Offrire il proprio utero per creare un nuovo essere destinato ad essere figlio di altri significa offrire una funzione del proprio corpo, la più intima possibile. Se ciò avviene a pagamento, si propone un parallelo – raffronto con la prostituzione; ciò sia detto senza alcun significato di condanna a priori, anche perché il sesso a pagamento va dalla prostituzione di strada alle prestazioni porno fino – sì – al matrimonio per interesse; il tutto sempre più sdoganato.
Ma credo che la cessione del frutto di 9 mesi di gravidanza sia qualcosa di ben più drammatico; e che per chi cede, per chi acquista, e forse per il figlio stesso, la perdita di questi nove mesi o del loro frutto abbia un costo emotivo non da poco.
Tutto ciò rende molto difficile l’ambiguo compromesso multisecolare che ha funzionato con la prostituzione: è lecita, non lo è, lo è ma va tenuta nascosta, lo è ma non va sfruttata da terzi…
Onestamente, non ho un parere definito sulla opportunità o meno di consentire questa pratica formalizzandola. Ci sono troppi risvolti.
Ritengo più chiara, sul piano etico, l’esigenza di consentire e facilitare le adozioni, anche per le coppie omosessuali.