La tendenza a colpevolizzare la vittima, nota come victim blaming, è un fenomeno psicologico diffuso, che si manifesta in vari contesti e situazioni di vita. Esso consiste nell’attribuire parte della responsabilità per l’accaduto alla persona che ha subito un danno o un’ingiustizia, come un furto, un’aggressione o un abuso. L’atto di colpevolizzare la vittima non solo risulta dannoso per la persona coinvolta, ma è anche un riflesso di distorsioni cognitive e bias culturali radicati nella nostra società. In questo articolo analizzeremo le ragioni psicologiche e culturali che ci portano a fare victim blaming e offriremo alcuni suggerimenti per evitarlo.
Perché tendiamo a fare “Victim Blaming”
1. Il Bisogno di Credere in un Mondo Giusto
Uno dei motivi principali che spinge le persone a colpevolizzare la vittima è il bias del mondo giusto. Questo concetto, sviluppato dal psicologo Melvin Lerner negli anni ’60, si basa sull’idea che le persone abbiano un bisogno psicologico di credere che il mondo sia un luogo giusto, dove ciascuno riceve ciò che merita. In altre parole, preferiamo pensare che le persone buone e oneste verranno premiate, mentre chi si comporta in modo negativo verrà punito.
Quando qualcosa di brutto accade a qualcuno – come un’aggressione o un incidente – ci troviamo di fronte a un contrasto con la nostra convinzione di un mondo giusto. Invece di accettare l’idea che la sventura possa colpire chiunque, cerchiamo spiegazioni che confermino la nostra convinzione. Questo ci porta a pensare, inconsciamente o consapevolmente, che la vittima abbia fatto qualcosa per “meritarselo”, anche se in realtà non vi è alcuna colpa da parte sua.
2. Difesa dall’ansia e dalla paura
Attribuire una parte di colpa alla vittima può aiutarci a gestire le nostre paure e ansie riguardo alla nostra vulnerabilità. Ammettere che chiunque può diventare vittima di un crimine, senza alcun controllo sulle circostanze, può risultare angosciante. Attribuire una responsabilità alla vittima ci permette di sentirci più al sicuro, in quanto crediamo di poter evitare situazioni simili seguendo certe “regole”. Per esempio, pensare che una persona sia stata derubata perché non era abbastanza prudente ci può dare la falsa convinzione che, prestando attenzione, noi stessi non correremo il rischio di subire un furto.
3. La cultura della responsabilizzazione personale
La nostra società è fortemente orientata alla responsabilizzazione individuale. Ci viene spesso insegnato che siamo i principali responsabili del nostro successo o fallimento e che possiamo, attraverso le nostre azioni, influenzare fortemente la nostra vita. Sebbene questa visione possa essere utile per promuovere l’autonomia, può diventare pericolosa quando si applica in maniera rigida a eventi casuali o a situazioni in cui una persona è vittima di violenza o abuso. In questi casi, la cultura della responsabilità individuale può farci credere erroneamente che anche la vittima abbia avuto un ruolo attivo nell’accaduto.
4. La teoria della Dissonanza Cognitiva
La dissonanza cognitiva è un altro fenomeno psicologico che può alimentare il victim blaming. La dissonanza cognitiva si verifica quando proviamo disagio nel tenere contemporaneamente due idee contrastanti. Se una persona che ammiriamo o conosciamo viene danneggiata, potremmo trovarci a cercare inconsciamente un motivo per ridurre questo disagio, attribuendo almeno una parte della responsabilità alla vittima stessa. Questo processo può avvenire senza che ne siamo consapevoli, e ci permette di allineare i nostri pensieri in modo da ridurre il disagio interiore.
Gli effetti del victim blaming sulla vittima
Dare la colpa alla vittima non solo è ingiusto, ma ha anche effetti psicologici devastanti su chi la subisce. Le persone che la subiscono tendono a sviluppare sentimenti di colpa e vergogna, che possono peggiorare le conseguenze del trauma subito. Questi sentimenti possono influire sulla loro autostima, portare a problemi di ansia e depressione, e scoraggiarle dal chiedere aiuto o denunciare l’accaduto per paura di essere giudicate o non credute.
Come evitare il Victim Blaming
Evitare la colpevolizzazione della vittima richiede consapevolezza e un impegno attivo nel riconoscere i nostri bias.
Il primo passo per evitare di colpevolizzare la vittima è prendere consapevolezza dei nostri bias e delle nostre reazioni automatiche. Quando ascoltiamo una storia di qualcuno che ha subito un danno, è importante chiedersi se stiamo cercando di trovare motivi che giustifichino l’accaduto per ridurre la nostra ansia o per mantenere una visione rassicurante del mondo. Riconoscere questa tendenza ci aiuta a essere più empatici e a mettere in dubbio i nostri pregiudizi.
Ascoltare la vittima senza giudizi e mostrare empatia è fondamentale per evitare il victim blaming. Praticare l’ascolto attivo significa prestare attenzione a ciò che la persona sta dicendo, senza interrompere o cercare di interpretare in modo diverso la sua esperienza. Questo aiuta a far sentire la vittima compresa e accettata.
Molte volte il victim blaming nasce da una scarsa comprensione delle dinamiche di potere o della natura di certi crimini, come la violenza sessuale o l’abuso psicologico. Informarsi e informare gli altri su questi argomenti è essenziale per comprendere meglio come e perché certi eventi si verificano. Una maggiore conoscenza permette di ridurre i pregiudizi e di riconoscere la complessità delle esperienze altrui.
Infine, è importante ricordare che la responsabilità di un’aggressione o di un abuso ricade sempre sull’aggressore, non sulla vittima. Concentrarsi sul comportamento della vittima rischia di oscurare la responsabilità di chi ha compiuto il danno, spostando ingiustamente l’attenzione. Fare questo sforzo attivo permette di non cadere nella trappola del victim blaming e di promuovere una cultura più equa e rispettosa.