Vaso di Pandora

Cosa ci potrebbe salvare?

Amo molto Christopher Bollas che annovero tra i miei “maestri inconsapevoli” cioè persone con le quali mi sento in contatto e seguo nello sviluppo del loro pensiero con la lettura, in assenza di un dialogo diretto. Pensandoci…non sono pochi… per esempio Murakami negli ultimi anni .

Ho riscoperto Christopher Bollas anche recentemente: i giorni scorsi perché ho ripreso il suo “L’ETA’ dello SMARRIMENTO. Senso e malinconia” (2018) per aiutarmi a rispondere a un commento di Gianni Giusto e a commentare un puntuale articolo di Lino Pisseri sull’assistenza psichiatrica che mi hanno colpito, perché entrambi centrati su fattori critici di modalità esistenziali che vanno ridefinendosi  e problematizzando la nostra vita interiore.

L’argomento riguarda e collega l’approccio alla salute mentale  all’attualità di esperienze estreme come la guerra e il contributo de “L’età dello smarrimento” si svolge in un percorso che recupera dalla grande letteratura del novecento una narrazione del significato di una progressiva perdita di illusioni , ma anche valori e motivazione a rivolgersi dentro l’essenza dell’interiorità umana. Bollas racconta del secolo che precedette la Grande guerra , periodo di incomparabile idealizzazione del Sé, di vagheggiate continue conquiste di ricchezza e di progresso, ma come osservando la devastione sucessiva,non appaia certo strana la rabbia verso le convinzioni idealizzate e perdute, ma anche ( per citare uno tra i tanti sè letterari utilizzati) il vissuto di vuoto e l’indifferenza del Meursault di Camus e l’assurdo in cui è immerso un personaggio distrutto dalle due guerre . L’esistenzialismo esprime una forma di lutto stranamente deformata alla quale Camus da voce con l’unica vera domanda che pare ancora possibile porsi :suicidarsi oppure no? La produzione letteraria sucessiva da spesso conto di uno stato di malinconia misconosciuto e inconscio che si trasforma in disperazione, disorientamento e rabbia.

L’era dell’informatica ha infine offerto nuovi modi di pensare ,di essere e porsi in relazione cedendo il passo all’impulso di andare avanti liberandosi del maggior numero possibile di… preoccupazioni.

Si arriva quindi al cambiamento del clima intellettuale rilevato da Bollas: “l’importanza attribuita alla connettività istantanea ha soppiantato riflessività e introspezione” provocando l’attuale dilagare di una mentalità caratterizzata da quella che definisce come “psicofobia”.

Le persone oggi, in un contesto estremamente complesso,  oppresse da traumi che nemmeno ricordano, tuttavia tendono a chiudersi in ambiti riservati…(si veda normopatia e sindrome del compound p 95) e a dare priorità a forme di ricerca di benessere salutistico e di distrazione che conducono a comportamenti meramente utilitaristici conformandosi a visioni semplificate della propria esistenza sotto l’egida della tecnologia.

Secondo Bollas per ritrovare un più equilibrato concetto di Sé all’interno della società è necessario fare dell’insight psicologico il fulcro di un nuovo tipo di analisi culturale e sociale dicendo per esempio:(p.16) Il fatto che vittima e oppressore sviluppino peculiari forme di attaccamento l’una nei confronti dell’altro come nel caso dei bianchi indigenti che si identificano con i miliardari pro Trump di Fox News – può essere compreso con l’aiuto della psicologia più che dall’analisi socio economica.

Così mentre sono colpita e comprendo bene come Gianni Giusto segnali sul tema della guerra (commento a “Ricordi di momenti felici” del maggio scorso)  un indispensabile livello di azione centrata appunto sulla possibilità reale di identificare chi ricava profitto dalla crisi bellica tuttavia  la prospettiva della psicologia del “profondo”  ad un altro livello è una preziosa risorsa, se maneggiata con la sapienza necessaria ,per costruire cambiamenti sociali anch’essi, se pure in tempi lunghi, indispensabili a recuperare sensibilità umana all’interno della comunità umana.

 In sostanza Bollas ci ribadisce che nonostante i suoi difetti per ora l’unico sistema di convivenza compatibile con il rispetto dell’altro è la democrazia e la ripropone  come dimensione propulsiva anche all’interno del teatro della mente  per il suo fondamentale assetto intersoggettivo, posizione analoga alle modalità di lavoro della Psicoanalisi Multifamiliare e nel metodo dell’Open Dialogue.

Il problema riguarda ,nello specifico dell’analisi socio culturale proposta, proprio il piano dell’azione che peraltro è anche il punto debole del libro di Bollas.

