Vaso di Pandora

Il Tai Chi Chuan e la riabilitazione psichiatrica

T’ai Chi Ch’Uan significa letteralmente “Boxe della suprema Polarità” ed indica che è un’arte marziale basata sulle leggi che regolano l’interazione e l’alternarsi di quelli che sono, secondo il pensiero cinese, i due principi base o poli dell’universo: Yin, il principio negativo, femminile e Yang, il principio positivo, maschile.

Ma il Tai Chi Chuan è molto di più di una raffinata arte marziale di autodifesa i cui principi sono in perfetta armonia con le leggi naturali: esso puo’ venire infatti anche praticato come una ginnastica morbida particolarmente indicata per la salute psicofisica dell’individuo e come una forma di meditazione in movimento.

Nell’ottica d’incentivare le possibilità riabilitative in campo psichiatrico, il team di operatori della Struttura Residenziale Psichiatrica per interventi socio-riabilitativi di Diano Marina “Il Cicalotto” ha deciso d’intraprendere una serie di lezioni di Tai Chi, al fine di migliorare le capacità motorie e mentali degli ospiti, che all’inizio sembravano molto restii ad adattarsi a questa specie di ginnastica dolce, ma successivamente un gruppo di loro di circa dieci persona ha mostrato interesse all’iniziativa frequentando le lezioni settimanali e cercando di apprendere gli elementi di base, non senza qualche difficoltà.

Quello che si richiede durante le lezioni, non è una semplice riproduzione delle posizioni del Tai Chi che sono numerose, ma l’adesione ad una partecipazione attiva che si propone di sciogliere le articolazioni e di armonizzare la muscolatura per un più agevole modo di essere nella realtà.

Realtà che come tutti gli operatori psichiatrici sanno è spesso condizionata dall’azione dei farmaci che mentre eliminano i sintomi psicotici al tempo stesso possono indurre un certo grado d’impaccio motorio a cui non è facile abituarsi.

I principi base di questa disciplina possono essere di aiuto al principiante che si avvicina con curiosità ad un diverso modo di stare con il proprio corpo migliorando la postura e lasciando meglio fluire l’energia vitale che abita in ogni persona, pur non avendone spesso consapevolezza.

Nel corso di questa esperienza, sia pure ai primi passi, si è potuto notare l’incapacità quasi totale dei pazienti a respirare correttamente e soprattutto coloro che soffrono di disturbi respiratori, spesso aggravati dall’abuso di fumo (molto comune tra i pazienti psichiatrici) hanno riscontrato la loro difficoltà nell’esecuzione di una corretta respirazione si sono dimostrati molto interessati.

La caratteristica delle posizioni del Tai Chi è quella di aiutare chi lo pratica a prendere consapevolezza del proprio corpo cimentandosi, ognuno secondo le proprie capacità, in movimenti lenti di rotazione, flessione ed estensione abbinati alla respirazione sia addominale che toracica al fine di trovare un equilibrio psicofisico che potrebbe anche consentire la riduzione del supporto farmacologico, che troppo spesso condiziona la vita quotidiana di molti pazienti sia nel campo motorio che cognitivo.

Yin e Yang questi  principi fondamentali dell’universo secondo la filosofia cinese , sono la rappresentazione del negativo e positivo, dell’oscurità e della luce, dell’interno e dell’esterno, del freddo e del caldo, del vuoto e del pieno, della quiete e del movimento, rappresentazioni che si manifestano attraverso i movimenti armonici del Tai Chi e che possono anche essere assimilati ai tanti stati d’animo dell’uomo quando parla del vuoto interno, della paura dell’esterno, dello stato di quiete e di agitazione, del caldo e del freddo (interiore) del sentirsi pesante o leggero.

In conclusione possiamo ritenere che qualsiasi cosa appartenente all’approfondimento della conoscenza umana, sia essa proveniente da est o da ovest, sia in grado di contribuire sensibilmente al cambiamento, che nell’ambito della riabilitazione psichiatrica deve essere senza alcun dubbio prioritario.

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Commenti su "Il Tai Chi Chuan e la riabilitazione psichiatrica"

  1. Proposta interessante, anche perchè trova un riferimento teorico nel Tao Te Ching, opera a quanto pare collocabile nel V – VI secolo A.C., contemporanea o quasi di Confucio e di Budda: momento quello di particolare fecondità culturale nel pur variegato e vastissimo mondo orientale. Ci si deve interrogare sui possibili influssi e apporti reciproci di queste scuole di pensiero: e, nel caso del Tao – Te- Ching, se vada attribuito a una persona storica chiamata Lao Tse, o invece ad apporti pluripersonali.
    In ogni caso, il messaggio di quest’opera è tuttora molto vivo: ci insegna, o ci ricorda, verità che il nostro (pur prezioso) approccio oggettivante, congiunto ad attivismo tecnologico, aveva lasciato in penombra:

    “L’Uomo Reale permane nel non agire; insegna senza parlare; dirige senza comandare; dà forma (alle realtà) senza impadronirsene; compie senza mostrarsi; senza sapere e senza desideri guida i diecimila esseri” (è legittimo chiedersi se Bion avesse in mente ciò quando invitava a un pensiero non condizionato da memoria e desiderio).
    Centrale il ruolo del principio femminile, nella sua capacità ricettiva.
    Mi pare che tutto ciò dica molto sull’atteggiamento terapeutico da noi attualmente condiviso, che privilegia l’accoglienza piuttosto che una lotta accanita c.ontro il sintomo

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