Commento alla notizia apparsa su La Repubblica del 27 marzo 2016
Mi è capitato alcune volte di ascoltare il racconto di mamme con figli affetti da patologie gravi, che riferivano di aver notato un cambiamento nel loro bambino dopo vaccinazione, febbri, o malattie infettive. Dicevano che il bambino prima dell’evento era in un modo, cresceva bene e non mostrava problemi, in seguito invece, il bambino sembrava diverso, chiuso nel suo mondo, distaccato, lontano, incomprensibile.
Sinceramente, pur ascoltando con empatia e partecipazione, rimanevo tuttavia scettica e soprattutto convinta che una vaccinazione o altro processo flogistico, non potesse essere la causa di una patologia dello spettro autistico o di altro ancora.
E quindi pensavo che il loro bambino non potesse essere così diverso da com’era prima, e che magari loro non avevano notato qualcosa che non andava fin dalla nascita, essendo mamme giustamente inesperte, magari al primo figlio, o anche perchè il bambino fosse troppo piccolo per riuscire a mostrare segni e sintomi della malattia. Rimango tutt’ora convinta che le vaccinazioni, di cui tanto si sente parlare tra critiche e sostegni, non possano essere causa della malattia autistica, come ormai dimostrato dalla comunità scientifica. Oggi, con la crescita personale e professionale, riesco a identificarmi meglio con le mamme, o caregivers in generale, e sono fermamente convinta che una mamma sufficientemente sana, sia in grado di accorgersi dei minimi cambiamenti del suo bambino: le mamme non hanno sempre ragione, ma tante volte ci azzeccano.
Per questo motivo, quando ascolto storie anche lontane dal mio pensiero, come appunto nel caso delle vaccinazioni e del loro legame con l’autismo, non mi sento di criticare e buttare a mare tutto quello che viene detto dai genitori. Può essere che la vaccinazione o altro processo infettivo solleciti una risposta dell’organismo che poi in qualche modo riesca a slatentizzare qualcosa che c’era già, che sarebbe forse venuto fuori in altro modo e in altro momento.
Qualcosa che comunque c’era, sin dalla nascita e forse anche prima, nella vita intrauterina, ma sino a quel momento era rimasto bloccato, per poi venire a galla e rendersi evidente. A queste mamme bisognerebbe far capire che non è stata la vaccinazione a provocare la malattia, ma presumibilmente un piccolo trauma o un processo flogistico, sia bastato per mettere in evidenza quello che già c’era, o che prima o dopo sarebbe venuto alla luce. Non è un’impresa facile, soprattutto quando si parla di autismo o patologie dello spettro autismo, che tanto affascinano e spaventano e di cui si è detto tutto e il contrario di tutto. Dalle mamme frigorifero, al legame con le vaccinazioni, per non parlare dei trattamenti proposti che prevedono la dieta priva di glutine o anche la terapia genica. Probabilmente ci sono pochissime idee chiare in merito, essendo una malattia così complessa e difficile da decifrare.
Qualche settimana fa ho assistito ad un seminario di Suzane Maiello che da anni si occupa di autismo secondo il modello Tavistock, lo accenno solo in riferimento alla complessità dell’autismo. La Maiello, riprendendo Meltzer, chiama i bambini autistici “bidimensionali”, mancando della tridimensionalità, che è la condizione necessaria per riconoscere l’altro, per avere un proprio spazio interno, per raggiungere la capacità di separarsi e distinguersi dall’altro da sé. Non c’e spazio tra soggetto e oggetto, a cui finiscono per aderire, per non ammettere la separatezza. E questa mancanza di separatezza si ritrova già in utero, perché quando diciamo che il feto ascolta la mamma che parla, si ammette che ci sia un “tra”, che unisce la mamma e il suo bambino che ascolta la voce. Per l’autismo e altre patologie, viene data sempre più importanza alla vita intrauterina; già prima della nascita qualcosa non ha funzionato, non si è sviluppato come avrebbe dovuto. E allora poco c’entrano le vaccinazioni…
A proposito dell’articolo apparso su Repubblica: “Difendo il film che lega i vaccini all’autismo”. La battaglia fa infuriare i medici; De Niro appoggia la causa di chi lega l’autismo alle vaccinazioni, ho idea che quello sia un modo avventato di affrontare la questione. Certo, mettendosi dalla parte del genitore con figlio autistico, penso che sia senz’altro più semplice e liberatorio ritenere che ci sia una causa esterna che scateni tutta la malattia e la sofferenza che investe la famiglia. E sempre come mamma del bimbo autistico voglio anche credere che noi come genitori non c’entriamo niente, non abbiamo trasmesso niente, ma sia invece tutta colpa di quella maledetta vaccinazione che ci perseguita e da cui ci sentiamo forse perseguitati.
Come se la vaccinazione fosse un bersaglio dove scagliare tutto l’odio derivato da una patologia così terribile e pervasiva che mette in gioco tutto il sistema familiare. Detto ciò, ritengo che De Niro potesse trovare comunque un altro modo per parlare di autismo, come lui stesso sostiene nell’intervista “non accredito la tesi di Wakefiel ma voglio che si parli della malattia”. La maggioranza delle persone mi auguro che non rinunceranno a vaccinare i propri figli perché De Niro appoggia un film contro le vaccinazioni (si tratta di un bravissimo attore non di un nobel della medicina!) ma se solo una piccola minoranza si fa plagiare dal carisma dell’attore il guaio per molti bambini è fatto.
Il medico Andrew Wakefiled ha confessato che si tratta di una bufala il legame vaccinazioni-autismo, ma comunque sui social network (vedi facebook), continuano ad arrivare campagne pro e contro le vaccinazioni, come se non fosse ancora chiaro a tutti cosa sia meglio fare. Vaccinare i nostri figli iniettando chissà che cosa, oppure non vaccinarli correndo il rischio di contrarre una malattia infettiva e alimentare la diffusione di malattie ormai debellate contro cui il sistema immunitario da tempo è sfornito di armi e protezione. Certo dispiace iniettare nel proprio figlio un preparato a base di virus, batteri o chissà che altro, ma mettendo sulla bilancia rischi-benefici, credo che valga la pena continuare a vaccinare i bambini. Il rischio è altrimenti ritornare alle epidemie mortali di morbillo e di altre malattie.
Sarebbe invece oltremodo opportuno che i soldi per le campagne pubblicitarie venissero impiegati per una giusta informazione, ma non credo che ciò avverrà mai, visto la mole di interessi in gioco, a cominciare da quelli delle case farmaceutiche, ed anche le guerre economiche tra chi produce i vaccini contro chi produce i rimedi per debellare o tentare di debellare la malattia conclamata.