“Siamo fatti degli stessi atomi e degli stessi segnali di luce che si scambiano i pini sulle montagne e le stelle nelle galassie.” Carlo Rovelli (2014)
Ho letto il libro di Rovelli “Sette brevi lezioni di fisica”,“noi siamo natura” dice e facciamo parte di un piccolo infinitesimo angolo di questo cosmo.
Secondo la meccanica quantistica le particelle esistono solo quando sono in relazione con una materia altra. Le particelle esistono nella relazione. Noi esistiamo nella relazione.
Benedetti(1980) conviene con il pensiero della prospettiva relazionale che consegna alla relazione un ruolo fondamentale nella formazione dell’identita del soggetto, nella possibilità di definirsi in relazione con il mondo, distinguendosi da esso e abitarlo proprio grazie alla dimensione relazionale.
Rovelli(2014) afferma, nelle sue lezioni, che lo spazio non è continuo, ma formato da grani, cioè da atomi di spazio, ognuno indipendente in una danza autonoma ma allo stesso tempo inanellato con altri simili e insieme formano una rete di relazioni che tesse la trama dello spazio. Questa danza tra i due movimenti, relazione e autonomia integrati, mi ha fatto pensare alla condizione umana di simbiosi e separazione e alla possibile integrazione attraverso appunto la relazione.
Lo sviluppo psichico e l’adattamento creativo dipendono dalla strutturazione di una rappresentazione integrata del sé e dell’oggetto basata sulla cooperazione dei due stati del Sé che, nell’incontro affettivo, consentono di vivere l’esperienza narcisistica, onnipotente e magica “di essere l’altro” e al tempo stesso, l’esperienza dello scambio interpersonale implicante la differenziazione (Peciccia ,1995).
La base biologica di questo fenomeno, è da ricercarsi in una popolazione di neuroni visuo-motori, definiti “neuroni specchio”, i quali, operano una simulazione interna delle azioni osservate e come tali sono coinvolti nella comprensione delle azioni altrui. Nel sistema dei neuroni a specchio possiamo trovare il correlato neurofisiologico di quella che Gallese(2003) definisce identità sociale che nelle persone sane funziona in parallelo con l’identità individuale, dove il soggetto si definisce come delimitato e differenziato dagli altri (Gallese,2003).
“Il mondo è un pullulare irrequieto e continuo di cose, un venire alla luce e sparire di effimere entità, è un mondo di avvenimenti, non di cose statiche” dice Rovelli.
Quando le particelle non sono in relazione non esistono, sono in un non-luogo.
L’ipotesi psicogenetica che Benedetti(1980) avanza per spiegare i vissuti psicotici di non esistenza, presuppone la precoce introiezione di particolari schemi di interazione familiare descrivibili come“aree di morte”, spazi ove la comunicazione affettiva e talmente scarna da non poter accogliere i bisogni vitali della persona per tradurli in tessuto psichico, “ove certi potenziali umani non arrivano a svilupparsi, certe informazioni fondamentali per la vita non si configurano mai, certe esperienze che strutturano l’Io dai primordi non hanno mai avuto luogo; così che non c’è nemmeno rimozione nell’Inconscio, ma ‘zone mute’ dell’Inconscio stesso, cioè un’assenza di strutturazione psichica, un qualcosa che, per descriverlo prendendo una figurazione astronomica moderna, chiamerei un buco dell’universo” (Benedetti,p.8, 1980).
Sempre Rovelli(2014) spiega che i buchi neri sono l’esplosione di stelle collassate: la materia è precipitata all’interno, schiacciata dal suo stesso peso, così sparisce alla nostra vista. Probabilmente quello che accade è che la materia sempre più densa crea una pressione contraria, generata dalle fluttuazioni quantistiche, per controbilanciare il peso, così tutto il materiale della stella collassata viene compresso e concentrato in un atomo (chiamato stella di Plank) che quando è al massimo della compressione rimbalza e si espande generando un esplosione. I buchi neri che Benedetti(1980) paragona alle aree di morte, questi spazi dove non vi è relazione, quindi dei non-luoghi, dove il soggetto è negato come identità esistente. Il soggetto è schiacciato dalle aree di morte introiettate, al massimo della pressione, un’esplosione. La frammentazione di parti di Sè.
Ogni interazione lascia una traccia, sono le tracce che ci permettono di dedurre ciò che non si vede direttamente. Pensavo a quante tracce ci sono in noi, al lavoro in psicoterapia nel seguire quelle tracce e dove c’è una stella collassata la possibilità attraverso la relazione terapeutica di ricamare una rete. I cerotti dell’anima, è commovente come è possibile creare nuove tracce da relazioni profonde, quanto diventa significativo in questo il nostro mestiere. Che possibilità meravigliosa di apertura a nuove possibilità, invece di un essere risucchiati e schiacciati dal proprio peso. Terapeuta e paziente cercano insieme altre difese che quest’ultimo non ha mai potuto costruire.Si aprono cosi nuovi orizzonti (Benedetti,1980). Il terapeuta e paziente, creano uno spazio psichico condiviso definito da Benedetti “soggetto transizionale”. Attraverso di esso il paziente inizia la sua esistenza. Non si è più risucchiati da quelle aree di morte che porterebbero al collasso della stella , alla condizione di non esistenza, ma nella relazione terapeutica attraverso la costruzione di simboli comuni, si può strutturare una relazione più complessa con il mondo, una forma di esistenza-nel-mondo, ampliando molteplici possibilità esistenziali.
Ho una persona che sento ogni giorno
Che ha una diagnosi di persona persa in un disturbo schizofrenico
È paranoico
Rompe ogni relazione o cioè dice di non sentirle o distruggerle
Lo sento ogni giorno e cerco con questo cronico di 58 anni o meglio scopro in questa persona persa un
senso ancora di desiderio vitale di relazione attaccato al desiderio/paura della stessa
Abbiamo entrambi pazienza
Qualche volta si ride
Grazie Roberta, credo abbia compreso il senso profondo di questa mia riflessione sulla possibilità proprio grazie alla relazione di trovare una forma di esistenza! Percepisco tutta la fatica e la pazienza insieme a tanta cura e rispetto!