Altro commento all’articolo “Alla mia porta” apparso su La Stampa, il 09/06/2023
E’ ben difficile valutare l’aderenza alla realtà di narrazioni di abusi sessuali offerte da bambini che li avrebbero subiti: tanto più quando (spesso) l’informazione giunge in quella forma metaforica-simbolica, di cui pure è doveroso tener conto.
E’ cosa che ha messo in difficoltà Freud, che in uno dei primissimi contributi scriveva: “Io affermo che alla base di ogni caso di isteria vi sono uno o più episodi di violenza sessuale precoce della prima infanzia”.
Circa 15 anni dopo, la sua posizione era opposta: “le scene della prima infanzia che ci vengono fornite da una analisi esauriente… non sono la riproduzione di avvenimenti reali… sono invece formazioni fantastiche…”. C’è chi lo ha accusato di voltafaccia opportunistico, di fronte allo scandalo provocato da quello che era stato vissuto come un sacrilego attacco alla famiglia.
Non condividerei questa accusa, anche perché non meno scandalosa è apparsa allora la sua successiva “aggressione” alla “santa purezza” dell’infanzia. Ciò, anche se c’era un lontano illustre precedente: S. Agostino, che vedeva nel bambino un ricettacolo di desideri disordinati e colpevoli, legati al peccato originale.
Sarebbe quindi imperdonabile nostra presunzione esprimere un parere tecnico (senza averne la minima cognizione diretta!) su vicende che hanno messo in inevitabile difficoltà chi ha dovuto occuparsene professionalmente; vicende che fra l’altro avevano sollevato il ben noto polverone politico-giornalistico.
Ce n’è ancora un bel po’ nell’articolo che ci viene proposto, che pur fra mille ambiguità ripropone in sostanza la colpevolezza degli operatori; non tenendo conto che la sentenza di assoluzione (che ovviamente non conosciamo) avrà escluso non solo il dolo ma anche la colpa grave.
Di fatto, non è impossibile che avessero sbagliato: ma hanno avuto la responsabilità (che non invidiamo) di scegliere fra due alternative pericolose. E’ grave allontanare un minore da genitori innocenti, ma altrettanto grave lasciarlo con genitori abusanti o complici di un abuso. Scelta ineludibile, anche in assenza di assolute certezze; e in cui è ben difficile trovare una via di mezzo.