Un saggio celebrativo di un chierico dotto.
Il tentativo scontato di contenere l’idea geniale che produce cambiamento, ma che spaventa.
Il ricorso a ideali politici e partitici che sviliscono ed offendono l’intuizione geniale (anche per Faber del quale ricorre il venticinquesimo della scomparse succede qualcosa di simile).
Temevo.
Invece quando ho iniziato a leggere il testo del libro che gentilmente Paolo mi aveva fatto avere mi sono trovato a essere piacevolmente coinvolto in una storia di vita e di idee che condivido e che sono state descritte con competenza e rigore storico oltre che con la dovuta partecipazione emotiva.
Un passaggio su tutti mi conforta e convince dell’autenticità dell’uomo: quello sulla necessità di saper amare e riconoscere l’altro e sulla capacità indubbia di Basaglia nel farlo.
Al di là delle posizioni di convenienza e del tentativo ad ogni piè sospinto di trincerarsi dietro paraventi di comodo come l’appartenenza a questa, o quella scuola, o ancora a discutere di ciò che è scientifico, o meno, o se si debba partire dalle pratiche, o dalle teorie.
Il libro quindi è un testo da leggere attentamente se si vuole (ed io penso si debba), comprendere come occuparsi delle persone sofferenti di disturbi mentali gravi non possa prescindere dal confrontarsi con la propria disponibilità ad incontrare l’altro e a cimentarsi generosamente nel comprendere, condividere, compatire, conservare.
La psichiatria soffre presso di presunzione e tendenza all’autoreferenzialità e nel far questo ha spesso giustificato l’ingiustificabile (succede tuttora quando si ricoverano adolescenti nei reparti psichiatrici per adulti senza considerare che qualunque “sano” messo in quelle condizioni si ammalerebbe) e ha consentito che prevalessero meccanismi di esclusione e emarginazione.
Nel libro che descrive bene il lavoro intenso e strategicamente preciso di Basaglia nell’individuare gli obbiettivi principali da cogliere si intravvede anche la possibilità di riflettere sul tempo che scorre e sulla necessità di non fermarsi, ma contestualizzare l’insegnamento di Basaglia per non tornare indietro.
Sicuramente Basaglia vivo, avrebbe parlato oggi un linguaggio diverso adattandolo al cambiamento che i giovani stanno in parte dolorosamente vivendo e sicuramente avrebbe proposto soluzioni convenienti.
Ricordarlo è fondamentale, come lo è in genere la storia.
Un plauso quindi a Paolo Peloso per il suo contributo.