Il cosiddetto role playing, o gioco di ruolo in italiano, consiste nel richiedere a una o più persone di assumere, per un periodo di tempo limitato, un ruolo specifico. Immaginiamo di poter parlare per conto di qualcun altro, o di essere noi stessi ma intenti in una nuova modalità comunicativa. Il gioco di ruolo ci dà modo di immedesimarci nel nostro partner, impegnato o impegnata in una discussione con noi. O in qualunque altro personaggio, a seconda della vicenda fornita. Questi sono solo alcuni degli scopi che questa tecnica, proveniente dal mondo del gioco e dell’intrattenimento, può realizzare. Se utilizzata a dovere in terapia, nel corso una relazione terapeutica rassicurante e protettiva, si avrà la possibilità di esplorare la propria mente, oltre a quella dell’altro, comprendere i propri schemi e afferrare il ciclo interpersonale che ne deriva. Possiamo, di fatto, osservarci dall’esterno e vedere quel che gli altri vedono, quando si relazionano con noi.
Introduzione al role playing
Il role playing è uno strumento di larga applicazione in contesti che possono variare. Dalla psicoterapia individuale, a quella di coppia, fino all’intervento in setting di gruppo e alla formazione psicosociale. La tecnica consiste nel richiedere a una singola persona, o più, di assumere, per un determinato periodo di tempo, tipicamente breve, un ruolo specifico. Tutto dipenderà da un canovaccio, precedentemente stabilito. Utilizziamo questi termini perché, proprio come in una rappresentazione teatrale, gli attori, sulla base di alcune indicazioni generali, improvviseranno una scena. Recitare una situazione, in ipotetica modalità come se, è una caratteristica del gioco infantile. Immaginiamo due bimbe che giocano: una si finge maestra e l’altra alunna. Entrambe impersonano un ruolo.
La bimba-maestra fa emergere aspetti del comportamento raccolti dalle maestre con cui ha interagito, creando una sorta di prototipo della professione. Questo si baserà, inevitabilmente, sulla rappresentazione che la piccola si è costruita nel tempo. Tale cornice sarà fatta di pezzi di interazioni reali ma anche di aspetti di storia personale, dunque dell’idea che la piccola avrà di una maestra, sulla base di come le docenti si comportano con lei. Lo stesso sarà valido per l’altra bimba, quella che fa l’alunna ed è chiamata a un ruolo più semplice, perché deve, di fatto, rappresentare sé stessa. Contemporaneamente, però, metterà nel personaggio anche qualcosa delle sue compagne. Un genitore, osservando il gioco e il suo svolgimento, forse scoprirebbe nuovi aspetti relativi a come la propria figlia si comporti nel contesto scolastico. Il modo di porsi e di essere potrebbe essere differente da quello di una tipica situazione casalinga.
Campi di applicazione del gioco di ruolo
Quali sono i possibili campi di applicazione del role playing? Quante funzioni svolge e quale uso se ne può fare in terapia metacognitiva interpersonale (TMI), in relazione alle diverse fasi del trattamento e ai diversi scopi? È possibile dare vita a diversi tipi di canovacci in seduta. Generalmente, sono tutti finalizzati all’incremento della consapevolezza di sé. Analogamente, si può intavolare un gioco di ruolo allo scopo di ampliare e comprendere la teoria della mente (TOM) dell’interlocutore. Inoltre, nelle fasi della terapia in cui si avvia la progettazione del cambiamento, il role playing può aiutare terapeuta e paziente nell’esplorazione, in fase iniziale. Riconoscere e far emergere le parti sane, e non intaccate dal disturbo della mente che si sta indagando, è un obiettivo raggiungibile grazie a una corretta e decisa applicazione di questo metodo.
Il role playing in terapia e le sue funzioni
Indipendentemente da quale sia lo scopo terapeutico che si desidera raggiungere, e il possibile contributo che il role playing possa fornire durante questa operazione, la tecnica si è dimostrata in grado di ricostruire gli schemi disfunzionali del paziente, incrementando la sua consapevolezza relativamente alle situazioni in cui si attivano. La messa in scena mostra la situazione da fuori, portando il paziente a realizzare che cosa gli stia capitando e come si stia comportando. In tal maniera, gli si può fornire una prima cassetta degli attrezzi per fronteggiare la sua condizione. È chiaro che, accanto al gioco di ruolo, debba poi esserci una terapia mirata. La tecnica del role playing, inserita nell’iter terapeutico, può accelerarlo e completarlo.
Il role playing ha una potenza umana e terapeutica notevole. I benefici si ottengono però soltanto se lo si utilizza con padronanza, valutando l’opportunità del suo impiego di caso in caso. Prima dell’avvio è opportuno chiedere al paziente di prepararsi e concentrarsi al massimo. Il setting dell’esercizio deve essere molto chiaro. E anche ben delimitato nello scopo, nel tempo e nelle modalità. Non con tutti i pazienti può avere lo stesso effetto. Non è neppure sempre efficace, specie le prime volte. In alcuni casi, si può riscontrare una certa difficoltà ad assumere un ruolo diverso dal proprio. Su questo, serve in effetti un po’ di esercizio. Anche per il paziente che imparerà a usare questa tecnica con il tempo. I dubbi si possono comunque fugare tramite specifici accorgimenti. Ciascun terapeuta esperto potrà valutare personalmente l’opportunità di proporre anche questa tra le varie tecniche a sua disposizione.