Perdere l’olfatto non è solo un disagio sensoriale: è una condizione che tocca la sfera emotiva, relazionale e persino identitaria. L’anosmia, ovvero l’incapacità totale di percepire odori, è spesso sottovalutata nella sua portata psicologica, ma può essere un campanello d’allarme importante, soprattutto quando l’anosmia ha cause neurologiche, ossia risiedono nel sistema nervoso centrale.
L’olfatto, un senso legato all’emozione
Il nostro olfatto non è solo un mezzo per apprezzare un buon piatto o un profumo: è strettamente legato al sistema limbico, la sede delle emozioni e dei ricordi. Non è un caso se un odore può evocare, in modo immediato e vivido, una memoria lontana. Quando l’olfatto viene meno, si perde una parte profonda della connessione con il mondo emotivo.
Chi vive con anosmia riferisce spesso un senso di disorientamento, come se qualcosa di fondamentale nella propria esperienza quotidiana venisse meno. Il profumo di una persona cara, l’odore della pioggia, l’aroma del caffè al mattino: la loro assenza può alimentare sensazioni di vuoto, distacco o tristezza.
Anosmia cause neurologiche: quando l’origine è il sistema nervoso
Sebbene l’anosmia possa derivare da patologie nasali o virali (come nei casi post-Covid), in molti pazienti il disturbo è il riflesso di alterazioni del sistema nervoso centrale o periferico. Questo apre la strada a una riflessione più ampia: quando l’anosmia non è passeggera, ma persistente, è utile indagare le sue possibili cause neurologiche.
Tra le principali cause di origine neurologica troviamo:
- Traumi cranici: un colpo alla testa può danneggiare direttamente i nervi olfattivi, che si trovano alla base del cranio, o le aree cerebrali deputate all’elaborazione degli odori.
- Malattie neurodegenerative: in patologie come Alzheimer e Parkinson, la perdita dell’olfatto può essere uno dei primi sintomi, spesso sottovalutato.
- Tumori cerebrali: soprattutto quando localizzati nei lobi frontali o nelle aree olfattive, possono interferire con la normale percezione degli odori.
- Sclerosi multipla: alcuni studi suggeriscono che alterazioni dell’olfatto possano comparire anche in questa patologia autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale.
- Epilessia del lobo temporale: può includere tra i sintomi l’anosmia o parosmia (distorsione dell’olfatto).
Un segnale precoce nei disturbi cognitivi
Una delle rivelazioni più interessanti degli ultimi anni riguarda il ruolo dell’anosmia come potenziale campanello d’allarme per malattie cognitive. Per esempio, molte persone affette da Alzheimer mostrano una riduzione dell’olfatto già diversi anni prima che compaiano i sintomi della perdita di memoria.
È come se il cervello, ancora prima di dimenticare, smettesse di percepire. Un segnale che ci invita a prestare maggiore attenzione ai cambiamenti sensoriali che sembrano “minori”, ma che in realtà potrebbero essere la spia di un cambiamento più profondo.
Gli effetti psicologici dell’anosmia
Chi soffre di anosmia spesso affronta un cambiamento nella qualità della vita che non si limita alla sfera sensoriale. La percezione dell’ambiente, delle persone e persino di sé stessi può cambiare radicalmente. L’assenza dell’olfatto si traduce talvolta in:
- Diminuzione dell’appetito e del piacere legato al cibo.
- Difficoltà relazionali, soprattutto nel riconoscere le persone attraverso gli odori corporei o ambientali.
- Ansia legata alla sicurezza (non percepire fumo, gas o alimenti avariati).
- Sintomi depressivi, che possono insorgere per la sensazione di “perdere il contatto con il mondo”.
Non a caso, negli ultimi anni la psicologia clinica ha iniziato a considerare l’anosmia anche da un punto di vista identitario: chi perde l’olfatto spesso riferisce di sentirsi “meno sé stesso”.
Come affrontare l’anosmia di origine neurologica
Se l’anosmia ha una causa neurologica, è importante affrontarla con un approccio integrato, che coinvolga sia la diagnosi medica sia il supporto psicologico. Le strategie possono comprendere:
- Indagini neurologiche mirate (risonanza magnetica, test cognitivi, valutazione dei nervi cranici).
- Riabilitazione olfattiva, un training che stimola gradualmente il recupero dell’olfatto attraverso esposizione guidata a diverse essenze.
- Supporto psicologico, per affrontare le modifiche nella percezione, nei rapporti interpersonali e nella qualità della vita.
Tra le tecniche più efficaci in ambito terapeutico:
- Mindfulness e pratiche di centratura sensoriale, che aiutano a riportare l’attenzione sugli altri sensi e sulla corporeità.
- Psicoterapia ad approccio integrato, per sostenere l’elaborazione dell’impatto emotivo e identitario della perdita olfattiva.
Quando il corpo parla al posto della mente
Nel linguaggio psicosomatico, la perdita dell’olfatto può anche assumere significati simbolici. Sentire (o non sentire) è spesso metafora di un rifiuto, di una difesa, o di un trauma non elaborato. Non a caso, alcune persone sviluppano anosmia dopo eventi stressanti, anche in assenza di danni fisici evidenti.
È come se il corpo, in modo silenzioso, esprimesse un bisogno di “chiudere” l’accesso a certi stimoli. Un’ipotesi da non escludere, soprattutto quando le indagini mediche non evidenziano una causa organica chiara.
Conclusioni: quando un odore non si sente, ma lascia un segno
L’anosmia è una condizione che va oltre la perdita dell’olfatto: è una frattura invisibile nel modo in cui abitiamo il mondo, lo riconosciamo e lo ricordiamo. Le sue cause neurologiche ci ricordano che il cervello, spesso in silenzio, cambia prima ancora che ce ne accorgiamo.
Accorgersi di questo segnale, comprenderne il significato e affrontarlo con strumenti adeguati – clinici e psicologici – può fare la differenza. Perché in fondo, anche ciò che non sentiamo, parla di noi.