La pandemia mette pesantemente in crisi le nostre capacità di rapporto: siamo costretti a evitarci fisicamente.
Questa situazione mi ha fatto ricordare Garcia Marquez, che ci presenta una risposta radicalmente opposta: il titolo “L’amore al tempo del colera” a noi oggi appare paradossale in un momento in cui ogni forma di avvicinamento è messa in crisi dalla pandemia, con la debita importante eccezione della vita sessuale di coppie già strutturate e conviventi, che magari ne verrà ravvivata: qualcuno si spinge a prevedere un “baby boom” .
Ma in quel romanzo la cosa è diversa: i due partner, dopo essersi vagheggiati a distanza per decenni, realizzano finalmente il proprio primissimo incontro fisico proprio nel “tempo del colera”, e forse l’Autore ha scelto il titolo per sottolineare una certa paradossalità della vicenda. Ci parla così di un mondo in cui anche un evento grave come l’epidemia non interrompeva i ravvicinamenti poiché tanto l’immunità non era affatto garantita, come pensiamo e vogliamo sia oggi garantita per noi, un mondo dove la morte era un evento possibile, da mettere in conto: noi invece vorremmo annullarla, ma riusciamo solo a procrastinarla. Nell’800 si scriveva: “Che più ti resta? Infrangere – pur alla morte il telo…”. Timore della morte, ineliminabile perché per ognuno di noi è inconcepibile “non esserci più”, non esistere. Quindi, certo, la morte è stata sempre temuta, ma un tempo si era più consapevoli della sua ineluttabilità: forse anche perché erano più vive tante speranze di immortalità, dal paradiso (e fosse pure l’inferno!) alla metempsicosi.
La crisi dell’immunità ci spaventa: è come si fosse rotto il muro che ci proteggeva dal nocivo e dall’ignoto e ci consentiva una libertà di movimento pur condizionata e circoscritta. E cerchiamo con affanno di recuperare la perduta onnipotenza. Sono divenuti necessari controlli ossessivi, norme rigide, tracciabilità degli eventi e perfino, in alcuni paesi o in certi momenti, degli spostamenti individuali. L’accresciuto conseguente ruolo di una normatività burocratica ricorda, in qualche modo e pur in diversa dimensione, quello verificatosi in URSS soprattutto per difendersi dall’accerchiamento capitalistico.
Ricordare il mondo descritto da Garcia Marquez non significa, è evidente, auspicare il ritorno a una società non protetta, ma aiuta a meglio renderci conto che il nostro arroccarci, pur necessario e doveroso anche come protezione dei più deboli, ha un prezzo. Inoltre comporta un rischio: la rinuncia ad alcuni diritti e la centralizzazione dei poteri decisionali possono divenire un precedente. E l’esigenza tecnicamente più che giustificata di difenderci da occasioni di contagio appare, per caso o non per caso, come l’esasperazione di quel paranoico timore dell’altro, del diverso, che già negli anni scorsi si era fatto spazio nel nostro immaginario individuale e politico. La chiusura delle frontiere si è, “finalmente” e incontestabilmente, realizzata. Ciò, perché la globalizzazione, inevitabile ma da sempre temuta, mostrando col COVID una sua faccia sinistra ha alimentato i timori e incentivato la risposta difensiva. Anche sul piano dei rapporti individuali, la pandemia ha messo alla prova la nostra capacità di solidarietà, non sempre con esiti positivi.
Ancora una parola sul ricorso sempre più ampio a collegamenti digitali, aspetto non secondario: tendenza già in atto da tempo ma che oggi mostra una brusca accelerazione. E’ strumento certamente prezioso ma che, in qualche modo, potrebbe esporci allo sguardo dei padroni della rete. E tende a sostituirsi al contatto personale non mediato, oggi per necessità: ma è tendenza destinata a protrarsi al di là della necessità? Donatella De Cesare considera la sorveglianza della rete una versione ultima del panopticum di Bentham, che fra l’altro è stato il modello del primo vero manicomio di Genova: edificio circolare strutturato in modo da consentire il massimo di sorveglianza col minimo sforzo. Forse esagera? Speriamo.
Grazie di aver introdotto questa prospettiva !Penso anch’io che sia molto importante riflettere su come l’attuale straordinaria contingenza ci riduca in spazi limitati anche della mente: paranoie, rituali ossessivi…Ma soprattutto controllo. Si potrebbe chissà perdere quella poca riservatezza (privacy) a cui ancora teniamo ed entrare nell’ultima versione del panopticum ?