DI DIRITTO E…
Giustamente diversi professionisti della salute mentale si sono scandalizzati di fronte all’ormai abituale atteggiamento morboso con il quale i mezzi di informazione si sono accostati alla vicenda dell’omicidio di Loris. Un atteggiamento, quello dei Media, spesso esclusivamente finalizzato a coltivare un perverso voyeurismo del pubblico che non ha rispetto per nessuno, né per le vittime, né per gli imputati.
In realtà altrettanto responsabili di tali modalità sono non solo i giornalisti, ma gli stessi inquirenti ed anche alcuni professionisti che vivono tra salotti (televisivi o no) e aule giudiziarie. Ad esempio, mi ha particolarmente colpito, in questi giorni, un’intervista che mi è parsa emblematica: “Questa donna è sicuramente colpevole di qualcosa, anche se non so bene di cosa perché non ho tutte le informazioni. (…) Io non la conosco, ho solo in mente le sue foto.” (Intervista al criminologo Francesco Bruno su il Tempo, http://www.iltempo.it/cronache/2014/12/09/il-criminologo-troppe-incongruenze-panarello-ha-un-profilo-patologico-1.1355045 l’articolo integrale).
Bruno – sollecitato dal giornalista che “deve” sentire l’esperto di turno – incarna il cittadino che si erge giudice senza nemmeno conoscere gli atti, che giudica un’indagata come potrebbe giudicare una partita di calcio, esprimendo addirittura la certezza che qualcuno sia colpevole in base alla più sommaria e superficiale delle analisi; quasi la criminologia e la pratica clinica fossero un gioco (perverso) e non scienza, senza considerare il non secondario aspetto della sofferenza che permea una vicenda come quella dell’omicidio di un bambino, a maggior ragione ove commesso dalla madre.
Viene il dubbio che tanta superficialità e indifferenza non nascano dal nulla, ma si alimentino vicendevolmente con indagini svolte altrettanto superficialmente, in un più o meno consapevole progetto per ottenere la sentenza dall’opinione pubblica anziché dal giudice; o anche per far sì che il Giudice subisca la maggior pressione mediatica possibile, in modo da essere spinto a dare ragione al Pubblico Ministero (che non deve cercare la condanna o la vittoria personale, ma come il Giudice deve perseguire l’accertamento della verità) e condannare l’imputata. Imputata, anzi al momento indagata anche se in carcere,che forse sarà anche colpevole, ma avrebbe il diritto di essere giudicata all’interno di un processo con le relative garanzie di legge.