I recenti fatti di Amsterdam sono il segno che le cose non vanno bene, nel senso che “stiamo passando con troppa facilità all’atto”, che non riusciamo più a fermarci a pensare, prima di agire e generare violenza dilagante.
Così come non va bene quello che è successo quattro volte in un mese a Napoli: un giovane è stato ucciso. L’ultimo, a detta dell’assassino, per avere, egli, maneggiato incautamente una pistola “trovata sotto una macchina”.
Ma il punto non è più, soltanto, chi fa le cose per primo o come: io penso che le due guerre che incombono su di noi stiano modificando, senza che ce ne rendiamo conto, i termini della convivenza tra le persone.
La logica della prevaricazione spinta alle sue massime conseguenze che esse esprimono, mina dall’interno le nostre coscienze: a questo punto, se si viene offesi, si reagisce con la forza.
Le possibili cause della violenza dilagante
D’altronde conviviamo con due situazioni insopportabili.
- da una parte c’è un popolo che ha accettato di essere martorizzato, gli Ucraini, perché riuscire a fare guerra alla Russia, nonostante la sproporzione di forze in campo, avrebbe potuto mettere in difficoltà la Russia stessa; fatto di cui avrebbero potuto trarre vantaggio tutti i paesi aderenti alla Nato; nella realtà, al di là delle ipotesi, si sta verificando quello che qualcuno aveva segnalato, fin dall’inizio, come il destino più probabile: la vittoria dei Russi.;
- dall’altra, assistiamo da un anno e mezzo, dopo l’abominevole aggressione del 7 ottobre, da parte di Hamas, ad una guerra di ritorsione, da parte degli israeliani, che è difficile definire con questo nome: da una parte ci sono i carro-armati israeliani, dall’altro le case, gli ospedali e tutto il resto di Gaza, in cui i cittadini sono stati chiamati-costretti a fare da scudo umano ai terroristi di Hamas; con il risultato che Gaza, dove vivevano tre milioni di persone, è stata rasa al suolo e il Parlamento israeliano ha decretato di non riconoscere più le Forze delle Nazioni Unite presenti nel territorio israeliano e arabo; ora, poi, gli israeliani attaccano anche il Libano, dove hanno superato le 3000 vittime mentre a Gaza si stima che i morti civili siano quasi 50.000, di cui i l 44% bambini.
Vogliamo seguitare a pensare che tutto ciò non pesi sulle nostre teste, nonostante ad ogni telegiornale siamo informati, in dettaglio, dell’evoluzione del numero dei morti ammazzati.
L’uso della forza per risolvere le controversie
Io penso che tutto ciò si faccia sentire nel senso che, se è possibile utilizzare la violenza dilagante in maniera così conclamata per risolvere le controversie da parte di paesi che si definiscono di “democrazia liberale”, per quale motivo le persone non dovrebbero sentirsi autorizzate a fare altrettanto?
Per quale motivo, se in un paese la magistratura rinvia a giudizio quattro finanzieri e due operatori della Guardia Costiera, un Ministro della Repubblica rilascia una dichiarazione in cui si chiede come sia possibile rinviare a giudizio gente che rischia la vita per difendere i confini del suo paese? Come se fossero intoccabili?
Quando, negli stessi giorni, è venuto fuori che sono accusati di un assassinio, che ha colpito un sindaco, quattordici anni fa, e del successivo depistaggio delle indagini, quattro persone tra cui due carabinieri, di cui uno alto in grado?
Come a dire che le persone buone non stanno tutte dalla stessa parte e tutte quella cattive da un’altra: che ci possono essere brave persone e pessime persone da una parte e dall’altra. Che la possibilità di destreggiarsi per capire quello che sta accadendo non è poi così semplice. Che si possono prendere clamorosi abbagli e che l’unica garanzia ,in una situazione composita come questa, è di mantenere la divisione dei poteri all’interno di una democrazia e battersi strenuamente perché questa divisione sussista.
La distinzione tra i diversi poteri
In questo paese, come nel resto del mondo, ci sono forze che cercano di mantenere la distinzione tra i poteri diversi, mentre ci sono delle forze che tendono a trasformare la situazione in modo che ci siano delle intromissioni sistematiche da parte dei rappresentanti di uno dei poteri nei confronti dei rappresentanti di quello di un altro.
Si tratta di decidere da che parte stare: in primo luogo, per quel che riguarda la gestione della divisione dei poteri: da un lato ci sono quelli che pensano che vadano tenuti separati, dall’altra quelli che pensano che possono essere confusi.
Nel primo caso, io penso che ci siano più possibilità di difendere la sussistenza della democrazia, nella seconda posizione mi sembra più difficile che ciò avvenga.