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Disgrafia: 3 tipologie del disturbo e come riconoscerle

La disgrafia è un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) correlato al linguaggio scritto. Quando si parla di questa condizione è piuttosto facile confonderla con la disortografia, specie se non si è addetti ai lavori o esperti in materia. In realtà, i due termini indicano una coppia di disturbi piuttosto differenti tra loro. La disgrafia è un disordine nella codifica del testo scritto risalente a un deficit di funzionamento delle componenti centrali del processo di scrittura. In virtù di questa caratteristica è collegata alle abilità esecutivo-motorie. La disortografia è invece un disordine di codifica del testo scritto. Qui siamo oltre la soglia del DSA, tanto che si tratta di una patologia. Ci troviamo infatti di fronte a una performance di scrittura che si allontana troppo da quella media dei coetanei e compagni di classe per essere considerata solamente deficitaria.

Definiamo la disgrafia

La disgrafia si può definire come un disturbo, correlato al linguaggio scritto, che riguarda l’esecuzione della scrittura e le abilità a essa connesse. Questa si concretizza in una prestazione scadente dal punto di vista della grafia nei bambini dotati di intelligenza normale, privi di handicap percettivo-motori e di danni neurologici (Hamstra, Bletz e Blote, 1993). Il bimbo disgrafico incappa in un pattern di errori preciso e ben definito durante la scrittura, grazie al quale è facile diagnosticarne la condizione. Le sue tipiche imprecisioni sono alternanza di micro e macro grafie con fluttuazione nel passaggio dall’una all’altra; difficoltà a rispettare spazi e distanza tra lettere o parole; scrittura eccessivamente lenta o troppo precipitosa; difficoltà nell’apprendimento e nell’automatizzazione dei movimenti necessari a produrre o collegare grafemi; scarso controllo motorio durante l’atto dello scrivere.

Per stabilire se un individuo soffra di disgrafia è stata sviluppata una prova ad hoc, definita test BHK. Si tratta di uno strumento noto e utilizzato nella pratica clinica per identificare e quantificare la condizione durante l’età evolutiva. Esso è in grado di tratteggiare la disgrafia e indicare di quale dei suoi tre macrotipi si tratti, secondo l’analisi e la valutazione di 13 parametri che valutano altrettante caratteristiche formali del modo di scrivere.

Tre gruppi di parametri per tre differenti manifestazioni della disgrafia

Disgrafia: un taccuino bianco
La disgrafia riguarda l’esecuzione della scrittura e le capacità a essa connesse

Il test BHK, piuttosto affidabile, distingue le criticità evidenziate nell’atto dello scrivere secondo tre gruppi di parametri. Questi sono basati sulle 13 voci di cui si compone la prova.

Organizzazione spaziale

Questo primo gruppo di parametri valuta il cattivo uso dello spazio durante la scrittura. Ai bambini viene insegnato che tra le lettere occorre sempre lasciare uno spazio, indipendentemente dal formato in cui si scriva. Naturalmente, la grafia corsiva presenta un distanziamento meno evidente tra lettera e lettera, ma questo è comunque presente. Tra parola e parola e frase e frase, va lasciata una distanza maggiore, al fine di agevolare la comprensione del lettore. Queste indicazioni costituiscono l’abc dello scrivere. Per un disgrafico, però, esse rappresentano anche delle difficoltà, dei paletti che non sempre è in grado di superare da solo. La valutazione dell’organizzazione spaziale tiene conto della grandezza della scrittura; dell’allineamento del margine sinistro quando si va a capo; dell’andamento altalenante della linea di scrittura (quella immaginaria, posta sotto la base delle lettere) e della spaziatura fra singole lettere e blocchi di parole.

Formazione delle lettere

Il secondo gruppo di parametri indica la disgrafia che si caratterizza per una scorretta formazione delle lettere. In questo caso si valutano le difficoltà di creazione del grafema e lo si fa attraverso l’analisi della grandezza delle lettere e della loro regolarità. È il caso, per esempio, di chi scriva tutte le a o le o di dimensione differente. Quello che è interessante vedere, naturalmente, non è la lieve differenza dovuta alla fretta, che può sporadicamente coinvolgere chiunque scriva a mano; bensì se ci siano alcune lettere scritte molto piccole e altre che riempiono tutta l’altezza della riga o dello scacco. Si tiene poi in considerazione la misura incoerente tra lettere, con o senza estensione che siano, e la presenza di lettere ambigue o scritte proprio in maniera scorretta, utilizzando grafemi inventati e non appartenenti all’alfabeto dei segni della lingua che si sta studiando.

Motricità grafica

Il terzo gruppo di paragrafi riguarda la motricità grafica, ovvero tutte quelle complicazioni dovute a un modo sbagliato di posizionare il corpo nonché a un’errata impugnatura della penna o della matita. Per portare a termine questo esame si osservano gli angoli delle lettere e si verifica se, per caso, non siano troppo acuti. Si controlla se i collegamenti tra lettera e lettera siano troppo allungati o, al contrario, si interrompano ove non devono. Si analizzano poi i singoli tratti per controllare se la traccia di scrittura sia instabile e se le lettere siano riportate sul foglio in un solo passaggio oppure vengano ritoccate e ripassate in più occasioni.

La disgrafia si manifesta durante i primi anni della scuola primaria, quando il bambino inizia a essere chiamato alla scrittura. Non è però affatto raro che i suoi primi sentori arrivino in anticipo su questa data, intorno ai 5 anni. A tale età iniziano infatti le prime riproduzioni su carta, o schermo a sfioramento, e si può già intuire se ci sia un’impostazione di scrittura sbagliata che potrebbe dipendere da disgrafia.

Leggi anche: “Sentirsi sbagliati: come affrontare il senso di inadeguatezza in 5 mosse

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