Quando incontriamo qualcuno, anche uno sconosciuto, che ci sorride, la reazione che ci viene più naturale è quella di ricambiare il sorriso. È un istinto naturale, ed è buona educazione, certo, ma c’è anche una motivazione psicologica di fondo. Ricambiamo quel sorriso perché ci allineiamo, in maniera inconscia, allo stato emotivo dell’altra persona. Gli esseri umani, e anche alcuni tipi di scimmia, tendono istintivamente a ricalcare gli stati emotivi che percepiscono durante le interazioni sociali. Questo fenomeno, che sicuramente ciascuno di noi ha sperimentato anche se forse non lo ricorda, è denominato contagio emotivo. Emozioni, sensazioni e stati d’animo possono diffondersi durante scambi, conversazioni o gesti di cortesia.
Definiamo il contagio emotivo
La prima a descrivere il contagio emotivo è stata Elaine Hatfield, nel 1993. Nelle sue parole, esso non è che la tendenza a mimare e sincronizzare automaticamente espressioni, vocalizzazioni, posture e movimenti con quelli di un’altra persona. Quando lo si fa, si converge emotivamente. Il fenomeno consiste nella produzione riflessa di un comportamento osservato. Una persona, o un gruppo, possono influenzare le emozioni e il comportamento di un’altra persona o gruppo attraverso l’induzione, conscia o inconscia, di stati emotivi e atteggiamenti comportamentali. Il contagio emotivo non è altro che la capacità automatica di fare proprie le emozioni altrui e viverle intensamente. Il meccanismo non dipende da noi in alcun modo, è totalmente automatico, di tipo bottom-up. Le informazioni, cioè, giungono dal basso, praticamente per osmosi. È la tipica strategia dell’apprendimento durante l’infanzia.
In realtà, Adam Smith già nel 1759 affermava che le persone si immaginano nelle situazioni altrui e mostrano una mimica motoria. Charles Darwin, nel 1872, ipotizzava l’esistenza di una propensione naturale e innata degli esseri umani a riconoscere e rispondere in modo congruente alle emozioni dell’altro. Il contagio emotivo è stato considerato come strettamente associato all’eccitazione emotiva. Gran parte della letteratura sul contagio emotivo si basa sulla teoria dell’arousal. Secondo questa, nell’organismo c’è sempre uno stato di eccitazione fisiologica, più basso durante il sonno e più alto durante la vigilanza. Il passaggio dall’attivazione di basso livello alla vigilanza è chiamato eccitazione e corrisponde allo stato emotivo.
Siamo tutti emotivamente contagiabili
Il contagio emotivo si basa dunque su reazioni automatiche agli stimoli espressivi manifestati dall’altro e rappresenta un primo livello di condivisione emotiva, che non può essere ignorato. Non deve dunque sorprendere il fatto che sia un meccanismo universale, valido in tutte le culture del mondo. Da una prospettiva evolutiva, questo particolare contagio che non ha a che fare con alcuna patologia, e quindi la tendenza a rispondere alle espressioni emotive dei propri simili in modo riflessivo, automatico e involontario, può essere dovuto al suo alto valore adattivo. Pensiamo per esempio alla paura: lo sguardo impaurito su un volto e la sua risposta comportamentale di fuga ci segnalano un pericolo imminente, in modo rapido e chiaro, concedendoci un tempo simile per reagire alla minaccia.
Le persone estroverse, a quanto pare, sono più facilmente influenzate dalle emozioni degli altri. Chi presenta livelli di nevroticismo elevati ha un’elevata probabilità di essere influenzato da emozioni negative. Non si esclude poi che possano giocare un ruolo importante altre differenze individuali. Età, genere e cultura influenzano il grado di contagio. Ciò è evidente specialmente online, sui social, come ormai sappiamo, l’odio alimenta altro odio e lo fa, tendenzialmente, più tra le persone di seconda e terza età che tra i giovani, che si lasciano trasportare meno, essendo più focalizzati sull’esternazione dei propri stati d’animo.
Assiomi del contagio emotivo
Nel 2008, Hatfield e alcuni suoi colleghi di un team di ricerca focalizzato sul contagio emotivo, hanno stilato tre assiomi, tre muri portanti di questo concetto:
- durante una conversazione, le persone imitano e sincronizzano automaticamente, e continuamente, le loro espressioni facciali. Fanno lo stesso con la voce, le posture, i movimenti e i comportamenti.
- L’esperienza emotiva soggettiva è influenzata, in ogni momento e in maniera automatica, dal feedback di questa mimica/sincronia che innesca l’attivazione di specifiche categorie emotive le quali, a loro volta, influenzano specifici processi emotivi.
- Ognuno di noi tende, in ogni momento, a cogliere le emozioni che gli altri lasciano trasparire. Si tratta di un processo fisiologico, di natura sociale, che porta gli individui a fare uso delle emozioni degli altri come guida per le proprie. Non di rado, come avremo notato tutti, prendiamo decisioni basandoci su quello che hanno vissuto gli altri. Ecco perché giudizi e recensioni sono così importanti.
I rischi di un’esposizione poco controllata a contenuti che possono influire sul nostro stato d’animo non sono così trascurabili. Possono infatti arrivare a manipolarci. Non dimentichiamo che siamo esposti al contagio emotivo ogni volta che ci troviamo in compagnia di qualcuno. Alla stessa maniera, teniamo sempre bene a mente che noi stessi, con il nostro atteggiamento e il nostro comportamento, possiamo influenzare l’altro. Il modo in cui ci comportiamo (così come le emozioni che percepiamo e condividiamo) si riflette nelle nostre relazioni nonché in quelle delle persone a noi vicine.