Nella mia lettura la situazione attuale di perdita di interesse per il problema della salute mentale, il paventato ritorno ai”terreni incolti” precedenti le riforme psichiatriche e l’evidenza che“ il disturbo mentale grave ha cessato di essere un problema di tutti” segnalati acutamente e con la necessaria pacatezza da Lino Pisseri, insieme a una certa trascuratezza per le competenze relazionali nei servizi psichiatrici è fortemente collegata alla complessità crescente del contesto comunitario che induce sentimenti di impotenza e forti tendenze a semplificazioni riduttive.

Mi piacerebbe molto promuovere tra noi la lettura di “L’età dello smarrimento” per approfondire i temi di rilevante importanza proposti da Bollas , forse tra le figure più significative e originali nello studio e nel trattamento della sofferenza psicotica e nella sua umanizzazione nel senso di INCLUSIONE  comunitaria e COMPRENSIONE: potrebbe far parte di un progetto di autoaiuto tra lettori e/o fruitori di capacità narrative?

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Commenti su "Cosa ci potrebbe salvare?"

  1. Sono molte le questioni rilevanti che Caterina Vecchiato solleva in dialogo con Bollas, uno dei più originali e acuti analisti del’esperienza umana contemporanea, età dell’indifferenza . La crisi di legame induce una tendenza diffusa a ricondurre all individuale problemi come il male mentale che individuali non sono, prima di tutto perché siamo esseri che si individuano nell’intersoggettività e nella transoggettività. Se esiste un’economia della guerra esiste una psicoanalisi della guerra come abbiamo imparato da Franco Fornari e Luigi Pagliarani. Sarebbe proprio bello e opportuno un gruppo di studio e lettura intorno al libro di Bollas, a cui dò subito la mia adesione.

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  2. D’accordo
    La manipolazione a scopo speculativo delle coscienze umane più povere da sempre caratterizza i populismi e le dittature .
    Centralismo democratico e oscurantismo finalizzato al potere di pochi fanno parte di un disegno del potere per il potere .
    Il richiamo di Caterina alla necessità di far crescere e sviluppare le coscienze si connota come un progetto politico al quale la psicoanalisi e la filosofia possono dare un contributo .
    Tutti abbiamo apprezzato Fornar nel suo titanico tentativo di dare una spiegazione della querela dal ertice d’Italia osservazione psicoanalitico che però dal mio punto di vista è parziale e lascia spazio solo a limitati dibattiti in piccoli cenacoli.
    Bisogna fare i conti con il mondo in cambiamento con là mese irà e con la velocità dei nuovi mezzi di comunicazione.
    Nel nostro piccolo ambito abbiamo lenzato di rivedere il piano editoriale del vaso di Pandora proprio in questo senso in modo di informare “volgarmente” in modo chiaro il maggior numero di persone sul nostro modo di intendere la cura in ambito psichiatrico.
    Proprio ieri Enrico Di<croce miha inviato una delibera della regione Piemonte che richiede alle comunità di avvisare la forza pubblica quando un paziente si allontana dalla comunità.
    Bisogna fare politica sanitaria e partire da questi temi piccoli fondamentali per la dignità e libertà delle persone

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  3. Grazie molte delle risposte che ampliano il discorso in modo molto efficace e utile! Vi sento molto vicini e in risonanza con l’impegno che da vari punti di vista ci appassiona e condividiamo! Fa bene il senso di appartenenza….forse il gruppo di lettura ci potrebbe aiutare sul percorso di trasmissione di idee e conoscenze che ha bisogno di diversi livelli e modalità

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  4. Mi piacerebbe, se in remoto, al gruppo di lettura in questione poiché trovo l’argomento molto interessante.
    Sono membro dell’associazione Prato

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  5. La perdita di un orizzonte di senso è certo in atto almeno nell’Occidente, e non da ieri ma almeno dall’altro ieri. In un recente articolo di Roberto Esposito è con riferimento all’Occidente che si parla di ciò, anche rifacendosi alla nota distinzione di Dilthey: “all’impetuoso sviluppo delle scienze dure – biologia, informatica, tecnologia – fa riscontro un appannamento di quelle umane”. Ma sarebbe presuntuoso cercar di capire se questa crisi di senso è davvero prevalente nel contesto culturale e ideologico cui apparteniamo, e che oggi si sente minacciato.
    Certo, la crisi è indubbia. Osservazione marginale: mi pare tenda a rispondervi in qualche modo -accentuandola – il ripetuto ma occasionale e brutale formarsi di un “con-senso” anche nelle fake news trasmesse e ricevute nei social. Questi finiscono col dar vita, mi pare, a una nuova forma di vissuto di massa, diversa da quella magistralmente descritto da tanti, da Alessandro Manzoni a Hermann Broch. Essa fa a meno della vicinanza fisica dei partecipanti ma li unisce on line in un gioco di rimandi e adesioni acritiche in cui la moneta cattiva tende a metter fuori gioco quella buona…

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