Valerio Bispuri, definito in un articolo di Repubblica “fotografo dell’umanità nascosta” , ha pubblicato un libro, “Dimenticati”, parlando del calo di attenzione che oggi investe il tema della malattia mentale: calo che rischia di compromettere quanto acquisito con la riforma cd. Basaglia.
Certo ciò non riguarda soltanto la sofferenza mentale: la spinta etica che ci porta a considerare con partecipazione gli angoli oscuri della nostra realtà culturale e sociale conosce momenti di intensificazione seguiti da stanchezza e calo di interesse.
Parecchi anni fa un autore russo che cito inesattamente a memoria (Kropotkin?) parlava così della fame che tormentava popolazioni parte dell’impero zarista, e dei soccorsi alimentari che si imponevano: “Le refezioni! Le refezioni! Come tutto ciò è ripetitivo, e stancante alla fine! Ma questa gente sta ancora male; non smette di aver fame”. Continua il bisogno, cala l’interesse generale.
Capita a tanti gruppi umani e a tante topiche. Ai poveri, ai barboni; ai pazienti incurabili; alle vittime di repressioni politiche o razzistiche; alle tragedia di una guerra e ai suoi reduci; alle piaghe del terzo mondo e connessa spinta migratoria coinvolgente anche bambini e madri; ai drammi da epidemie e pandemie; ai cacciati dalla loro terra come gli italiani dell’Istria; ai misteri irrisolti. Tutte queste cose conoscono fiammate di interesse cui segue l’oblio.
I meccanismi che conducono a ciò hanno tante sfaccettature: la negazione di ciò che ci fa soffrire o è comunque scomodo; la connessa esigenza di far quadrare i conti, oscurando ciò che li compromette; il convincimento della impossibilità del cambiamento, con i connessi – e più o meno negati – vissuti di personale insufficienza; la difesa dall’angoscia che nasce dal conseguente potenziale colpevolizzante e – o depressivo; l’esigenza di far posto mentale ad altre preoccupazioni, vissute alternativamente (giustificatamente?) come più stringenti.
Il problema dei migranti e quello della sofferenza mentale hanno dinamiche in qualche modo simili: diffidenza e timore del diverso o presunto tale, connessi alla difesa identitaria di una differenza immaginata o enfatizzata. Essa può consentire di sentire il problema come estraneo, non concernente il me; quando ci si impone, come nell’attuale intensificarsi dei flussi migratori o in occasione di qualche reato commesso da paziente mentale, sentiamo ciò come indebita intrusione che compromette il nostro benessere materiale e – o emotivo, e la risposta è un rifiuto aggressivo: esplicito quanto ai migranti, di solito sotto traccia verso il sofferente mentale.
E’ parte del nostro compito di cittadini e di tecnici il tener viva una consapevole attenzione nella collettività.
Purtroppo è così ed è per questo che i genitori hanno timore anche di morire, come per me e mio marito ,non per noi, ma per il figlio schizofrenico che senza il nostro attivo interessamento presso le strutture che lo hanno in carico e presso le residenzialità che lo ospitano saltuariamente vengano dimenticati ed abbandonati! Dobbiamo pensare durante NOI al DOPO DI NOI che ora dovrebbe essere di diritto e personalizzato per tutti i pazienti psichiatrici con disabilità 100% articolo 3 Comma 3, ma non è facile riuscire in questo.