L’emetofobia si staglia con forza all’interno dell’affollato panorama delle fobie psicologiche. Si tratta di un disturbo che viene troppo spesso sottovalutato, sebbene possa avere un impatto significativo sulla vita di chi ne soffre. Nelle prossime righe esploreremo questa condizione, mettendo in luce la sua definizione e le sfide psicologiche connesse. Attraverso una comprensione approfondita, forniremo consapevolezza e qualche pratico suggerimento su come superarla.
Le sfide poste dall’emetofobia sono significative ma non insuperabili. Consapevolezza, conoscenza, comprensione delle radici psicologiche e un approccio terapeutico mirato possono condurre chi ne soffre al superamento della fobia. La possibilità di una vita senza il peso di questa ansia è reale e raggiungibile per chiunque ne sia stato colpito.
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Che cos’è l’emetofobia?
L’emetofobia è nota anche con la definizione, più chiara e brutale, di paura del vomito. Essa descrive un disturbo d’ansia caratterizzato dal timore intenso, e irrazionale, di vomitare. O anche soltanto di assistere al vomito altrui. La parola deriva dal greco. Emetos significa infatti vomito. La denominazione evidenzia la centralità di questa ansia nella vita quotidiana di chi è affetto da questa caratterizzante fobia. La condizione può manifestarsi in modi diversi. Alcuni tra gli individui che ne soffrono evitano situazioni legate a cibo, luoghi affollati o ambienti in cui esistono concrete possibilità che qualcuno possa trovarsi in condizione di vomitare. Potrà apparire strano a chi non abbia cognizione di questa fobia ma tale terrore può diventare tanto pervasivo da compromettere significativamente routine quotidiana e qualità della vita in generale.
La ricerca trascura abitualmente questa condizione sebbene essa sia annoverata, ormai da tempo, tra le fobie semplici che possono caratterizzare la vita di una persona. Il DSM5 classifica il terrore del vomito tra le paure dette di altro tipo. La fenomenologia di questo stato è molto complessa e può sconfinare le barriere degli intollerabili stimoli fobici. L’emetofobo, o l’emetofoba, potrebbe presentare comportamenti ossessivo-compulsivi, ansia sociale, attacchi di panico e abbassamento del tono umorale. Ogni sintomo di malessere fa scattare una molla mentale che genera il pensiero di essere sul punto di vomitare. Ciò rende il fobico ipersensibile, portandolo a controllare attentamente ogni minimo sintomo presentato dal proprio corpo e, in particolare, dallo stomaco.
Le paure sottostanti alla fobia specifica del vomito non riguardano solo aspetti fisiologici. A difficoltà di respirare o costrizione occorre aggiungere una componente sociale come la perdita di controllo di fronte ad altri. L’emetofobia si verifica prevalentemente nelle donne e si sviluppa tipicamente nell’infanzia. La durata media è di circa 25 anni (Lipsitz et al., 2001; Veale & Lambrou, 2006). Il terrore del vomito appare meno comune rispetto ad altre fobie e la sua prevalenza è molto spesso ridotta da diagnosi errate o comorbidità.
Problematiche psicologiche connesse
L’emetofobia è più della semplice paura, spesso fisiologica e non troppo rara, del vomito. Chi ne è affetto può sperimentare un’ansia costante e paralizzante. Com’è ovvio, una simile condizione impatta sulla sfera emotiva e relazionale, e lo fa in maniera anche profonda. Spesso, l’individuo può sviluppare comportamenti di evitamento che limitano le opportunità nella vita quotidiana e ne minano le relazioni sociali. Le radici psicologiche di questa fobia risiedono talvolta in traumi passati, o altrimenti in esperienze negative legate al vomito. Anche la predisposizione genetica all’ansia gioca un ruolo importante nello sviluppo di questo terrore irrazionale.
Il terapeuta deve partire da una comprensione, quanto più approfondita possibile, delle problematiche psicologiche scatenanti. Solitamente, questo è il primo passo, fondamentale per sviluppare un approccio terapeutico mirato e personalizzato. Quando si sviluppa da bambini, la fobia può sfociare in disturbi anche seri, quali anoressia e attacchi di panico. Nell’età adulta, invece, l’emetofoba potrebbe rifuggire il pensiero della maternità e rifiutarsi di avere figli. Una donna con questo terrore, infatti, non è sempre in grado di affrontare le nausee dovute alla dolce attesa e non è raro che decida di aggirare totalmente l’eventualità.
Esistono specialisti di questa fobia, ai quali è possibile rivolgersi per chiedere informazioni o intraprendere percorsi di recupero. Essi sono in grado di somministrare test sull’ansia specifici per indagare le cause scatenanti e scegliere il trattamento più idoneo per ogni singolo paziente. Tipicamente, si ricorre alla psicoterapia cognitivo-comportamentale nelle sue due declinazioni della terapia di esposizione o desensibilizzazione sistematica.
Come superare l’emetofobia
Superare l’emetofobia richiede un approccio integrale e deciso, che vada a coinvolgere sia la mente sia il corpo. Attraverso la terapia cognitivo-comportamentale si lavora sullo smussamento dei pensieri distorti e dei comportamenti di evitamento. In tal maniera, il percorso terapeutico favorirà una prospettiva più equilibrata e gestibile della fobia. Un’esposizione controllata alla paura è di frequente la chiave per il superamento dell’emetofobia.
È possibile sperimentare una cura di tipo farmacologico, ricorrendo a rimedi naturali come limone, menta o zenzero, capaci di alleviare i sintomi del vomito, oppure sorseggiando tisane con tiglio e melissa, in grado di agevolare la regolare funzionalità di stomaco e intestino. Qualora i sintomi siano rigidi, persistenti e ripetuti, non si può prescindere dall’affiancare rimedi farmacologici all’iter psicoterapeutico.
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