Il 68,5% dei medici che lavorano in ospedale dichiara di essere “molto stressato”. È quanto emerso da un’indagine effettuata dal sindacato dei medici Cimo che ha portato sotto i riflettori un tema all’ordine del giorno: le drammatiche condizioni in cui operano i medici in tutta Italia, ma non solo.
Si tratta di condizioni che, inevitabilmente, influiscono sul benessere psicofisico portando molti operatori del settore a vivere in maniera negativa il proprio mestiere impattando così anche sul proprio lavoro. L’allarme, in tal senso, è stato lanciato anche dal sindacato che ha ora intenzione di tutelare offrendo a tutti gli iscritti all’ordine dei medici un servizio di consulenza gratuita.
“Il sindacato Cimo – ha spiegato in una nota il presidente dello stesso, Guido Quici – da sempre tenta di intervenire sul fronte contrattuale e normativo per risolvere le cause di tali disagi e migliorare le condizioni di lavoro. Ma, tenendo anche in considerazione gli effetti dell’emergenza Covid-19, abbiamo ritenuto essenziale affiancare alle tradizionali attività sindacali un servizio di sostegno psicologico, grazie alla collaborazione della società scientifica S.p.e.m.e della dottoressa Clelia Marano, che si prenderà cura della salute mentale degli iscritti organizzando degli incontri individuali e collettivi, sia in presenza che online, con coloro che vorranno dedicare del tempo al proprio benessere psicologico – ha sottolineato.
I medici, attualmente, sono abituati a lavorare sotto pressione, fattore che però non deve giustificare il fatto di poter operare sempre in queste condizioni. “Dal momento in cui pronunciamo il Giuramento di Ippocrate – ha proseguito il presidente – i medici sono consapevoli dell’enorme responsabilità che si assumono, sanno che la posta in gioco è la salute, e spesso la vita stessa, di una persona” – ha specificato ancora sottolineando che proprio per questa ragione “dovrebbero essere messi nelle condizioni migliori per lavorare”.
“Invece – ha detto infine – gli ospedali italiani versano in un disordine organizzativo tale per cui sarebbe impossibile e pericoloso svolgere qualsiasi professione, figuriamoci quella medica. Alla pressione intrinseca del lavoro, allora, si aggiungono disagi e disservizi che non fanno che aumentare esponenzialmente lo stress dei medici” – ha concluso.