Commento a margine dell’articolo “Bimbi senza mamma e papà L’altra faccia dei femminicidi” [La Stampa 6/8]
La plasticità del sistema nervoso e mentale del bambino consente fortunatamente una adattabilità notevole ad evenienze traumatiche di vita come la morte dei genitori o anche la violenza domestica.
Certamente al di là degli aspetti genetici e adattativi neurobiologici l’ambiente ha una grande importanza.
Mi verrebbe da dire che è meglio ad esempio una buona e chiara separazione che una cattiva e confusa convivenza.
Pensare da adulti quando si tratta di bambini non è corretto perché ci induce in facili errori.
Ad esempio i casi di femminicidio, ovvero il padre che uccide la madre, i poveri figli soli: non è possibile affermare che l’esito tragico della storia familiare avrebbe inciso di più in modo peggiore sul futuro assetto mentale del bambino piuttosto che una persistente permanenza in una famiglia fortemente conflittuale.
Ovviamente non significa che non bisogna aver cura dei figli che si trovano in queste drammatiche circostanze, ma bisogna ricordare che la “plasticità” dell’apparato psichico del bambino consente aggiustamenti notevoli con figure sostitutive delle funzioni paterne e materne.
Si evitino perciò facili pietismi ammantati di psicologismo e si accompagnino i minori ad una ricostruzione condivisa delle figure di riferimento disponibili nell’entourage…
Gg