Riflessioni in libertà.
1. Introduzione
Alcune definizioni:
• Differenza: essere differente, elemento od insieme di elementi che differenziano qualitativamente o quantitativamente due o più persone o cose
• Alterità: l’essere od il porsi come altro, contrario di identità, resto, scarto
• Diversità: qualità o condizione di chi o di ciò che è diverso (vs uguaglianza, varietà, molteplicità), contrato/controversia di ciò che rende diverse due persone
Paradigmi/persone/storie/culture/linguaggi in mutamento:
• norma vs anormalità
• uguaglianza/identità/omologazione vs diversità/differenza
• salute/salute mentale/well-being vs malattia
• giovane vs vecchio
• uomo vs donna
• autoctono (italiano ?) vs straniero (extracomunitario?)
ed altro ancora….appartenenze fluide, società liquida (Z. Baumann), nella quale fanno irruzione eventi/fatti
• un uomo cerca di buttare la moglie dalla finestra
• un’adolescente si suicida perché maltrattata in rete
• un vecchio che violenta ed uccide la moglie
• un commando aggredisce selvaggiamente una famiglia di homeless
• ……………………………..
Nessuna differenza nel colore della pelle…!
la città s’interroga, le istituzioni/le persone s’interrogano …?
che fare, ma – prima ancora – cosa succede ed anche di cosa stiamo parlando ?
fatti individuali o collettivi ? normalità o diversità ?
il discorso potrebbe chiudersi qui, la riflessione non parte, predomina e vince la paura, la ricerca – nell’altro / negli altri – della responsabilità, della colpa…
ma siamo qui, per un sincero/onesto/difficile impegno politico e non possiamo sottrarci al compito, come tecnici ma anche come cittadini
2. L’angolo di osservazione : lo scenario delle persone fragili
vulnerabilità, fragilità, disagio ( ? ), sofferenza, malattia, degrado/deriva sociale, devianza, comportamenti a rischio ( per chi ? ), comportamenti / atti illegali ( ai limiti della legalità ), ma anche deprivazione sociale, diseguaglianze diffuse, satus syndrome (e sue conseguenze)…
• persone pazienti ed im-pazienti
• modi e forme diverse di esprimere le stesse situazioni/ problemi / bisogni
• vecchie / nuove fragilità, vecchi / nuovi bisogni con vecchie/nuove domande
• quale rapporto tra condizione del singolo ed immagine / vissuto sociale
Persone e storie ancora, in continua evoluzione – per aspetti sociali e culturali –, ai quali si attribuiscono differenti livelli di responsabilizzazione / colpevolizzazione, ma sempre evocativi di pericolo, rischio, danno, quanto meno di cattivo esempio…
Predominano così i paradigmi ”al negativo“, mentre “il positivo“ ( che è la maggior parte ) sbiadisce, evapora, cade nell’oblio… anche se le “evidenze“ della letteratura scientifica (sociologia, criminologia, medicina, antropologia, …) –così enfatizzate quando si parla di tecnologie e di farmaci – dicono il contrario (es.: rapporto tra malattie mentali e reato, ricerche sui comportamenti degli adolescenti , …)
Eppure, sono persone anche loro, portatrici di diritti (esigibili) intrecciati con bisogni, domande, esigenze di ascolto, prossimità, sostegno, supporto, presa in carico, cura….
3. L’altro angolo di osservazione: la sicurezza individuale (soggettiva ?) e collettiva
Sicurezza: concetto di difficile definizione, ambigua ed incerta commistione di vissuti, aspettative, esperienze (in genere cambiano il modo di pensare), posizioni (tolleranza / intolleranza), ideologie, scelte di campo (sempre reversibili…)
Fase storica in cui predomina una condizione / vissuto diffuso di insicurezza ( “società impaurita“, S. Padovano ) – causa ed al tempo stesso prodotto delle paure individuali e collettive, conscie ed inconscie, vissute o solo fantasticate … – in vari campi: lavoro, autonomia, socialità, salute, futuro, sessualità, genitorialità, relazionalità, integrità corporea e mentale, proprietà, possesso, vita….
E’ qui in gioco il rapporto tra l’Io e l’Altro-da-me, l’Io insicuro da difendere/ proteggere da una alterità invadente / invasiva / senza regole / incontrollata / legittimata / incontrollabile ( ? ) … : paradigma sfuggente anche questo, in continuo movimento….
Il Card. Martini ha commentato l’episodio dal Vangelo di Marco ove un uomo della città di Gerasa dai comportamenti bizzarri e violenti, interrogato da Gesù che gli domanda il suo nome (Mc5,1-20) risponde: “il mio nome è Legione perché siamo tanti”. L’uomo di Gerasa non ha nome perché ha il nome collettivo della sofferenza e dell’esclusione.
