La drammatizzazione in didattica, intesa come capacità di fingere qualcosa, è nativa e universale nei bambini. Strettamente collegata con lo sviluppo dell’intelligenza, ha la sua origine nella tendenza all’imitazione, la quale è molto più precoce di quanto si pensi. Questa, che inizialmente nel bambino avviene in presenza del modello – generalmente il genitore o tutore – successivamente viene differita. Questo è l’inizio del far finta di. Prima dei due anni, generalmente, i bambini sono già in grado di mangiare, andare a dormire e utilizzare gli oggetti prestando loro altri significati. La vita immaginativa culmina verso i 42 mesi, quando il bambino acquista la capacità di impersonare un altro. A 4 anni partecipa già di più alla vita sociale, si diverte a travestirsi e a imitare gli adulti. Fa compiere azioni di vita reale o immaginaria a pupazzi, oltre a preparare e costruire gli accessori di cui avrà bisogno nel gioco imitativo.
La drammatizzazione in didattica si colloca su questo solco e sfrutta le abilità preesistenti. Per tal motivo, può riportare risultati eccellenti e proporsi come metodologia di apprendimento privilegiata.
L’animismo infantile e la maturità del bambino
In questo periodo l’animismo infantile permette al bambino di dare una vita immaginaria a oggetti e personaggi inanimati, i quali obbediscono alle leggi dei suoi desideri. In tal modo, l’immaginazione del bambino supplisce all’assenza degli oggetti e dei personaggi o trasforma le loro fattezze a misura della realtà magica che vuole rappresentare per il suo universo di gioco. A 5 anni, il bambino raggiunge un notevole grado di maturità e sa distinguere il vero dal falso. Ciononostante, continua ad amare il travestimento e le rappresentazioni in cui può giocare nel ruolo di persone lontane dalla sua vita di tutti i giorni.
La drammatizzazione si basa fortemente sull’immaginazione del bambino. È gioco imitativo, simulazione di ruolo, abitudine, ispirazione dettata dall’aspetto di qualcuno, gioco di mimo arricchito di gesti e parole. Si tratta di una forma di linguaggio originaria del bambino. È un mezzo di espressione e comunicazione, uno strumento che favorisce e incentiva le relazioni tra i bimbi attori, spettatori e tra gli attori e il pubblico. Tutte queste relazioni sono volte alla condivisione e al coinvolgimento emotivo. Drammatizzare significa esprimersi nella mimica e arricchirla con la parola. Questa abilità permette al bimbo di raggiungere svariati obiettivi nella sua socializzazione. La drammatizzazione assicura comunicazione tra i bambini e sviluppa lo spirito di gruppo, per mezzo della condivisione di idee ed emozioni.
Il ruolo individuale dell’esperienza di drammatizzazione è quello di suscitare l’immaginazione e stimolare l’osservazione, la riflessione o lo spirito critico. Farne uso significa stimolare la capacità creativa del bambino e facilitare l’espressione di sè. Salendo su un palco, anche meramente immaginario, il piccolo si può liberare da conflitti interiori e vincere la timidezza. Gli obiettivi da raggiungere possono variare a seconda dell’età dei bambini.
Perché inserire un laboratorio di drammatizzazione in didattica

Inserire nel programma didattico un laboratorio di drammatizzazione significa sfruttare appieno tutte le caratteristiche appena elencate e dare modo agli alunni di sfogare la loro creatività. È una modalità per soddisfare il bisogno di movimento e agevolare la voglia di liberare la fantasia attraverso l’uso dell’immaginazione. In aggiunta, permette di favorire la comunicazione tra bambini e dare loro modo di esprimere sentimenti, paure e altre emozioni attraverso l’utilizzo del corpo e degli oggetti di scena. Superando i timori si allarga la fiducia del piccolo in sé stesso e negli altri. La drammatizzazione in didattica è poi un modo di spingere verso l’imitazione di altri modelli di comportamento e, dunque, educare nella crescita e nello sviluppo.
Role playing a scuola e drammatizzazione in didattica
La drammatizzazione assicura la comunicazione tra i bambini, i quali saranno chiamati a remare tutti nella stessa direzione per portare a termine la loro rappresentazione. Così facendo, si sviluppa un certo spirito di gruppo attraverso la condivisione di idee ed emozioni nel costruire, realizzare e rappresentare la storia. L’esperienza di drammatizzazione favorisce l’osservazione, la riflessione e lo spirito critico. Il role playing, ovvero l’interpretazione di un ruolo all’interno di un gioco o una messinscena, stimola la capacità creativa del bambino.
L’elemento giocoso del travestimento consente di simulare e sperimentare le vite di altri personaggi, mettendone in luce dinamiche familiari, emotività nascoste e inibizioni, superate e non. Si vestono i panni di un’altra persona e si vivono le sue esperienze La valenza didattica è cristallina e questo modo di educare può avere anche finalità terapeutiche per studenti introversi o timidi. Il piccolo riconosce le proprie emozioni, i propri pensieri e canalizza il tutto in una maggiore autocomprensione di sé. Chi padroneggia adeguatamente le proprie sensazioni le riconosce e nota la differenza tra i suoi stati d’animo e quelli altrui. In questa maniera accetta le diversità, realizzando che ciascuno può avere un carattere differente ed esprimerlo in maniera personale. In questo modo, non sarà portato a reagire con violenza e paura a chi si comporterà in maniera non sovrapponibile alla sua.
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