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Chemsex, cos’è davvero e come affrontarlo in terapia

La parola chemsex deriva dalla crasi di due termini inglesi: chemical, che significa sostanze chimiche o – in questa accezione – droghe, e sex, che naturalmente si traduce con sesso. Definiamo così una pratica nata nel Regno Unito e ora piuttosto diffusa in Europa e negli Stati Uniti. Il concetto di base è quello di migliorare la prestazione sessuale e aumentarne la durata. Il termine chemsex è spesso usato impropriamente. Non è infatti raro definire in questa maniera qualunque sostanza psicoattiva capace di stimolare l’attività sessuale, ma si tratta di un’imprecisione.

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Che cos’è davvero il chemsex?

Il chemsex riguarda soltanto alcune sostanze, specifiche e circoscritte. Non è raro che esse vengano assunte nel corso di veri e propri riti collettivi, denominati chemsex party. Nel corso di questi appuntamenti diversi individui si incontrano per fare sesso, anche per un intero weekend. Va da sé che chi partecipi a simili raduni ha necessità di supportare questa attività extracurricolare con sostanze che vincano la fatica. Come il lettore si sarà già immaginato, a fare uso di questi prodotti sono quasi esclusivamente uomini. Esistono delle app specifiche, che bisogna conoscere prima di poter scaricare, sulle quali ci si dà appuntamento e si possono ricercare partner sessuali disposti a partecipare a ritrovi di questo tipo.

Il chemsex si regge su sostanze che inducono un generale senso di rilassamento, allontanando la fatica dovuta all’attività fisica. In aggiunta a ciò, sono in grado di intensificare l’eccitazione e aumentare il desiderio sessuale, preparando in qualche modo il fisico all’esercizio, oltre i suoi limiti, dell’accoppiamento. A causa di questi prodotti si può restare svegli anche per 70 ore. Si riesce inoltre a ritardare l’orgasmo quanto più possibile, così da non sentirsi appagati prima del termine dell’effetto. L’allentamento della muscolatura, oltre a ridurre le tensioni e favorire il rilassamento più totale, rende considerevolmente meno doloroso il sesso anale. Ciò consente anche a coppie formate da due partner uomini di durare più a lungo nel corso di svolgimento della pratica.

Le sostanze utilizzate nel chemsex

Non esiste un elenco scolpito nella pietra di sostanze utilizzate e utilizzabili per il chemsex. Tipicamente, però, troviamo sempre gli stessi principi attivi. Essi possono essere consumati da soli o in combinazione tra loro, per un effetto più potente ma, inevitabilmente, più rischioso.

  • Il mefedrone, una sostanza simile all’anfetamina, induce un senso di euforia ma, nel farlo, sovrastimola sia il cuore sia il sistema nervoso.
  • L’acido gamma-idrossibutirrico (noto con la sigla Ghb o Gbl) si caratterizza per il suo effetto anestetico e rilassante. Tra le sue peculiarità c’è quella di ridurre notevolmente le inibizioni. Mescolato all’alcool diventa estremamente nocivo per l’organismo umano, tanto da poter risultare addirittura letale.
  • La metanfetamina viene utilizzata per indurre una sensazione di esaltazione.
Chemsex, ricorrere a sostanze per migliorare le proprie performance
Il chemsex porta a inseguire un potenziamento estremo delle proprie performance sessuali ricorrendo a sostanze che possono rivelarsi nocive.

I rischi per la salute

Chi ricorre al chemsex è naturalmente alla ricerca degli effetti scatenati dai principi attivi di cui fa uso. Quello che non insegue, ma che spesso finisce ugualmente per ottenere è la dipendenza da queste sostanze. I rischi connessi all’uso – e spesso abuso – di simili prodotti sono quelli caratteristici di qualunque stupefacente: overdose e, appunto, dipendenza. Assumere troppo acido Ghb può rivelarsi letale e condurre alla morte. Quando si diventa dipendenti occorre affrontare la situazione intraprendendo un percorso di disintossicazione.

L’intossicazione aggiunge un livello di rischio durante un chemsex party. Privando il consumatore della propria lucidità, infatti, lo espone ad abusi o violenze da parte del partner nonché a una superficialità che potrebbe rivelarsi nociva. Lo stato di alterazione mentale creato dall’impiego dei principi attivi citati può portare a commettere alcune leggerezze, come ad esempio quella di non prendere le dovute precauzioni durante l’atto sessuale.

A chi non possa più fare a meno di ingerire droghe e sostanze di questo tipo è necessario un percorso terapeutico. Questo intervento non potrà fare a meno di proporre un iter psicologico mirato che accompagni la persona fuori dal buio tunnel in cui si trova bloccata. Il paziente va preso per mano e deve essere accompagnato a un pieno recupero della propria vita di coppia. Chi abbia abusato di sostanze di questo tipo deve essere condotto al plateau del cosiddetto sober sex, ovvero la pratica confortevole del sesso senza alcun tipo di aiuto.

Il corretto trattamento per sfuggire dalla morsa del chemsex

Per affrontare il problema in terapia si intraprende solitamente un percorso in 4 fasi.

  • Dapprima si pongono domande relative al sesso in maniera chiara e precisa. Il terapeuta gioca in questa fase un ruolo chiave: non deve giudicare e ha bisogno di mantenere la mente fredda e lucida. Non è raro che i pazienti raccontino le proprie esperienze sessuali e che esse possano apparire estreme quando non proprio inconcepibili.
  • Durante la chiacchierata occorre comprendere a fondo il contesto nel quale sia immersa la persona che parla. Pazienti di questo tipo possono essere insicuri, sentirsi deboli o caratterizzati da omofobia latente, nonostante le proprie inclinazioni.
  • Talvolta chi ricorre al chemsex lo fa perché altrimenti non sarebbe in grado di approcciare la propria sessualità. I livelli del suo disagio potrebbero essere più di uno e occorre dunque accertare le ragioni dell’utilizzo delle sostanze, i vissuti relativi al modo di relazionarsi e rapportarsi con gli altri, e con il sesso, nonché l’esistenza di traumi pregressi o di una stigmatizzazione dell’omosessualità.
  • Data la delicatezza della situazione vissuta dal paziente, il terapeuta deve evitare a tutti i costi di assumere – anche in maniera involontaria – atteggiamenti omofobi.

Un percorso particolarmente indicato per il recupero di dipendenti da chemsex è quello della terapia cognitivo comportamentale (TCC), la quale pone il suo focus di intervento su situazioni, pensieri ed emozioni che spingono l’individuo a fare uso di sostanze che favoriscano la prestazione sessuale. Questo iter indaga le cause profonde di un simile comportamento e propone soluzioni concrete per affrontarlo a livello cognitivo.

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