Vaso di Pandora

Bambini bianchi – bambini neri, giudizio e pregiudizio

Bambini bianchi – bambini neri, giudizio e pregiudizio

di Giovanni Folco

La notizia riguardante l’indagine di Rebecca Dore dell’Università della Virginia (pubblicata sul British Journal of Developmental Psychology (AGI) Red/Pgi 031248 MAR 14) secondo la quale il pregiudizio razziale si forma durante l’infanzia, suggerisce alcune riflessioni.

Innanzi, tutto la notizia riguarda l’esito di una ricerca di cui non conosciamo metodo e contesto nel quale si è sviluppata, ma neppure conosciamo l’intento della stessa.
Da qui alcuni interrogativi: si vuole confermare una supposizione sociologica? Si vuole sensibilizzare l’opinione pubblica su come si forma il pre-giudizio, e sui pericoli che può arrecare al contesto sociale? O si vuole solamente mostrare come il pregiudizio si radica a una certa età, per svilupparsi diffusamente in un’altra? Ovviamente altri ancora possono essere i motivi di questa ricerca.
Premessi questi interrogativi credo sia interessante, di là dalla notizia, riflettere se e come la formazione del  pregiudizio condizioni anche la storia del giudizio.
E’ indubbio che il contesto culturale possa determinare grandemente la formazione del pre-giudizio fino quasi ad inficiare la formulazione del giudizio.
Le disparità economiche, per esempio, sono spesso fonte di stereotipi in cui si radica il pre-giudizio che inibisce una libera disposizione del soggetto ad una corretta valutazione dei fenomeni sociali. Lo stereotipo stesso, quale espressione del pregiudizio, può rafforzare il senso di appartenenza al gruppo.
Se il soggetto definisce la sua identità nella relazione con l’altro e nella sua differenziazione, il pregiudizio-stereotipo, si pone come atteggiamento spesso difensivo rispetto ad un confronto aperto ed evolutivo. Infatti, è proprio attraverso l’esperienza che si attua la trasformazione dal pre-giudizio al giudizio, se come pre-giudizio intendiamo un giudizio che precede l’esperienza senza dati certi.
Il dizionario Devoto – Oli (edizione 2007) alla voce giudizio indica: Parere motivato. La capacità di valutare e definire. Alla voce pregiudizio, sempre il Devoto – Oli, indica il pregiudizio come opinione preconcetta, capace di fare assumere atteggiamenti ingiusti, specie, nell’ambito del giudizio o dei rapporti sociali.
Nella ricerca citata è mostrato come il pregiudizio dei bambini bianchi si forma nella fase di mezzo dell’infanzia. Ovviamente, la notizia non dice come si evolverà il pregiudizio nei futuri uomini o donne bianchi adulti presi in considerazione.
In effetti, la contestualizzazione del pregiudizio chiama in causa l’intervento delle numerose variabili: psicologiche, sociali, culturali, storiche, geografiche, antropologiche, politiche di genere…, che agiscono durante l’infanzia.
Se è vero che in parte il pregiudizio – stereotipo può rafforzare l’identità e il senso di appartenenza al gruppo, è vero però, che si tratta di una costruzione mentale basata su conoscenze non vere, sia a livello individuale, che gruppale, è appunto uno stereotipo.
Nella sua manifestazione il pregiudizio – stereotipo, comporta spesso l’attuazione di atteggiamenti che ne confermano la scorretta costruzione, ed al contempo determina l’inibizione e la semplificazione del pensiero, avendo come risvolto negativo la formazione del preconcetto che impoverisce l’importanza dell’ esperienza.
La formazione del pregiudizio razziale emerso da questa ricerca, presuppone forse, che nella fase adulta questi stessi bambini mantengano inalterato lo stereotipo citato.
Gli interrogativi possono essere molti: i bambini della ricerca, una volta cresciuti, come modificheranno, se lo modificheranno, il loro pregiudizio? O meglio quali potrebbero essere le variabili che più facilmente potrebbero influenzare la loro mutata valutazione?
L’esito stesso della ricerca si pone in un preciso contesto storico sociale, pertanto comunque suscettibile al cambiamento.
Già Max Weber riconoscendo alla realtà un alto grado di complessità, nella sua famosa teoria sui giudizi di fatto e di valore, riteneva che anche la ricerca scientifica fosse parzialmente orientata rispetto ai valori espressi dalla società.
Inoltre se l’esito della ricerca indica come nasce un pre-giudizio razziale di gruppo, quale percorso potrebbe caratterizzare la formazione del giudizio del singolo individuo?
Quale consapevolezza avrà il soggetto di esprimere un pre-giudizio?
In quali forme l’ignoranza condiziona il pregiudizio di gruppo e forse il futuro giudizio del singolo?
Come gli aspetti inconsci del stereotipo – pregiudizio ma anche del giudizio occultano e sopperiscono l’ ignoranza.
Se, e in quali forme, l’inconscio pregiudizio del bambino bianco prevarrà sulla conoscenza oggettiva, dell’adulto?
In ultimo: la storia della follia, oltre ad essere la storia della sofferenza mentale, dei malati, dei loro curanti, delle strutture che li hanno accolti, è anche la storia di preconcetti e pre-giudizi, alcuni dei quali aspettano ancora di essere trasformati in giudizi seri, scevri da incrostazioni preconcette ormai diventate anacronistiche.
Gli stimoli per ulteriori riflessioni non mancano.

[L’articolo fa riferimento alla notizia “Psicologia: bimbi hanno pregiudizi razziali sul dolore“, 03 MAR 2014. (AGI)]

 

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