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Casa del mago: esplorando i misteri della mente

“La casa del mago” è il titolo dell’ultimo libro di Emanuele Trevi. L’autore, vincitore del Premio Strega 2021, non è nuovo a occuparsi di psicologia e analisi. Non deve stupire. Trevi è infatti figlio di Mario, psicoanalista junghiano, ed Eleonora Trevi D’Agostino, neurologa e psicoterapeuta. Il mago del libro è proprio suo padre, riservato guaritore di anime – come lo descrive il figlio – interamente dedicato al suo lavoro e alla comprensione delle menti.

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La storia del mago

Il mago, protagonista del libro assieme alla sua famiglia, di cui l’autore fa parte, ci viene introdotto da sua moglie, la madre di Emanuele Trevi. Siamo all’incipit della vicenda e ci troviamo a Venezia, con l’autore ancora bambino e i familiari che lo accompagnano per le calli, quando il mago si allontana, immerso nel suo mondo, e i parenti più stretti faticano a restargli vicino. La passeggiata spensierata diventa un’operazione per non perdersi di vista, tra le strette viuzze della città più bella del mondo. Il silenzio della narrazione viene interrotto dalla signora, che tronca i capricci del bambino, ben più interessato ad ammirare le meraviglie della Serenissima che a restare in scia a suo padre, con un secco: “Lo sai com’è fatto!”

La casa del mago come tempio

In quella frase, usata in ogni famiglia, troviamo molto di quello che è il carattere del mago. Egli è distante, lontano e spesso distratto. Questa distrazione si deve agli impegni professionali dello psicanalista. Essi lo assorbono e lo faranno per tutta la vita. Dopo averci parlato di Mario Trevi, la narrazione si sposta sulla sua dimora, quella casa del mago che dà il titolo al volume. Essa è un appartamento-studio che rimane inevitabilmente vuoto alla morte del suo proprietario, e resta invenduto. Dal punto di vista dell’autore, si tratta di un antro dove si percepiscono ancora delle presenze, dei vapori – così li definisce Emanuele Trevi – invisibili che sono fuoriusciti dalle vite lenite e raddrizzate dalla terapia tenuta tra quelle stesse mura. L’autore trova Psiche all’interno di quello spazio e lei lo attira e lo conquista.

Per tal motivo, il figlio decide di appropriarsi di quell’ambiente, di renderlo casa propria e vi ci si trasferisce, anche per tentare di risolvere un pò l’enigma di suo padre. Che cosa lo appassionava così tanto nel suo lavoro? Perché teneva più ai suoi pazienti e alle loro vite che alle vicende dei familiari più stretti? Per quale motivo Mario Trevi era fatto così?

I misteri della casa del mago

La casa del mago: mente e anima
In La casa del mago, Emanuele Trevi definisce suo padre Mario come un guaritore di anime.

L’aura del nuovo appartamento è descritta come inquieta e profonda, dunque perfetta per uno scrittore. Il libro ce lo dimostra, trasformandosi ben presto da racconto di una casa in riflessione sull’esistenza e il senso dei rapporti, nonché panoramica sulla storia culturale del secolo scorso. Il romanzo è molto personale e in alcuni punti si fa persino commovente, pur senza mai disdegnare della sana ironia, che non si pone alcun problema a sfociare talvolta in vero e proprio umorismo.

Quel che interessa dal punto di vista psicologico è la discesa senza freni negli inferi della mente, nella psicosi umana e in un profondo pozzo dove il saggio e il pazzo sono seduti l’uno accanto all’altro, dialogando in serenità. Ogni vita nasconde una luce, ma bisogna saperla stanare. Emanuele Trevi, che non è uno psicologo, si rapporta molto bene alla disciplina, dimostrando di aver appreso tanto dal rapporto con i suoi genitori. L’autore si è spesso confrontato con suo padre sui temi della salute mentale. Nel 2007, Mario ed Emanuele hanno pubblicato un libro scritto a quattro mani e intitolato Invasioni controllate.

Scomparso nel 2011, lo psicanalista è stato tra i pionieri dell’orientamento junghiano nel nostro Paese e ha pubblicato numerosi studi di critica a questa teoria, nonché di psicologia generale. Mario Trevi si occupava in particolar modo di simbolismo e ricerca sui simboli.

La mente secondo Mario Trevi

La casa del mago diviene inevitabilmente un tempio del suo pensiero. Sebbene il romanzo non sia rivolto agli addetti ai lavori e non vada letto come un manuale di psicologia di alcun tipo (si resterebbe delusi, anche aspettandosi qualcosa di molto edulcorato), bensì come un volume che racconta una storia godibile e ben scritta, è possibile ritrovare in esso tutte le tipiche parole chiave dell’operato del celebre psicanalista. Libertà, possibilità, progettualità e dialogo. Questi sono sempre stati i temi della psicologia treviana. Nei suoi scritti li poneva al centro del proprio ragionamento e il dialogo era la sua arma preferita, nella professione quotidiana.

Se i familiari più stretti lo avvertivano distante e preso dalle sue riflessioni sulla mente, è difficile che i suoi pazienti non lo vivessero come ascoltatore attento, quasi fraterno. La professionalità e l’umanità di Trevi lo hanno reso un maestro, ma lui non ha mai cercato di farlo, lo è semplicemente diventato. È notevole la risposta che lo psicanalista dà a suo figlio, nelle Invasioni, quando Emanuele gli domanda se si senta più saggio, raggiunti gli 87 anni che aveva al momento della pubblicazione di quel volume:

“Non penso di essere diventato né un saggio né un santo. Non è che ho una grande stima di me stesso.”

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