“Non sapeva di essere incinta. È quanto raccontato da una 42enne di Caserta, sottoposta a parto cesareo dopo essersi recata in ospedale per una sospetta cistite. Il curioso caso risale al 19 ottobre, quando Manuela De Santi si è recata all’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano della città campana perché con forti dolori al basso ventre. Alla scoperta che era incinta di 33 settimane, i medici hanno deciso di sottoporla con urgenza a un intervento chirurgico, dopo aver rilevato problemi alla sacca e alla membrana. La piccola Laura è nata alle 22.58, con un peso di 2 chili e 400 grammi. Tornata a casa con la madre dopo quattro giorni in ospedale, è in ottima salute. “Ho pensato che questa immensa gioia potevo godermela già da otto mesi. Invece abbiamo dovuto in qualche modo metabolizzare tutte queste emozioni in pochissimo tempo”, ha detto la madre a La Repubblica, raccontando il suo lato dell’incredibile storia. “Quando sono entrata in pronto soccorso ho riferito ai medici di avere una cistite. Avevo preso già delle medicine nei giorni precedenti. Mi hanno subito fatto un’ecografia e da lì si è visto che ero incinta. Ho sentito per la prima volta il battito del cuore di mia figlia”.
Molto sappiamo dell’intreccio tra desiderio di gravidanza e desiderio di maternità, degli strumenti che la scienza da una parte e le norme della società dall’altra, hanno offerto per garantirli e proteggerli. La scienza ha permesso la realizzazione di gravidanze che iniziano in provetta, in un momento della vita della donna, dell’uomo o della coppia, e che trovano l’ambiente favorevole all’impianto in un mondo lontano, anche 14 anni, come recentemente avvenuto ad una donna passata per le cure di un tumore che le avrebbero distrutto tutti gli ovociti. E’ diventata madre di due gemelle dopo avere tenuto a -190 gradi per 14 anni, il suo progetto di maternità.
Sappiamo molto anche delle gravidanze isteriche, inesistenti per quanto riguarda la presenza di un figlio, ma accompagnate da tutte le modificazioni del corpo gravido della madre e, soprattutto, dalla convinzione irriducibile che presto nascerà un bambino.
Così molto sappiamo delle modificazioni che si avviano nel corpo della donna dal momento in cui inizia la gravidanza, ormonali, estetiche, fisiche, ed anche emotive; e abbiamo molta esperienza dei cambiamenti che si innestano contemporaneamente alla gravidanza nelle dinamiche all’interno della coppia generatrice e della famiglia che si prepara ad accogliere il futuro bambino.
Si può senza dubbio pensare che il medico di famiglia avrebbe potuto (dovuto?) raccogliere una anamnesi più approfondita ed evitare diagnosi e prescrizione di farmaci per la cistite. Con il senno del poi possiamo dire che sono state decisioni giunte in modo quantomeno superficiale.
Poi ci sono i familiari, il compagno e la madre, testimoni di questa gravidanza misconosciuta, che per otto mesi non hanno sospettato e certamente non hanno condiviso dubbi intorno alla convincente spiegazione: si tratta di una “menopausa” precoce con caratteristiche di familiarità.
Infine Manuela, la donna, la non-madre, che non ha creduto alla possibilità della gravidanza, forse perché non sufficientemente avvertita dalle alterazioni ormonali e fisiche. Per otto mesi ha portato avanti una gravidanza del solo corpo, non vissuta, né accettata, né rifiutata.
Come può essere successo? Possibile pensare ad una sorta di esorcizzazione della gravidanza, sia vista come timore di attaccarsi ad un desiderio nemmeno tanto nascosto, come è stato evidente dalla gioia con cui è stata accolta la bambina, Laura, subito dopo il parto cesareo. Poteva essere valida anche l’ipotesi opposta: il timore di una gravidanza non desiderata ha paralizzato ogni attività di verifica che potesse essere in atto. Da psicoanalista penso che si siano attivati meccanismi cosiddetti difensivi di fronte alla realtà inaccettabile: negazione, rimozione, rifiuto. L’esistenza di una attivazione di questi meccanismi resta solo come ipotesi interpretativa verificabile solo nel dialogo con la neo mamma.
Una non-gravidanza, una gravidanza esterna alla mente, ma non al corpo. Rimanda per certi versi alle gravidanze per procura: il figlio è nella pancia di un’altra donna. Altra situazione di gravidanza non vissuta è quella, drammatica, delle donne entrate in coma durante la gravidanza, in prossimità del parto. Alcune di loro sono state sostenute dai reparti di rianimazione capaci di curare il corpo senza vita mentale, per portare a termine la gravidanza e per mettere al mondo il bambino desiderato e vivo nella mente della mamma fino al momento dell’ingresso in coma.
Poi c’è Laura: per otto mesi è rimasta sola, in tutte le tappe dello sviluppo fetale: un corpo non pensato nel corpo materno modificatosi per accoglierla e tenerla, non protetto e non minacciato, non stimolato. Ha ascoltato la voce della madre, ha subito tutte le sollecitazioni stressanti vissute dalla madre in questi otto mesi; mai spiata da una ecografia, dalla spasmodica ricerca medica del suo stato di salute e della sua identità sessuale. Non era pensata, non era attesa, non c’era. Forse avrà scalciato per farsi sentire, forse avrà dormito, in attesa di sentire qualcuno che la cercasse, forse si sarà sentita una prigioniera.
Qualcosa è cambiato quando il dolore, la cistite, non è stato più sopportato. In realtà il dolore era l’utero che si contraeva, mentre le membrane che avvolgevano Laura erano pronte a rompersi. Forse provocava dolore Laura stessa che spingeva per uscire: si faceva sentire, desiderava nascere. Così il dolore è diventato un problema nuovo, una diagnosi da verificare, si è attivata la ricerca di una terapia diversa, urgente, in Pronto Soccorso. Occhi nuovi hanno visto. Ecco Laura imprevista, uscita dal non-essere, liberata da un contenitore ormai troppo stretto e claustrofobico, desiderosa di vivere. Il parto cesareo l’ha messa al mondo, le ha evitato danni fisici, ha attivato una interazione diversa con il corpo materno: una interazione vissuta da ambedue. E’ nato un rapporto mentale, affettivo. Fatti simili a quello di Laura e della madre, otto mesi di rapporto non vissuto, si trovano alcune volte nel raccogliere la storia di giovani psicotici, le cui madri, pur consapevoli della loro gravidanza, erano chiuse nel loro mondo, non potevano fare spazio alla creatura nascente: non hanno dialogato, non hanno vissuto il loro rapporto, hanno sentito lontano o addirittura estraneo il figlio nel corpo. Questo atteggiamento viene spesso riconosciuto in donne alle prese con gravi forme di depressione o chiuse in un mondo con le caratteristiche delle psicosi.
Sono tanti gli studi che sottolineano l’importanza del dialogo precoce madre-bambino e che lo correlano alla costruzione di un ambiente accogliente e vitalizzante al momento della nascita. Da qui l’augurio che sia pure in ritardo di otto mesi, Manuela costruisca una solida intesa per fare crescere Laura.