La disregolazione emotiva impedisce di avere coscienza e capacità di regolare i propri stati emotivi. Il soggetto che la vive si ritrova ad affrontare sensazioni completamente fuori controllo, attraversando periodi di rabbia e dolore estremi, i quali richiedono un obolo difficilmente sostenibile alla psiche. Non esiste una definizione univoca per la disregolazione emotiva (così come si fatica a trovarne una per il significato di emozione, e i due concetti sono legati in maniera davvero molto profonda). Conosciamo numerose teorie delle emozioni. Siamo anche edotti dell’esistenza di svariati modelli che trattino la loro regolazione. Eppure, questi non sono completamente in accordo l’uno con l’altro. Pur occupandosi delle stesse cose, lo fanno evidenziandone molteplici sfaccettature. Andiamo dunque a definire innanzitutto cosa sia un’emozione, poi approfondiremo come si possa capire e affrontare la disregolazione emotiva.
Definire un’emozione
L’Associazione Psicologica Americana (APA), ente di riferimento per la disciplina, definisce l’emozione come un modello fenomenico complesso. Si tratta di uno schema funzionale che si è evoluto per fronteggiare eventi, o fenomeni, con il quale un organismo entra costantemente in relazione significativa. L’emozione è, per sua natura, reattiva e coinvolge svariate esperienze soggettive. Esse possono essere sia di natura fisica, come riflessi e comportamenti di attivazione fisiologica, sia di natura psicologica, come le esperienze soggettive e i processi cognitivi. Le emozioni non sono sempre consapevoli.
L’Enciclopedia Treccani ci dà una definizione simile, indicando come l’emozione sia un’impressione viva, un turbamento o un’eccitazione. In psicologia, il termine indica genericamente una reazione complessa, di cui entrano a far parte variazioni fisiologiche a partire da uno stato omeostatico di base. Si tratta di un’esperienza soggettiva variamente definibile, solitamente accompagnata da comportamenti mimici.
Quello su cui tutte le definizioni sembrano concordare, parlando di emozioni, è che esistono sensazioni primarie e secondarie. Le prime sono innate e universali, riscontrabili in qualunque civiltà e popolazione esistente – o che sia esistita – sul pianeta. Le seconde sono originate dalla combinazione delle primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e la sua interazione sociale. Quando parliamo di regolazione delle emozioni ci riferiamo ai tentativi, volontari oppure automatici, portati avanti dall’essere umano per influenzare e modificare quel che sente e prova. L’uomo, infatti, cerca sempre di influenzare gli stati d’animo che lo attanagliano, anche mentre li vive. I tentativi di farlo sono svolti attraverso la variazione del valore e la loro portata espressiva o esperienziale. Non vogliamo soltanto subire passivamente le emozioni, bensì cerchiamo di tramutarle in esperienza di crescita e maturazione.
Nascita e comportamento della disregolazione emotiva
Fin dalla nascita, l’uomo sperimenta una molteplicità di emozioni. Esse sono di varia natura: piacevoli, spiacevoli, forti, meno forti… Indipendentemente dalla loro natura, cerchiamo sempre di gestirle e controllarle. Il neonato lo fa grazie alle attenzioni e agli insegnamenti di genitori o caregiver primari. Nella sua maturazione cerebrale, poi, impara a governare le sensazioni in autonomia. La prima infanzia è dunque il periodo cruciale per la disregolazione emotiva. È a questa età che si sviluppa e, per farlo in maniera sana, occorre dare origine a un legame di attaccamento sicuro. In assenza di questo non si riusciranno a sviluppare modelli regolatori ottimali, perché non si avranno buoni modelli di relazione, dal momento che si vivranno male le relazioni più importanti della vita.
Un attaccamento disorganizzato può portare a una regolazione delle emozioni insufficiente o, al contrario, a una eccessiva. Ciò dipende dal tipo di rapporto che genitori e caregiver instaureranno con il bambino o la bambina. Per capire la disregolazione emotiva occorre comprendere che essa è il risultato di una predisposizione biologica, del contesto ambientale nonché della combinazione tra entrambi questi elementi e il loro reciproco rinforzo durante la crescita e lo sviluppo. La disregolazione non ci impedisce di avvertire gioia, rabbia, paura o altre emozioni. Essa agisce immediatamente dopo e va a influire sulla capacità di riconoscere la sensazione e accettarla. Questo comporta ricadute sul piano comportamentale. Il soggetto non è infatti in grado di regolare il proprio vissuto emotivo e non sa gestire, né tollerare, le emozioni più forti.
Affrontare la disregolazione emotiva
Per affrontare al meglio la disregolazione emotiva, si possono seguire quattro differenti terapie, tutte capaci di aiutare il paziente lungo il viaggio verso il corretto riconoscimento del proprio mondo emotivo: psicoeducazione, psicoterapia supportiva, terapia metacognitiva interpersonale, terapia basata sulla mentalizzazione (MBT).
L’iter terapeutico è però utile soltanto quando il paziente fa la sua parte, imbarcandosi senza timore per una traversata che lo porti a migliorare le sue capacità di identificazione, modulazione ed espressione delle proprie emozioni. Questo viaggio, come lo abbiamo chiamato, consta di tre tappe. Queste devono essere affrontate dal disregolato, non esistono terapie capaci di evitargli questo frangente. Egli deve imparare a:
- identificare le emozioni: ovvero assegnare loro il nome corretto, aumentare la consapevolezza nei loro confronti, imparare a conviverci e sentirsi a proprio agio in presenza di stati d’animo spiacevoli.
- Modulare le sensazioni: in altre parole, regolarle e perfezionarle, imparando ad apprezzare il contesto relazionale che è alla base della loro insorgenza.
- Esprimere le emozioni, dunque renderle manifeste agli altri imparando a capire quando sia il caso di farlo e quando sia più opportuno non lasciarle invece trasparire. Gli stati d’animo non possono esistere separati dalla socialità e occorre saper rispettare le sue regole e i suoi metodi per vivere al meglio l’emozionalità.