Vendere copie, fare audience, interessare la gente con contenuti che stimolino le più recondite e viscerali passioni di un’umanità sull’orlo della disumanizzazione.
Il problema della notizia che serve a questo piuttosto che ad informare correttamente, lasciando libero il giudizio, mi pare un elemento centrale della comunicazione in senso generale ed in particolare per il settore sanitario che caratterizza il nostro agire quotidiano.
E’ senz’altro più facile utilizzare toni scandalistici che consentano all’opinione pubblica di scaricare tensioni secondo il principio della tifoseria piuttosto che richiedere quel tanto di fatica perché intorno alla notizia si organizzi un pensiero il più possibile originale.
Ed allora assistiamo ai processi svolti in televisione, agli spettatori che si improvvisano investigatori, ai conduttori che diventano giudici agli (pseudo) esperti che sono sacerdoti
del rito del ”diciamo quello che vogliono sentirsi dire”, scegliamo l’agnello sacrificale di turno e lasciamolo sbranare dalle tigri che albergano in ciascuno di noi.
Difficile è essere seri, attenti, coerenti, si rischia di annoiare, non c’è quella scarica adrenalinica che in una società sempre più “cocainomane” si ricerca per far fronte al ”tedium vitae” del quotidiano scorrere ineluttabile di un tempo senza valori: lo scenario politico ne è puntuale testimone.
Mi sono imbattuto, l’altro giorno, in una notizia su un giornale locale, ripresa anche da un altro quotidiano con un titolo del tipo: “Va a cercare droga e viene violentata dallo spacciatore”. Fin qui tutto normale, direte voi ed io concordo se tutto ciò corrispondesse al vero. In realtà si trattava di una paziente in grave difficoltà con problemi psichiatrici ed una storia a margine di tossicodipendenza che è assistita in una comunità alloggio e della quale gli operatori si sono immediatamente occupati spiegando come in realtà la denuncia della presunta violenza che poi è stato verificato non essere avvenuta, rappresentava un tentativo disperato di vedere accolta la sua sofferenza.
Ma la notizia descritta la presentava immediatamente dopo l’abuso con le mutandine calate e piangente: la scena che ci si aspetta; chi come me l’ha letta come si legge un fumetto o un giornale scandalistico, senza sapere come le cose si erano veramente svolte e quale era il bisogno della paziente, rimaneva colpito ed indotto a leggere per l’aspetto voyeuristico che, nella semplicità della notizia come era riportata, tendeva a stimolare.
Questo è un piccolo esempio di come si possa distorcere la realtà….
Dimenticavo. La distorsione della realtà non è forse uno degli elementi semeiotici della Follia ?
io aggiungo completamente d’accordo con l’intervento l’aspetto non secondario di chi la sofferenza psichica la conosce per sua esperienza. Lo sgomento di X che, ospite della casa alloggio, mi diceva – ma cosa pensano di noi.. siamo sulla bocca di tutti- Cioè chi scrive sui giornali non solo ha la responsabilità di dare una notizia approfondita e non condita da tifoseria ma anche di rendersi conto che il pubblico è il pubblico che forma un’opinione e in mezzo ci sono anche chi un’opinione uno stigma una sofferenza già la subisce.. e ne fa ancora una volta i conti. E l’astio, la rabbia il pregiudizio crescono tranquilli in un campo fertilizzato dai luoghi comuni facilmente condivisi attrattivi nella loro perversa seplicità. E non ne è immune neppure il paziente psichiatrico che si sente coinvolto e respinge questa visibilità diventando davvero più solo e tra virgolette allora sì pericoloso
Io sogno un altro posto…
commento con alcune domande: ma è caratteristica insita del giornalismo la tendenza a distorcere la realtà? è sempre volontaria la scelta di distorcerla? oppure il tutto, i titoli sensazionistici , i contenuti fin troppo elaborati o appunto distorti, sono creati appositamente per lettori poco attenti, non educati alla rispetto e la ricerca della verità?