Da mio padre ho imparato che uomo che fugge vede l’aurora… e che fuggendo la rivede ancora (dal film Maverick).
Già, dopo 42 anni di attività da psichiatra -mezzo secolo-, ho compreso pochi giorni orsono che dovevo licenziarmi. Altri colleghi, di certo davvero più illuminati lo avevano già intuito.
Mi dicevo, non lascerò mai i colleghi, la mia squadra… e poi …con profonda amarezza le dimissioni!
Sì certo, lo riconosco, sono stato fortunato (6 anni di medicina e tre specializzazioni per un totale 16 anni di studio universitario) a svolgere la professione più straordinaria ci sia, avvantaggiato da un padre medico innamorato della vita e della professione da psicoterapeuta. Noi, psichiatri, sempre immersi nella vita, con le persone, nel flusso delle loro storie, testimoni, enti coscienti, partecipi, creature fragili con i fragili.
Forse un privilegio da espiare…
Poi, però, una crescente paura, la sanitarizzazione della violenza, delle condotte delittuose degli altri, degli agiti del prossimo. E poi le minacce, gli insulti nel mondo del lavoro.
Un mondo che cambia troppo velocemente, la falsità, la retorica, l’ignoranza e l’immancabile pensiero “cetto qualunquemente” per cui anche recentemente mi chiedono e mi contestano perché una RSA psichiatrica non ha “le sbarre alle finestre”. Sì, le sbarre alle finestre. Solo che chi me lo chiede e lo contesta è una persona che dovrebbe avere le competenze per non domandare tale sciocchezza.
Paura!
Nel giro di un anno solo a Genova, tre avvisi di garanzia a colleghe, psichiatre, imputate di concorso doloso in delitto colposo. Per loro una tragedia. Sono medici, sono sorelle, credono nel loro lavoro, hanno giurato, sono partecipi della sofferenza dell’altro, ma ora sono accusate.
Le conosco bene. Donne, professioniste, diligenti, attente, innamorate della loro professione.
Ora i loro nomi sono sui giornali, notiziari, su Tik Tok TaK.. su Facebook su…Mah chi se ne frega….tanto tutto viene digerito in fretta…
In queste pieghe si alimenta la falsità moralizzatrice e spietata del “senno del poi”, per cui tutto è sempre prevedibile e quindi evitabile, tutto ciò che astrattamente “si sarebbe potuto fare” allora anche “si sarebbe dovuto fare” e, in una perversa sovrapposizione di piani e valutazioni, quanto ex post era evitabile per ciò solo diviene anche (e sempre) prevedibile.
Grottesco…
Poi l’aspetto surreale che, nelle indifferenziate e incredibili imputazioni colpose, una qualche regola cautelare violata, alla fine, la si riesce sempre a scovare: una non meglio specificata negligenza o imprudenza, lieve o grave che sia, sovrastante l’onnicomprensivo e pervasivo dovere di diligenza a cui potersi appellare.
L’affannosa ricerca di un colpevole.
Ieri, una visita psichiatrica ritardata da uno psichiatra, reso poi colpevole delle condotte delittuose di una persona (mai assunta in cura) e oggi la responsabilità invocata e contestata di un inserimento in una struttura psichiatrica dove, dopo un anno, una paziente commette un atto autolesivo.
Naturalmente tutti i nomi delle colleghe sui giornali, per il gaudio insensato e pornografico dei media.
Tutto ciò è tragicamente coerente con la sensazione che è necessario scovare “costi quel che costi” un colpevole per sedare, col frastuono simbolico della giustizia immediata, presunte o reali istanze di protezione sociale e diritto.
Poi si vedrà… e solo dopo anni di pena, perché un procedimento penale è di per sé una pena, si stabiliranno eventuali regole cautelari violate oppure obblighi prevenzionistici disattesi.
Dove sono gli ordini, i sindacati, le società scientifiche. Dove erano in tutti questi anni… forse accecati dal sole delle neuroscienze abbiamo perso di vista la direzione degli eventi.
