Benedetto Saraceno, psichiatra, professore ordinario di Global Mental Health alla University of Lisbon, dal 1995 al 2010 Direttore del Dipartimento di salute mentale dell’OMS a Ginevra.
Nato a Genova nel 1948, si forma alla scuola di Franco Basaglia a Trieste e appartiene al movimento della psichiatria anti-istituzionale italiana. Ha lavorato come epidemiologo all’Istituto Mario Negri di Milano, ha coordinato progetti per le riforme psichiatriche in America Centrale e in Sud America, in paesi quali Nicaragua, El Salvador, Honduras, Costa Rica, Panama, Brasile, Cile e Cuba.
Il 25 gennaio 2024, ha tenuto a Torino la sua ultima lectio magistralis, dal titolo: “L’ultima lezione: trattare bene le persone”.
La trama su cui costruisce la sua ultima lezione è fortemente ispirata dalla conversazione con l’amico e collega Franco Rotelli avvenuta a Trieste l’8 marzo 2023, pochi giorni prima della sua morte.
Di quel dialogo la rivista Aut-Aut, nel numero di settembre, riporta la trascrizione completa e quello che emerge è una visione radicale su cosa sia la salute mentale e su come l’esistenza stessa della psichiatria possa essere controproducente alla sua realizzazione.
Una riflessione a tratti dura, diretta, critica ma aperta a prospettive future e quanto mai indispensabile nella crisi attuale dei servizi di salute mentale e di psichiatri italiani.
La lezione è un testo appassionato e profondo, che riflette sulla storia della psichiatria e della salute mentale, e sulle sfide che questi campi dovranno affrontare nel futuro.
Emerge forte la critica alla psichiatria tradizionale, che ha spesso contribuito a emarginare e stigmatizzare le persone con problemi di salute mentale. Saraceno sostiene che la psichiatria deve cambiare radicalmente prospettiva, passando da un approccio paternalistico a un punto di vista basato sul rispetto dei diritti e delle autonomie delle persone.
La sua riflessione getta le basi per una coraggiosa visione della salute mentale. Sono radicali, ma penso possano fornire ampio spazio di riflessione e di auspicato dibattito per affrontare le sfide che questo campo deve affrontare nel futuro.
Ho accolto questa lezione come se fosse implicitamente rivolta a me, a noi, giovani psichiatri, operatori della salute mentale e a chiunque stia impegnando energie, pensieri e sforzi nell’affrontare le sfide che la salute mentale presenta quotidianamente.
L’impressione è che l’intento del loro dialogo e del loro incontro sia stato, oltre a sollecitare importanti temi di riflessione e di approfondimento, proprio quello di invitare a non avere paura.
Cito testualmente: “Non avere paura di mettersi in discussione, avere il coraggio di difendere tutto il buono che è stato prodotto ma anche e soprattutto quello di continuare a pensare in modo critico. Ho la certezza che alcuni difensori del buono che è stato prodotto, anche se troppo pochi, siano presenti nel dibattito nazionale e internazionale. Tuttavia, ho l’impressione che, invece, manchino drammaticamente quelli che sono determinati a continuare a pensare in modi critico, ossia non soltanto a ripetere pensiero già pensato ma a crearne di nuovo”.
Non nego che queste parole, complici la mia più giovane età e il recente approdo ai molteplici ambiti della salute mentale, abbiano suscitato in me diverse sensazioni, anche contrastanti, alcune delle quali avranno modo di consolidarsi e emergere più chiaramente anche con il passare del tempo.
Tuttavia, mi chiedo se nel tentativo di sostenere certe posizioni, importanti o meno che siano, nella critica delle opposizioni che ci spaventano e ci inducono alla difesa, si dimentichi di concedere spazio all’emergere del nuovo, si tralasci l’importanza di dare tempo all’ascolto, senza giudizio, spinti soltanto da quella essenziale e vitale forza che ci contraddistingue, o dovrebbe farlo: la curiosità.
La lezione di Saraceno è dunque un invito a riflettere sulla salute mentale, sull’impegno per costruire un futuro migliore per tutte le persone, come sottolinea nel titolo stesso della lectio, un augurio che condivido pienamente e al quale spero di poter dare il mio contributo.
Bravo, hai colto il senso della posizione di Benedetto
Grazie per questo articolo critico e stimolante per non perdere le speranze ed andare avanti a batterci per i diritti dei nostri figli per alternative migliori dei ricoveri in clinica, meglio una piccola comunità familiare, una casa famiglia, un appartamento condiviso, un’assistenza domiciliare sanitaria e sociale con educatori ed infermieri formati per chi ha fragilità mentale e vanno accompagnati e supportati nei loro percorsi riabilitativi continui per affrontare una vita complessa per tutti. Come inviare questi messaggi costruttivi di persone che hanno lavorato nel campo con amore e passione nei canali del governo, delle istituzioni, della politica del nostro paese. Perchè parlare pubblicamente del problema solo per male agiti e tragedie? Perchè le famiglie non vengono mai ascoltate in tempo ed aiutate ad aiutare. Perchè mancano le risorse umane giuste ed i giusti e necessari interventi economici?