Commento di Pasquale Pisseri [Fonte notizia: AGI salute]
Se i depressi valutano meglio il tempo trascorso, ciò stimola a ripensare al rapporto fra il tempo del mondo – quello dell’orologio – e il tempo della coscienza, il tempo vissuto, il tempo interno, la durata di Bergson, il tempo come ambito del progetto e del senso. In qualche modo esso si identifica con la coscienza. Già per Plotino il tempo è la vita dell’anima; per Heidegger esso ci pone l’avvenire come possibilità, e la cura è progettualità: la temporalità si rivela come il senso della cura autentica. Credo che chi fa il nostro lavoro abbia da tempo assimilato tutto questo. ll concetto di cronicità fa concettualmente ed etimologicamente riferimento al tempo.
Ma sappiamo anche come il depresso viva un rallentamento e quasi un arresto del tempo vissuto, che va di pari passo con una perdita di senso, poichè la parola “senso” ci rimanda a un movimento verso qualcosa, che si svolge nel tempo. Per Borgna il tempo interiore non fluisce più spontaneamente e fluidamente ma tende a rallentare: la dimensione del futuro tende a dissolversi. Caso estremo il delirio di immortalità di Cotard, in cui il tempo si arresta del tutto.
Possiamo pensare che è per questo che il depresso si aggrappa di più al tempo esteriore, quello dell’orologio, che è devitalizzato e, dice qualcuno, “spazializzato” perchè divenuto come lo spazio misurabile e prevedibile, in modo inesorabile ma rassicurante?