Ho rivisto “La mia Africa” dopo essere stata in Africa più volte.
L’opinione del film è cambiata anche per una questione di età. La mia.
Pareva, allora, un film sul colonialismo e sui capitalisti che vivono l’Africa del primo novecento in modo predatorio e razzista. Pare, adesso per me, un film pieno di emozioni, odori, colori che comprendo perché li ho vissuti.
Bellissime le scene al masai Mara dove la natura domina l’uomo in modo insindacabile, dove l’intelligenza di Karen comprende il limite dell’uomo e dei suoi desideri. La natura non si domina, così come lei non avrà mai l’uomo libero e selvatico di cui si è innamorata (Robert Redford in una delle sue migliori performances).
Tutto sta nell’accettare, nel comprendere che la diversità va accettata prima che capita. La composta tristezza di Karen che torna in Europa da sola è un esempio potente del saper accettare un’origine diversa, una cultura diversa. Non sempre il desiderio di cambiare corrisponde a qualcosa di diverso dal sogno.
Importante è saper immaginare.