Vaso di Pandora

A lezioni di psichiatria con il cinema d’autore

Commento alla notizia del 2 febbraio 2015

L’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa, all’inizio di questo febbraio, ha pubblicato l’informazione che la Prof. Dell’Osso (direttore della Scuola di specializzazione in psichiatria) ha selezionato, insieme al Dottor Riccardo Dalle Luche, cinque film incentrati sui disturbi dello spettro autistico dell’adulto per fare lezione agli studenti.

La Prof. Dell’Osso ha utilizzato, quindi, una procedura didattica insolita: studiare la psichiatria attraverso il cinema d’autore, in questo caso, per allargare la sensibilità clinica rispetto a condizioni ampiamente sottovalutate o mal diagnosticate nella pratica corrente.
Leggendo questa notizia ho avuto conferma di ciò che si svolge, invece, con regolarità nelle strutture comunitarie, in particolare in quelle finalizzate a utenti adolescenti. In poche parole il cinema può essere utilizzato, ed è impiegato, per curare e/o per imparare a trattare il disagio psichico.
Se riflettiamo, ci sovviene immediatamente alla mente come, da sempre, siano utilizzate le fiabe dalle nostre nonne e/o mamme per affrontare i conflitti dei bambini. Questo per ragionare sulla potenza che hanno le storie e le narrazioni in genere. In particolare quando la narrazione di una storia avviene attraverso il “meccanismo della proiezione”, mettendo sul campo le varie potenzialità dell’essere vivente con tutte le sue capacità di espressione, si dà la possibilità allo spettatore di rivivere nella storia raccontata la propria esperienza di vita o comunque di avvicinarsi a stati emozionali che magari teneva sopiti.
Approfondendo quest’argomento con una ricerca sul web ho notato che il “meccanismo della proiezione” è condiviso tra cinema e psicoanalisi non solamente perché hanno lo stesso anno di nascita, entrambi nel 1895. Ovvero, il contenuto della pellicola è proiettato sul telo cinematografico come l’inconscio con le sue paure e ansie è proiettato dallo spettatore sui protagonisti del film. Pur non essendo molto esperta di questo meccanismo, l’ho volontariamente utilizzato come attività ricreativa/riabilitativa all’interno delle CT per minori: il gruppo cinema.
Gli operatori dedicati al gruppo, che di volta in volta si alternano nel gestirlo, compiono una selezione del film pensando anticipatamente a quali potenziali emozioni, reazioni, collegamenti tra immaginario e reale potrebbero essere stimolati nel gruppo dei ragazzi dalla visione del film e, quindi, programmano l’intervento terapeutico nel gruppo. Effettivamente durante la visione partecipata di un film si crea una fusione tra la realtà dello spettatore e quella del film con la possibilità di: immedesimarsi nell’immaginario da parte dello spettatore, condividere la vicenda vissuta dagli attori, ecc… Questi sono alcuni degli elementi che hanno la possibilità di influenzare il modo di pensare e sentire del giovane spettatore durante la visione guidata di un film, rendendo possibile pertanto un intervento psicoterapico finalizzato all’adozione di nuovi schemi mentali ma anche modelli comportamentali più funzionali.
La forza del film nel portare a livello di consapevolezza elementi in precedenza inconsci può essere, se adeguatamente guidata dall’intervento psicoterapico, un importante elemento finalizzato a facilitare la consapevolezza di comportamenti disfunzionali.
A tal proposito molti sono gli psichiatri che hanno selezionato vari film a contenuto psichiatrico riguardanti sia i più specifici temi psicopatologici sia le problematiche caratteristiche del ciclo di vita probabilmente nell’intento di suscitare nello spettatore il riconoscimento della propria visione interiore rendendo, quindi, fattibile o comunque facilitando il processo di cura.

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