Vaso di Pandora

Alla ricerca dell’Io in un diario intimo fatto di sole immagini.

Commento all’articolo di M. Marzano apparso su La Repubblica l’11/09/2018

Michela Marzano, filosofa, docente e saggista impegnata in politica, rivolge qui l’attenzione all’opera del fotografo americano Richard Renaldi: una serie di autoritratti fotografici relativi a varie età della sua vita, dai 12 anni in poi.

Nulla di sostanzialmente diverso da quanto fa ognuno di noi: anche se in modo meno tecnico e sistematico, tutti  amiamo documentare, con immagini e non solo, i momenti ricordevoli del nostro passaggio nel mondo, raffigurandovi appena possibile anche noi stessi. L’attuale moda dilagante dei selfies è una esasperazione di questo bisogno.

Ma l’articolo ha il merito di de – banalizzare (si permetta il termine) la cosa, indicandone il rapporto con la ricerca di identità nel suo rapporto con la corporeità, con il tempo, con i concetti di “Sé” e di “Io”.

L’identità collega l’attualità di un passato ancora vivo con quella di un futuro promettente. Il senso di identità diventa sempre più necessario e più problematico quando si presenta una gamma di possibilità, fonte di incertezza.

Sono temi classicamente trattati da Erikson che definisce  il senso di identità come senso soggettivo di una rinfrancante coerenza e continuità, pur nella compresenza di significative discontinuità. La fotografia può rafforzarlo, consentendoci di dire: io sono diverso da quel che ero in questo vecchio ritratto, ma sono pur sempre io: è uno strumento in più per elaborare il nostro crescere e cambiare nel tempo, fatto anche di ricorrenti crisi di identità,  mantenendo la fondamentale unitarietà del Sé, la consapevolezza di noi stessi.  Prosegue Erikson:  Quello che l’Io riflette quando vede o contempla il corpo, nonché la personalità e i ruoli cui è agganciato per tutta la vita – non sapendo dov’era prima e dove sarà dopo – sono i vari sé che costituiscono il nostro Sé composito: il sé fisico nudo al buio o esposto alla luce; il sé vestito variamente a seconda del contesto sociale; il sé sveglio o insonnolito; quello sofferente per malattia; il sé corporale nell’eccitamento sessuale o in una crisi di rabbia. Possiamo aggiungere: il sé di allora e quello di adesso.

Per questo Autore, la formazione dell’identità  ha inizio nel periodo in cui madre e figlio si “incontrano” per la prima volta come due persone che possono toccarsi e riconoscersi a vicenda,  ma questa impostazione è stata posta in discussione, in quanto sembra dare per scontato che l’Io del bambino in quel momento già esista,  mentre forse invece inizia a formarsi in quel primo incontro. E’ questa la posizione del filosofo   Ruggenini:  egli  critica il “principio dell’Io” come presenza di sé a sé, come preliminare base di ogni etero – presenza; è infatti possibile pensare l’Io all’interno di una relazione che comincia da altri. Sul versante psichiatrico, classici i contributi della Mahler su separazione – individuazione.

Quanto al tema del rapporto con la corporeità, va ricordata la fase dello specchio di Lacan, che forse cerchiamo di rinnovare nel guardarci in una foto.  Quanto al filosofo Husserl, ricordata la peculiare collocazione del corpo  fra mondo esterno e sfera soggettiva, fra “me” e “altro da me”, afferma che  la coscienza diventa tale solo in un rapporto empirico con il corpo vivo.

Contributi ben più recenti,  avvalendosi dell’apporto delle neuroscienze, confermano questa visione. Peciccia afferma che  il sé corporeo radicato nella motricità è il nucleo dell’ipseità, così spesso compromessa nelle condizioni psicotiche (compromissione, ricordo, che culmina esplicitamente nella c.d. sindrome di azione esterna, in cui ogni limite fra mondo esterno ed esperienza interna pare saltare).

Coerentemente con ciò, egli vi ha fatto seguire la proposta della terapia amniotica in cui si lavora proprio a ricostituire un equilibrio fra unione e separazione. La dimensione “unione” è costituita sia dal gruppo sia dalla diretta fisicità della immersione in acqua calda rievocante il liquido amniotico: l’esperienza corporea ha dunque un ruolo centrale.

Andando un po’ fuori tema, accenno di sfuggita al problema delle identità collettive e di gruppo, in questo momento bruciante per una Europa e una Italia non più sicure della propria supremazia e tendenti a trincerarsi in difesa.

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