A fronte di tutto ciò, basterebbe ricordare, soprattutto al cospetto di eventi per natura straordinari, che nel diritto penale non tutto ciò che è potere è anche dovere e che il giudizio di evitabilità, contaminato dalla logica cinica del senno del poi, non può leggersi in modo disgiunto da quello, ad esso preliminare, di prevedibilità, da condurre in una prospettiva di verifica da svolgersi necessariamente ex ante. Ma tanto chi lo ricorda? Chi ancora legge un libro?
E allora, concorsi per psichiatri che risultano deserti su tutto il territorio nazionale. Chissà perché?
Certo solo nel Messico e in Polonia, due soli stati nel Mondo è prevista la responsabilità penale degli psichiatri… forse con il Messico abbiamo qualche relazione… Sì, forse qualcosa immagino…, a parte il colore delle bandiere!
Da Presidente della SIP Liguria rimango attonito.
Pazienti anziani, psichiatrici, indifesi recentemente improvvisamente deportati da una CAUP Genovese in Ospedali diversi, chi in SPDC, chi in Neurologia chi in Medicina per una decisione…. (non commento). La loro inevitabile regressione rimarrà segreta nel buio.
La ricerca di un Colpevole è un meccanismo difensivo noto, anche agli ignoranti.
Si chiama Proiezione, ma tutto non sarà più come prima….
Da ex Direttore della S.C. Salute Mentale- Genova Levante, da attuale Presidente della S.I.P. Liguria, Sempre con Voi, Colleghe/i …..a difendere i pazienti e il vostro/nostro meraviglioso lavoro.
Condivido tutto.
Bravo, Pietro!
Contributo importante che deve farci riflettere sui limiti dell’intervento psichiatrico.
Pietro Ciliberti mette il classico “dito sulla piaga” ed indirettamente ci ricorda come spesso la psichiatria si è fatta interprete del potere in senso generale e repressivo in particolare.
La violenza del cortocircuito legge-ragione-reazione-colpa rischia veramente di limitare fortemente l’intervento terapeutico vero e proprio.
Fondamentale è l’informazione che generi dialogo e confronto tra i vari attori del vivere in comune
Da ex cronista che ha percorso per 40 anni anche i temi che tocca Ciliberti non posso che condividere…
Completamente d’accordo. Pretesa assurda quella che ci viene richiesta, di controllare il comportamento di un’altra persona, Dobbiamo rifiutarci di subire l’attribuzione di una posizione di garanzia interpretata in modo non realistico e antiscientifico, portatrice di inesigibili obblighi di custodia e controllo sociale.
Ricordo gli infermieri dell’ospedale psichiatrico “ignoranti” non certo per loro colpa ma assoldati per sorvegliare e puniti se non vigilanti. Non certo assicurati venivano licenziati.
Sembra di tornare a questa funzione.
Queste disgustose risposte di ricerca del colpevole sviano dalla responsabilità comune di capire la complessità della devianza, del disagio, della sofferenza. Saziati da semplificazioni le persone guardano ogni tipo di devianza con più tranquillità, come se non appartenesse anche a loro.
E offendono, insultano, un lavoro tanto affascinante quanto difficile facendoci sentire in salita solitaria senza una corda, anzi al centro di critiche e sghignazzi se cadiamo.
Il meccanismo proiettivo e regressivo in atto a livello sociale, alla ricerca di colpevoli si alimenta da un lato di un’assurda interpretazione della posizione di garanzia applicata allo psichiatra che così si trova a dover rispondere delle condotte del paziente e dall’altro da una posizione neopositivista antiscientifica che attribuisce allo psichiatra inesistenti poteri di previsione e prevenzione dei comportamenti altrui e ancor meno di controllo e custodia. Tutto questo dà un’idea di come ancora oggi vengano rappresentati i malati mentali e specularmente gli psichiatri.
A questo si unisce il silenzio e la rassegnazione dei professionisti che non dobbiamo lasciare soli ma al contrario debbono essere adeguatamente difesi dalle Aziende, uffici legali, gestione del rischio.
Prendo l’intervento del collega Ciliberti come un invito a mobilitarci, nelle forme possibili, scritti, convegni, azioni solidali, coinvolgimento di sindacati e associazioni professionali e di utenti, interventi sui media e social…. Sono pronto per la mia parte.