Quindi, sofferenza urbana, singolarità senza identità, abbandono, perdita di cittadinanza (e di diritti), istituzionalizzazione vs ospitalità, valore del meticciato e delle differenze, tolleranza, complessità (complexus cioè intreccio), lavoro di rete, de istituzionalizzazione cioè riconsegnare identità, senso e storia alla singolarità…
4. L’incontro tra persone/situazioni – simbolo e l’evento
La cultura e l’effetto mediatico, con il suo mix di in-formazione e de-formazione, danno voce ad una legittima domanda di sicurezza, ma al contempo trasmettono la comunicazione/convinzione che non vi saranno mai risposte esaustive per colpa di…istituzioni, persone, leggi, addetti ai lavori….distanti, incapaci, irriducibili.
E’ una domanda di sicurezza che parte perdente, come un bisogno inevaso ma anche inesauribile e destinato a non trovare risposta, appagamento.
Il fenomeno è, come sappiamo, generalizzato con la difficoltà a trovare un punto di equilibrio tra prevenzione/predizione e gestione, tra il mito del proibizionismo (la paura della pena previene il reato? ) e quello altrettanto ingenuo della liberalizzazione/ tolleranza : il primo parte dal pensare la persona debole e dimezzata, da mettere sotto tutela; il secondo, da una visione astratta dei diritti, libera dai vincoli dei doveri e delle responsabilità, che si autoregola da sola…come il “libero“ mercato.
Alcuni esempi recenti: la crescita esponenziale dei fenomeni migratori, la società multiculturale (gli asili e le scuole elementari…), gli effetti del Decreto “Svuota carceri”, la chiusura degli OPG, la cd liberalizzazione delle droghe cd leggere, ….
Gli estremi si elidono, non si determina una alleanza, le posizioni / esigenze entrano in contrapposizione e così anche gli stakeholder….
è lo scontro IO – ALTRO.
La colpa è – per definizione – dell’altro, lo “straniero“.
Ma lo “straniero“ che è in noi ? quale rapporto cerchiamo di avere con lui ?
La “normalità“ si fragilizza, si indebolisce, perde punti di riferimento: intolleranza alla frustrazione ed al dolore (mentale e fisico), bisogno di possesso, identità fragili, solitudine,….
Ed allora si affacciano tanti “altri”: l’altro dentro di me, l’altro fuori, l’altro nella rete virtuale, l’altro violento, l’altro della porta accanto, l’altro di genere (anche dentro di noi…la disforia di genere), l’altro forte e potente vs povero e fragile, la perdita dell’altro, l’altro che non c’è….
5. Un ribaltamento dell’angolo di osservazione che apre nuove possibilità
“Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio.
Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale.
Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. “ ( I. Calvino, Lezioni Americane, 1988 ).
• dal paternalismo alla contrattualità
• dalla delega alla responsabilità
a) nel campo delle cure ai soggetti fragili
limitazione, incapacità, sviluppo del sostegno ( legge Amm. Sostegno ), riconoscimento aree di responsabilità, pene alternative come giustizia riparativa (anche nei confronti delle vittime), direttive anticipate, lavoro per ottenere la libera adesione alle cure, superamento dell’isolamento e dell’emarginazione (che aumentano i fattori di rischio di recidiva)….
Insomma, superamento delle distanze: Mental Health Gap (WHO, 2005) a livello culturale, conoscitivo, organizzativo, terapeutico, democratico, etico
b) nel campo di tutti
riconoscimento e sostegno delle connessioni tra identità individuale ed identità collettiva, accettazione dell’ “ altro-da-me “ ( attenzione al controtransfert, alla linea di demarcazione, sec. G. Devereux, 1987 ) come accettazione / rapporto con parti di me fragili od indebolite, non utilizzo di categorie distanzianti e (pseudo) rassicuranti quando il/i fenomeno/i sono troppo diffusi ( es.: l’adolescente che si è suicidato era un depresso, la giovane donna barbaramente uccisa era una sbandata, …)
“Affermo che è il controtrasfert, piuttosto che il transfert, a costituire il dato cruciale di ogni scienza del comportamento … esso è scientificamente più fertile perché fornisce un maggior numero di dati sulla natura dell’uomo … Lo studio scientifico dell’uomo è reso difficile dalla angoscia che sempre sorge nel rapporto che si instaura fra osservatore e soggetto sperimentale; ciò implica necessariamente un’analisi della natura e del luogo della demarcazione fra i due”.
quindi, riconoscimento e sostegno dei nessi:
• paura: genera paura, impoverimento, incrementa ulteriori paure ed insicurezze
• identità: individuale e collettiva
• diritti: in rapporto diretto con la sicurezza (più diritti più sicurezza), diritto non è impunità, tolleranza ambigua, paternalismo, delega…ma sguardo forte, attento, presa in carico, responsabilità, diritto delle vittime….
