e che successivamente può evolversi in ritiro sociale, Crystal (1994) individua tre fasi differenti (Crystal, 1994).
Il primo stadio è caratterizzato da diversi disturbi somatici e una graduale interruzione di tutte le attività collegate alla scuola. Nella seconda fase i sintomi fisici cominciano diminuire contemporaneamente all’aumento della pressione da parte dei genitori affinché il figlio torni a scuola. Più gli adulti tentano di persuadere il ragazzo ad andare a scuola, più diventa ostinato il suo rifiuto di andarci. Presto questi ragazzi cominciano a ribellarsi apertamente contro le pressioni esterne. Il più lieve commento da parte dei genitori può in questo stadio diventare motivo scatenante di esplosioni di rabbia, ed, in alcuni casi, di violenza verso i genitori (Crystal, 1994). Successivamente questi ragazzi sembrano sprofondare in uno stato di apatia, restando rinchiusi nella propria stanza per la maggior parte della giornata, svolgendo attività passivizzanti come guardare la tv, ascoltare la musica o leggere fumetti. A volte manifestano comportamenti regressivi, mostrando un’eccessiva dipendenza verso i propri genitori. Questa ultima fase presenta una sintomatologia molto vicina ad hikikomori, al punto da poter comprendere come il passo dall’avversione verso la scuola alla reclusione totale nella propria stanza sia breve (Crystal, 1994). Ishikida (2005) riporta che il 41% di coloro che hanno sofferto di school refusal syndrome evolvono in hikikomori (Ishikida, 2005).
Come per ciò che concerne hikikomori, le cause che possono condurre i ragazzi a sviluppare avversione verso la scuola sembrano essere diverse e connesse tra loro. Per ciò che concerne la personalità di questi ragazzi, gli studi che so sono concentrati sui fattori individuali, hanno messo in evidenza che questi studenti manifestano una elevata sensibilità e la tendenza a sviluppare una preoccupazione eccessiva verso di sé e verso le relazioni con gli altri (Crystal, 1994; Ishikida, 2005).
Uno studio effettuato da Inoue (1988) e riportato da Crystal (1994) ha messo in luce la bassa tolleranza alla frustrazione mostrata da questi ragazzi e la tendenza ad isolarsi dai pari.
Dal complesso ritratto che emerge di questi ragazzi, essi sembrano essere percepiti come cooperativi, coscienziosi, sensibili e riservati. Tutte queste qualità sono fortemente incentivate dall’educazione giapponese e rappresentano dei valori tradizionali che vengono però acquisiti a discapito dell’autonomia, della spontaneità e delle competenze sociali (Rothbaum, 2000). Le caratteristiche personali che una volta erano considerate desiderabili per il successo accademico e sociale in Giappone sono diventate punti di debolezza in una società che esercita una grande pressione ed in cui vi è una competizione selvaggia per il raggiungimento degli obiettivi scolastici e per conformarsi al gruppo (Masataka, 2002).
Per quanto riguarda le dinamiche familiari sono stati chiamati in causa il ruolo assente del padre e il rapporto di dipendenza con la madre (Fogel, 2007).
Il ruolo del padre durante l’adolescenza, fase in cui il ragazzo sperimenta la propria identità all’esterno della famiglia, dovrebbe essere quello di favorire e incoraggiare la partecipazione e l’identificazione nell’ambiente sociale allargato. Se il padre è assente, disimpegnato e deresponsabilizzato rispetto all’educazione del figlio e alla sua crescita emotiva, come spesso accade nelle famiglie dei futoku, sarà impossibile per il figlio modellare il proprio impegno sociale nel mondo esterno alla famiglia (Crystal, 1994). In assenza di un modello paterno forte in cui identificarsi, l’adolescente si ritirerà più facilmente dalle sfide e dalle frustrazioni che si presenteranno al di fuori del proprio ambiente domestico e avrà più possibilità di sviluppare modalità disadattive di fronteggiarle (Crystal, 1994).
Oltre all’assenza del padre, la relazione di dipendenza tra madre e figlio è stata individuata come fattore ulteriore che contribuisce alla rottura che conduce all’abbandono scolastico.
Madri iperprotettive ed eccessivamente indulgenti verso i bisogni di dipendenza del figlio impediscono all’adolescente di compiere quelle esperienze che gli permetterebbero di sviluppare perseveranza e tolleranza della frustrazione. Se inoltre queste madri sono intrusive e portatrici di elevate aspettative accademiche, il figlio probabilmente le interiorizzerà rischiando di diventare ipersensibile e perfezionista per rispondere all’immagine che la madre ha di lui (Hamada, 2004). Questi ragazzi hanno trascorso l’intera esistenza a compiacere gli altri, in primis i genitori, e a rispondere alle loro aspettative, di conseguenza la loro auto-stima e la loro auto-efficacia sembrano destinate a infrangersi al primo fallimento, portandoli a rifiutare il mondo esterno e a rinchiudersi nelle proprie case (Zielenziger, 2006).
Il diffondersi della sindrome da school refusal in Giappone non può essere, nonostante l’evidenza clinica, attribuita solamente ad un padre assente e ad una madre iperprotettiva. La natura del sistema educativo giapponese e le aspettative poste sugli studenti dalla scuola giocano un ruolo determinante nel recente aumento delle assenze prolungate da scuola tra i giovani giapponesi.
Il metodo di insegnamento delle scuole giapponesi privilegia l’uniformità a discapito della libera espressione di sé e della spontaneità, vi sono regole rigide e inflessibili, e , come discusso precedentemente, l’intensa competizione per accedere ai livelli di istruzione secondaria è molto elevata, al punto che alcuni psicologi hanno coniato il termine “ controllism” per riferirsi al sistema scolastico giapponese (Zielenziger, 2006).
In un tale clima restrittivo e competitivo, che soffoca l’individualità, l’indipendenza e la spontaneità, spesso una modalità disfunzionale di allentamento della tensione si manifesta nella presenza pervasiva di atti di bullismo (Rees, 2002). I soggetti più vulnerabili sono proprio coloro i quali a causa della loro ipersensibilità e bassa tolleranza alla frustrazione preferiscono evitare le sofferenze della persecuzione che subiscono a scuola o l’imbarazzo per il fallimento scolastico restando nelle loro case. Le difficoltà con i pari e i fallimenti accademici sono le due cause principali riportate sia dai futoku che dagli hikikomori.
I fenomeni del rifiuto di andare a scuola e della reclusione sociale sembrano rappresentare due aspetti della medesima malattia giovanile del Paese, e sono l’espressione di problemi sociali crescenti, alimentati da una molteplicità di dinamiche sia sociali che familiari, che includono le dinamiche del sistema familiare giapponese, la stretta relazione di co-dipendenza tra genitori e figli, e le stringenti aspettative del sistema educativo.