Festival di Arte Irregolare: “Per l’Alto mare aperto”

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1. Parlare di arte irregolare nel presentare questa bella e stimolante serie di opere porta a riflettere su cosa sia un’arte “regolare”, in questa protratta fase in cui, ormai da molto tempo, la creazione artistica rompe volutamente ogni regola. Scomparsa da tempo l’esigenza di una somiglianza con la realtà fisica: ogni realismo è ritenuto ingenuo, a meno che si tratti di un iperrealismo come proposto da Andy Warhol, con le sue provocatorie rappresentazioni seriali di oggetti di consumo, dalle zuppe in scatola al volto di Marilyn. Neppure è più essenziale la padronanza di una sofisticata tecnica, in opere giustamente prestigiose come certe opere di Duchamp o i tagli di Fontana; nè il ricorso a materiali canonici come pennelli, tavolozza, o il martello dello scultore: la c.d. arte povera ne utilizza volutamente ben altri. Neppure l’offerta di una emozione estetica è un criterio sempre presente.
   Forse è arte ogni opera che ci trasmette un messaggio; e certamente ciò accade anche in creazioni “irregolari” come queste qui proposteci. E’ possibile che ciò accada in modo più consapevole, a volte intellettualizzato, in lavori ormai classici come il “questa non è una pipa” di Magritte, che ci parla del rapporto fra immagine e oggetto (cosa in sè?); ciò diviene una sfida all’interpretazione. Ma questa non è una costante presente in tutte le opere d’arte offerteci.
   Sarebbe triste dover concludere che è arte “regolare” quella prodotta da un professionista di fama consolidata; o quella che ottiene (come?) ampio consenso critico; o quella accolta nel mercato, con ampia possibilità di speculazione.

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