R. è stata dimessa pochi giorni fa. E’ andata a casa sua, dopo 5 anni passati in OPG e 3 in Comunità, con un pesantissimo reato sulle spalle. Una dimissione “da manuale”, con servizio territoriale competente e collaborante, con un utilizzo ottimale dello spazio di cura offertole.
E’ a casa senza vincoli Giudiziari, il difficile viene ora.. ma penso che R. abbia un buon bagaglio di strumenti psichici per affrontare nuovamente il mondo.
Ci ha salutati durante l’ assemblea, ha portato la torta ed i pasticcini; ha detto ai compagni che esiste la speranza, lei ne e’ la prova tangibile.
Qualcuno ha pianto pensando a sé, qualcun altro l’ha invidiata, molti l’hanno ringraziata.
G. è in OPG per un reato assurdo, direi insignificante. E’ di Torino, la sua mamma e’ vecchia, G. teme che lei possa morire senza poterla rivedere.
Stamattina ho sentito il medico che ha in cura G. in OPG. Ha messo il telefono in viva voce, così che anche G., seduto davanti a lui, potesse sentire ciò che dicevo.
Gli ho spiegato che poteva essere accompagnato a trovare la mamma, che la Comunità è a mezz’ora da casa sua.
G. ha ascoltato con attenzione, mi ha detto che gli basterebbe vederla ogni tanto, già il fatto di essere piu’ vicino a lei lo tranquillizza. Mi ha chiesto quando può venire; presto, fra un mese.
L’ho sentito dire al dottore : “dottore, allora parto?”
Bello sentire il dottore: “Si, te ne vai da qui”
Altro inizio, altra storia, nuova conoscenza fatta di richieste, attese, discussioni, sorprese, liti e confronti.
Stessa speranza, quella di R. e di G.
Quando qualcuno mi chiede: “ma che cosa si fa in Comunità?”, come faccio a spiegargli questo?