Commento all’articolo apparso su La Repubblica il 15 maggio 2018
Credo che sia necessario partire dalla considerazione che, finalmente, la Regione Lazio, dopo un decennio “lacrime e sangue”, stia faticosamente cercando di iniziare a rimettere in sesto la rete dei Servizi Psichiatrici Territoriali.
Tanto è che vanno salutati con rispetto gli sforzi che sono stati descritti nell’articolo. Ciò non toglie che, forse, oltre che dedicarsi a “fotografare” i tentativi di ricostruire Servizi e assumere personale, andrebbe riavviata una pellicola per provare a descrivere un film, che ci permetta di capire che cosa è successo e, soprattutto, come invertire il trend che ci ha portato in questa situazione.
Dieci anni fa, la Spesa Sanitaria della Regione Lazio per la Psichiatria era così suddivisa: 70 % alle Cliniche Psichiatriche Private Convenzionate, per un totale di 800 posti letto e 30% ai Servizi territoriali Psichiatrici Pubblici.
In questi 10 anni, per ridurre il deficit regionale si è dovuto ricorrere al blocco del turn-over e il numero degli operatori della Psichiatria Regionale si è ridotto del 40%.
Da ciò è scaturita un’inevitabile conseguenza: oggi quella percentuale è sicuramente peggiorata, nel senso che quel 30% dei Servizi Territoriali Pubblici si è ridotto, diciamo approssimativamente al 20%, mentre la spesa per le ex Cliniche Psichiatriche, che, nel frattempo, sono state trasformate, più sulla carta che nella realtà, in Strutture Residenziali Psichiatriche e a cui sono state aggiunte anche le Comunità Terapeutiche Private Convenzionate, dovrebbe aggirarsi intorno all’80% della Spesa complessiva per la Psichiatria.
Ma allora il punto è questo: per avviare un vero e proprio processo di cambiamento della situazione non sono più sufficienti misure tendenti a tamponare le emergenze che si sono create che, peraltro, come già accennato, va benissimo che vengano prese, ma, forse, è necessario mettere in discussione le scelte di Politica Sanitaria che sono state fatte e chiedersi verso quale Psichiatria vogliamo provare a dirigerci per invertire la tendenza di questi ultimi anni contraddistinta essenzialmente da una riduzione degli investimenti dedicati ai Servizi Territoriali e da un aumento dei fondi destinati alla gestione della degenza.
Nessuno nega che le Degenze e i Servizi territoriali siano due voci complementari della Psichiatria: il punto è che il rapporto a cui si è giunti è vicino ad un punto di non ritorno e se cede la diga dei Servizi Territoriali aumenterà inesorabilmente la necessità di ricorrere a sempre nuove degenze, con buona pace della “180”.