Riflessioni nate dopo la lettura del libro di Mario Calabresi, Ed. Mondadori, 2023
Nata da un matrimonio “misto”, padre ebreo e madre ebrea convertita (scandalo!).
Famiglia fortunata la mia, nessun deportato, nessun morto in un lager, ma “solo” un padre cacciato dal Liceo Visconti di Roma (leggi razziali) ed una madre nascosta in un convento di suore.
Di Shoah in famiglia non si è mai parlato, alle mie domande sempre risposte evasive, non c’era passato nella mia famiglia.
Proprio per questo il libro di Mario Calabresi mi ha molto colpito, ha provocato in me un po’ di invidia.
Sì, invidia per quel bambino che con l’aiuto di sua nonna e con le proprie forze è riuscito a ricostruire le sue radici.
Penso che la storia di una persona sia fortemente legata alle proprie radici, alla memoria di esse.
Siano esse dolorose, faticose o felici, sono insite nel nostro DNA.
Non conoscerle piò provocare un’assenza, un buco nero che, penso, ti segnerà per sempre.
Come vivere una vita a metà.
“Sarò la tua memoria” è un libro semplice ma molto intenso, che dovrebbe essere proposto ai giovani a partire dalle scuole elementari per stimolare la loro curiosità, per far capire che la propria memoria viene da lontano e che senza di essa sarà difficile capire a fondo se stessi.
Questo SEMPRE, indipendentemente dal periodo storico.
Queste riflessioni forniscono un esempio di quanto può essere importante, come misura preventiva rispetto all’insorgenza della patologia mentale, “far parlare” i nonni con i nipoti.
Mario Calabresi, in un’intervista radiofonica, aveva raccontato di non essere mai riuscito a parlare della morte e della figura del padre con la propria madre, che, viceversa i suoi figli erano riusciti a farlo con la nonna e che, poi, glielo avevano raccontato a lui!
Mio figlio di e’ ammalato proprio quando si è ammalata gravemente per un tumore al colon mia madre quindi sua nonna che dopo un anno dall’intervento è morta! E’ una coincidenza certamente ma mi fa pensare. Un’adolescenza difficile, il fratello che si fidanza e va a lavorare, la madre che soffre per la malattia terminale della madre e lui che si sente fragile, va male a scuola, si fa qualche Spinello, qualche bevuta e si ammala, si sente minacciato e si chiude in se stesso quasi catatonico e poi improvvisamente esplode in una rabbia incontrollabile dopo la morte della nonna!
Il breve, intenso, resoconto di Simona Coen mi fa pensare alla forza che l’opera di ristoricizzazione dei nostri pazienti è fortemente collegata ai nostri ricordi.
Per questo motivo ho proposto un gruppo intercomunitario che prenderà il via la prossima settimana e che si chiama “Il cantastorie”.
Nell’ambito del progetto residenza d’artista ho conosciuto un cantautore, Archetti Maestri che metterà in musiche le nostre storie e quelle dei nostri pazienti. Vedremo…