Venerdì 3 febbraio 2023, Massimo Marà avrebbe compiuto 90 anni.
In questa occasione, si è tenuta una manifestazione di ricordo per questo “Don Chisciotte della terra”, come qualcuno lo ha definito, paragonandolo a Salvatore Todaro, “Don Chisciotte del mare”, comandante italiano di un sommergibile che, durante la seconda Guerra Mondiale, contravvenendo a tutti gli ordini, trasse in salvo i marinai della nave cha aveva appena fatto affondare.
MM, responsabile di un padiglione del S. Maria della Pietà, OP di Roma, che aveva già “aperto”, nel senso che i pazienti avevano cominciato ad “uscire” e, purtroppo, a rientrarvi, nel 1980 occupò, insieme ai suoi pazienti e al personale del reparto, due case popolari che sarebbero state lasciate dai regolari assegnatari, prima che fossero rioccupate da altri. Con il beneplacito delle amministrazioni competenti. Il tutto avvenne in una delle periferie di Roma più difficili.
In questa forma rocambolesca, fu aperta la prima CT pubblica a Roma. Nello stesso anno, la prima CT privata dell’area romana, la Maieusis, aprì i suoi battenti, anche per la sua ispirazione.
MM è stato un precursore, un sognatore, uno di quelli che ha provato ad aprire un sentiero con la speranza che divenisse una strada. Ci sono voluti altri 15 anni per aprire la seconda CT a Roma, per cominciare a capire che i pazienti psicotici non si potevano curare come i nevrotici.
MM provò ad esplorare due grandi contraddizioni:
1) è possibile che si incontrino la Psichiatria e la Psicoanalisi? In modo che anche allo star male dei “matti” si possa riuscire a dare un senso?
2) senza dimenticare che “ogni uomo può essere un manicomio” (MM) cioè, che l’idea del manicomio sopravvive, sia in teoria che in pratica e bisogna farci i conti, tanto che è vero che l’OP pubblico è stato chiuso a Roma, ma in questi 45 anni ne è sopravvissuto uno privato-diffuso, costituito dagli 800 posti letto delle Cliniche Psichiatriche private convenzionate che, tutt’ora, a Roma svolgono una funzione fondamentale per l’assistenza psichiatrica. Tutto ciò’ è parso ancora più chiaro dopo l’apertura di un Gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare in una clinica psichiatrica romana.
Per non parlare delle Rems del Lazio: manicomi sotto mentite spoglie in cui ci vuole un anno e mezzo di attesa per entrare, perché essendo reparti non collegati ai Servizi Territoriali e, perciò, manicomi, da essi non si esce.
Ritengo urgente tenere aperte queste due questioni, entrambe fondamentali per lo sviluppo di una psichiatria diversa da quella attuale nella capitale d’Italia.
Oltre le case di cura Romane ci sono anche alcune fuori Roma e comunque nel Lazio, ma non prevedono un collegamento con il CSM del territorio inviante? Non prevedono una progettualità di integrazione fuori dal territorio? Curare in un territorio diverso e poi? Molti casi già complessi si complicano ancor di più.
Di Massimo Mara’ voglio ricordare, oltre alle doverose e puntuali memorie tracciate da Andrea Narracci, la sua umiltà. Ricordo ad una discussione pubblica un suo intervento in cui riconosceva il grande errore compiuto nel separare forzatamente i pazienti dai loro genitori nella speranza di ricostruire nel transfert un ambiente più sano. Non aveva visto ancora che le interdipendenze patologiche restano attive anche in ambienti più favorevoli e che l’unica strada possibile è quella di cercare di modificarle lavorando sulla reciprocità del legame, quindi includendo il più possibile i familiari nella cura. La sua scoperta della psicoanalisi multifamiliare fu folgorante. Peccato che non ha avuto abbastanza tempo. Avrebbe dato ulteriori grandi stimoli e visioni. Grazie Massimo, un maestro umano, gentile e coraggioso.