Un gruppo di neuroscienziati operanti presso il Massachusetts Institute of Technology ha effettuato un approfondito studio psicologico prendendo in esame 25 poliglotti (di cui 16 conoscitori di oltre 10 lingue e uno capace di parlare oltre 50 lingue differenti).
Scopo dello studio, pubblicato su biorXiv, è stato quello di verificare il lavoro del cervello rispetto all’ascolto di varie lingue, con particolare riferimento alla differenza tra l’ascolto della lingua madre e di altre lingue apprese successivamente.
Dall’indagine è emerso che il cervello dei partecipanti faticava meno con la lingua natia, lavorando praticamente quasi in automatico.
La prova di ascolto
L’esperimento è stato realizzato facendo ascoltare ai partecipanti dei brani estratti da Alice in Wonderland e dalla Bibbia, alcuni dei quali nella loro lingua madre, altri in lingue da loro conosciute e altri ancora in lingue non conosciute ma simili al loro idioma natio. Attraverso la risonanza magnetica funzionale si è potuto osservare il funzionamento del cervello dei presenti durante le sessioni di ascolto.
In generale, le aree cerebrali coinvolte si attivavano in maniera più definita durante l’ascolto di lingue conosciute o familiari. Al contatto con la lingua madre è stato riscontrato un minor impiego (in termini di fatica) delle risorse cerebrali connesse al campo linguistico.
In conclusione il team di scienziati ha potuto constatare che, seppur i meccanismi di attivazione fossero simili, la gestione delle lingue da parte del cervello funzionava in maniera differente. Scavare nel profondo di questi meccanismi potrebbe risultare parecchio utile nei casi in cui determinati pazienti si ritrovino ad affrontare delle problematiche di perdita del linguaggio a causa di incidenti o patologie.