Commento all’articolo “Alla mia porta” apparso su La Stampa, il 09/06/2023
E’ sempre rischioso fare commenti definitivi su questioni complesse e delicatissime, quando non si è in grado o non si ha la possibilità di fare una valutazione competente attraverso una osservazione diretta.
Alle volte, pur disponendo degli strumenti e della conoscenza diretta dei fatti rimangono perplessità importanti. Sul tema in generale è giusto aprire un dibattito, personalmente me ne sono occupato collaborando ad un lavoro uscito in Spagna e che è in via di pubblicazione in Italia con il titolo: “ Il maltrattamento istituzionale Storie per non dormire”.
In questo lavoro, si esaminano in contesti diversi (Spagna, Stati Uniti, Messico, Italia) le pratiche buone e meno buone relative ai sistemi sociosanitari e giudiziari relative agli affidamenti dei minori e alle loro famiglie di origine. Lungi da me quindi sottovalutare il problema a cui i media hanno dedicato attenzione. Tuttavia, parlando del caso specifico di Bibbiano, vorrei fare alcune considerazioni. Quando scoppiò il caso, con il clamore e l’attenzione della politica, iniziai con una provocazione la prima lezione del mio corso di neuropsichiatria infantile al master universitario per gli insegnanti di sostegno: “oggi parliamo di Bibbiano”.
Il mio parlare di Bibbiano si riferiva non tanto ai contenuti, che ovviamente non potevo valutare, ma a come si parlava del problema, in particolare accusando servizi e professionisti di avere utilizzato l’elettroshock per condizionare dei bambini. Purtroppo per noi psichiatri di vecchia data , l’elettroschock rappresenta il simbolo di una psichiatria che abbiamo conosciuto direttamente e che abbiamo combattuto.
Chi come me ha condiviso l’esperienza dei bambini ricoverati al manicomio di Cogoleto ha presente il risultato tremendo delle cure praticate ai bambini, con o senza elettroschock.
Sentire quindi dei ministri, di opposte tendenze, utilizzare (ieri, ma ancora oggi nei telegiornali) in maniera del tutto arbitraria e incompetente, per fini di bottega, un argomento così serio e devastante, mi aveva spinto a provocare una discussione con un atteggiamento che, in quel momento , appariva contro corrente.
Alla luce della sentenza di oggi e, non disponendo nemmeno ora della possibilità di una valutazione diretta, posso solamente riferirmi a quanto espresso da professionisti che stimo per onestà e competenza, come Luigi Cancrini e Mauro Mariotti, psichiatri, psicoterapeuti e terapeuti familiari, che si sono occupati del caso direttamente in ambito peritale. Entrambi hanno espresso pareri a favore della buona pratica di Foti. In particolare Mariotti riferisce di avere effettuato una microanalisi di tutte le sedute videoregistrate delle sedute con i bambini consegnate da Foti senza che siano risultati elementi criticabili dal punto di vista della correttezza professionale.
Il tema naturalmente, come sottolinea Cancrini, riguarda più in generale la psicoterapia e le modalità di utilizzo della psicoterapia. In questo senso è giusto che si allarghi il dibattito sul merito e che, chi ne ha le competenze, anche a livello di società scientifiche, si faccia carico di una riflessione che possa aiutarci a raggiungere la certezza, anche da un punto di vista tecnico, che nessun abuso è stato commesso.
Ma allo stesso tempo nessuno taccia sull’incompetenza e la mala fede di quei politici e, in qualche caso, giornalisti, che ritengono di poter influenzare l’opinione pubblica solo perché hanno il previlegio di disporre degli strumenti di comunicazione.
Completamente d’accordo, si è detto tanto e spesso male su un argomento delicato da parte di chi non solo non ha visionato nel dettaglio il materiale, ma che non ho neanche le competenze tecniche per poter giudicare. Ci si lamenta molto della medicina difensiva, purtroppo dobbiamo constatare che a volte i professionisti della salute devono effettivamente prendere tutte le precauzioni per difendersi da attacchi spesso strumentali, anche sacrificando il benessere dei pazienti