“Promemoria per le libertà“ di S. Rodotà (La Repubblica, 24 Aprile 2006): “conti pubblici; uguaglianza ed equità; condizioni istituzionali per la tutela dei diritti; rispetto della coscienza e dell’autonomia di ciascun individuo; rispetto della vita privata ed uso corretto delle informazioni personali (banche dati); attenzione continua ai cittadini perché libertà e diritti non rimangano solo oggetto di controversie tra partiti e di schieramenti ideologici; rinforzo delle garanzie costituzionali.”
luoghi: luoghi e non-luoghi (D.Anzieu), città ed interstizi, stazioni e carrugi, luoghi di vita e di cura (attenzione alla istituzionalizzazione), rapporto centro (storico) – periferia (e).
“Città-rifugio…ciò che dà luogo, un luogo di pensiero, ed è ancora l’asilo o l’ospitalità, la sperimentazione di un diritto e di una democrazia a venire.
Sulle soglie di queste città, di queste nuove città, che saranno ben altra cosa dalle città nuove, una certa idea del cosmopolitismo, un’altra, non è forse ancora arrivata. Si, è arrivata…allora, non la si è forse ancora riconosciuta“
(J. Derida, 1997), verso il Souq…
Ma anche città che generano insicurezza, fragilizzano i fragili ed indeboliscono i normali: riduzione/perdita della qualità di vita, carenza di opportunità, miseria, solitudine, abbandono,…
Quale convivenza civile si affaccia e/o stiamo costruendo ?
Servizi: risposte attive, appropriate, continuative, non escludenti…
Alcuni punti forti:
a) importanza delle variabili extracliniche per la prognosi, gli esiti e la QoL
b) importanza dei circuiti/ connessioni / reti rispetto alle singole prestazioni / tecnologie, e quindi delle variabili organizzative dei servizi
c) istituzionalizzazione come perdita, frattura della storia esistenziale e di cura (es.: quante persone che commettono reati hanno alle spalle traumi infantili, istituzionalizzazione precoce…vedi anche le conoscenze prodotte dalle neuroscienze sul “trauma psichico precoce“ quale fattore di rischio per molti disturbi psichiatrici gravi: ADHD, DBP, DAP, D. Umore, Demenza, … )
d) malattie e disabilità come diritti per risposte esigibili.
Ma esiste una “clinica della globalizzazione”? Attenzione agli effetti della globalizzazione sulla/nella cultura, nelle tecniche e nei paradigmi scientifici, il nesso sofferenza – espressività psicopatologica – malattia, la costruzione di una clinica e di un “saper fare” culturalmente fondato.
Quindi, ancora e sempre persone e storie:
“Se il mondo è connesso …, allora pensare in termini di storie dev’essere comune a tutta la mente o a tutte le menti, siano esse la nostra o quelle delle foreste di sequoia e degli anemoni di mare” (G. Bateson, 1984).
Forse questo ci ricordava il vecchio soldato del film di Gianni Amelio quando, tornando dopo anni di carcerazione dall’Albania sulla nave piena di nuovi emigranti, vedeva nella costa pugliese Lamerica sognata in gioventù.
Siamo tutti migranti…verso Itaca (C.Kavafis), l’importante non è la meta ma il viaggio…
6. Conclusioni parziali
a) i paradigmi scientifici dall’astrazione alla complessità: rischio di incertezza ma vantaggi di essere “sul / nel campo“ reale, senza escludere dall’analisi i fattori di “confondimento“: persone, bisogni, malattie, condizioni di vita….che generano i comportamenti, anche quelli che non ci piacciono…
b) la responsabilità individuale e collettiva: il ritorno del rimosso
“Ritengo che il futuro del lavoro sociale, e più in generale dello stato sociale, non dipenda da classificazioni o procedure né da un atteggiamento riduzionistico rispetto alla varietà ed alla complessità dei bisogni e dei problemi umani.
Dipenda, invece, dagli standard morali della società di cui siamo tutti abitanti.
Sono questi standard etici, ben più della razionalità e dell’accuratezza degli operatori sociali, a trovarsi, oggi, in crisi ed a repentaglio“ (Z. Bauman, 2002 )
c) oltre la confusione…:
“La cultura, in ogni campo, è anzitutto una sintassi, un ordine delle cose. La capacità di non sommare chili a litri e di non mettere il soggetto all’accusativo, perché in tal modo si scambiano i ruoli tra chi ruba e chi viene derubato, tra chi uccide e chi viene ucciso.
Oggi è questa sintassi – linguistica, culturale, intellettuale, morale – che sta disgregandosi in un budino appiccicoso in cui è possibile dire tutto ed il contrario di tutto.“ ( C. Magris, 2004 )
Ma allora….in tempo di crisi?
Crisi dell’Io e crisi del Noi, crisi dell’identità e della comunità, crisi delle relazioni, crisi della speranza e del desiderio (A.Bonomi)
“Lo sguardo complice…” di Alda Merini