Vaso di Pandora

La racchetta di Freud

“È questa la cosa strana dei punti e dei game nel tennis: lì per lì possono lasciare a bocca aperta, ma poi – a parte i video, che comunque raccontano la storia solo in parte – il momento è effimero. Sono come poesie scritte sull’acqua.”

                                                   John McEnroe


Nel libro l’autore, psichiatra psicoanalista e tennista agonista, usa alcuni strumenti della psicoanalisi per comprendere cosa avviene in un campo da tennis scritto e segnato dalle impronte di un incontro.

Forse non sarà molto evidente nei campi in cemento o in erba, ma se si osserva un campo in terra battuta dopo che è stato “giocato”, si potrà apprezzare una fotografia sintetica, apparentemente confusa, ma sempre diversa, delle impronte psicofisiche che lo hanno attraversato, sovrapponendosi, da una parte e dall’altra della rete.

Strisciate, pressioni diversificate, accumuli di terra sulle righe, segni della pallina e dei piedi prevalenti in alcune zone del campo da gioco testimoniano non solo che vi è stato un incontro, ma anche le sue caratteristiche, la sua intensità e la sua complessità. Il passaggio della coperta, ripulendo per così dire il setting, consente  l’inizio di un altro incontro.

Dritti, rovesci, volée, smorzate, ecc. diventano allora simboli coreografici universali di cui ogni giocatore si impossessa ed esprime creativamente. Stili  e personalità si incontrano sul campo per svilupparsi, completarsi  (si comprenderà bene la commozione  di Nadal per il ritiro di Federer o il senso di vuoto di McEnroe per l’abbandono dalle competizioni di Borg) e conoscersi (come accaduto ad Agassi con la moglie Steffi Graf).

Il tennis così interpretato diventa una forma di meditazione dinamica dove non solo il gesto tecnico (per esempio il servizio con le sue differenti modalità di esecuzione), ma anche le attrezzature (racchetta, pallina, corde, ecc.) e lo stesso setting (campo da gioco con le sue righe e regole) diventano simboli che prendono vita e si animano durante l’incontro.

Sia che l’incontro avvenga tra avversari o che preveda un compagno (come in doppio) o che sia un allenamento o una lezione individuale o di gruppo, rappresenta sempre occasione di transfert verticali e orizzontali: il passaggio reciproco cioè di  diverse emozioni: grinta, paura, entusiasmo, coraggio, incoscienza, fiducia, sicurezza insicurezza, ecc.

Il maestro , coach, capitano è quindi un educatore, formatore e punto di riferimento a tutti gli effetti che trasmette il suo modo di essere, i suoi valori attraverso il gesto tecnico e il modello tattico ancor prima che con le parole.

Questi ha una grossa responsabilità: fare scoprire al proprio allievo il tennista che c’è dentro di sé, aprirgli la porta all’archetipo dell’atleta, che così come ogni eroe diventa capace di imprese incredibili, di recuperi insperati e colpi d’autore.


Saranno questi i motivi per cui il tennis allunga la vita?

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