Vaso di Pandora

Un lungo e duraturo svago

L’immaginazione al potere

Insomma, che ce ne facciamo di ció che ci si compone davanti agli occhi? Che cosa significa in questo contesto immagine e immaginare? questo è ció che fa l’immaginazione. L’immaginazione è un concetto chiave nella epistemica attuale: ci può aiutare  ad arrivare a capire meglio alcuni nostri dispositivi di base, nel senso che ci dispongono, che possiamo chiamare dispositivi antropologici come fa Giovanni Stanghellini, o archetipi come faceva Jung, ed è uno di concetti traghetto tra corpo e mente. Prospettive diverse ma convergenti in modo sorprendente.

Quello di immaginazione è un concetto ponte che ha un ruolo centrale nella filosofia europea. Da Kant in poi è diventata un concetto ponte, tra realtà e pensiero, a soggetto e oggetto, tra visibile ed invisibile, tra senso e pensiero.

Proprio perché la vista è, come dicono, il senso prevalente nell’uomo,  l’immaginazione, intesa come la capacità di produrre immagini con la mente, ha un posto importante nell’esperienza della realtà di tutti noi. Infatti ha rappresentato un crocevia per tutta la filosofia occidentale, da Platone in poi. Ci limiteremo a citare Goethe, per cui la forma rappresentava il modo di conoscere la natura, e la crisi del pensiero per immagini che è avvenuta lungo il ventesimo secolo per arrivare al clamoroso iconic turn in cui siamo vivendo oggi. L’immaginazione è al centro del pensiero finzionale  perché è il luogo, insieme al linguaggio, ma molto piu vicino al senso, dove l’inconoscibile cerca una forma e un senso che configura il rapporto tra visibile e invisibile.

Ma anche chi studia i neuroni a specchio sostiene che noi impariamo, e anche forse entriamo in relazione, attraverso una immaginazione interna che è di fatto una simulazione di ció che vediamo, e questo è basato sugli stretti rapporti tra visione e funzione motoria. Loro per esempio fanno l’esempio del maestro di vìolino e l’allievo. Il risultato di tutto questo è una continua simulazione motoria, si badi bene non di tutto ció che accade, ma che ci riguarda e che fa un essere vivente considerato in qualche modo vicino. Uomini innanzitutto. È facile l’osservazione che i neuroni specchio reagiscono al Tu.

In psicologia analitica l’inconscio addirittura è strutturato con immagini e l’immaginazione attiva è una tecnica classica junghiana di dialogo con se stessi.

In sostanza quello che l’immaginazione rende visibile alla mente costrttrice di senso, pèr usare una clausola omerica, sono il corpo e la realtà sotto forma di rappresentazione, cioè di costruzione, finzione, di qualcosa che non può che essere un come se del corpo, e al tempo stesso la sua realizzazione.

Per fare un esempio userò Calvino e sarò costretto a limitarmi molto, perché in realtà a questo punto il discorso si dovrebbe aprire ai destini del pensiero per immagini da goethe in poi, fino a Steve Jobs, ed evidentemente non è possibile, né credo ne sarei capace.

Una delle lezioni americane di Calvino era dedicata alla visibilità. In quel saggio, parlando della visibilità,  descrive un percorso, a due vie, che porta dalla immaginazione visiva alla parola e viceversa. Il tema doveva essergli caro perchè era centrale in un racconto di quel libro dedicato ai sensi che si chiama “Sotto il sole giaguaro”. Quello dedicato al gusto ha il nome, che dice tutto, di Sapere/Sapore. Sapere/Sapore è proprio dedicato a mostrare come il gusto, e quindi non solo la vista, attraverso l’immaginazione, organizzi la vita psichica, le passioni i legami, e l’esperienza del viaggio intorno a sé.

Questo tema non è secondario per chi fa il mio mestiere che nota ogni giorno, in particolare coi pazienti gravi, quelli che definiamo psicotici, che il livello “verbale” per cosi dire, non è il registro principale di comunicazione, e la costruzione di senso avviene attraverso azioni, stati d’animo, gesti, e solo raramente e in momenti fortunati tutto questo può divenire parola. D’altro canto osserviamo ogni giorno anche che un organizzazione del tempo ordinata e al servizio un ambiente relazionale ed emotivo ricco e ordinato, produce spesso risultati notevoli sul piano del recupero della capacità di pensare.

D’altronde questo non capita solo con nostri pazienti. Ogni volta che vediamo una scena che ci appassiona o che ci spaventa, o anche solo quando giochiamo a un videogioco, possiamo renderci conto di quanto il nostro corpo partecipi delle emozioni che proviamo.  Questo è noto. Quello che oggi sembra si possa sostenere è che non sia il corpo che esprime le nostre emozioni, in qualche modo obbedendo alla emozione psichica, ma al contrario che noi viviamo la realtà col corpo, in particolare col sistema motorio, e attraverso di esso finiamo per farcene una ragione imitando o meglio ancora simulando ció che osserviamo, arrivando infine, qualche rara volta, a dei pensieri. Inoltre ci sono almeno indizi pesanti dell’esistenza di una immaginazione motoria, e il nel modello la teoria dei neuroni specchio, la teoria dei Neuroni Specchio, attraverso la loro capacita di selezionare e di rinascere le intenzioni (o almeno far qualcosa che ci assomigli  molto).

Tutto questo a me sembra una diretta e clamorosa conferma ad una nostra propensione a distinguere, creatura e pleroma, oppure vivere in termini di io tu, io-esso. Cioè sembra dare una clamorosa conferma ad un idea non certo nuova, che è quella per cui la nostra mente, ma fosse a questo punto dovremmo dire noi, facciamo una distinzione fondamentale tra oggetti inanimati e viventi, in particolare tra i nostri simili, sia pure con qualche allargamento a certe specie animali con cui siamo in confidenza (e siamo anche capaci del contrario, e naturalmente, cioè di considerare non umane persone di religione differente, con quel ne consegue, o di dialogare con un faggio che ci ha visto felici con l’amata tanti anni  fa).

L’immaginazione quindi ci sembra essere qualcosa di psichico, ma in realtà è saldamente radicata nel corpo. Scoprire poi che noi risuoniamo innanzitutto col corpo all’altro, e che è il sistema motorio quello attraverso il quale comprendiamo l’altro, significa prendere atto che la immaginazione, intesa come processo finzionale, di costruzione del mondo, relazionale, simulata incarnata poietica, come lo chiama Silvana Borutti, è qualcosa che avviene comunque nello spazio del Tu.

Questo è quello che ha fatto sentire agli psiconalisti e agli psichiatri, di fronte alle ricerche sui neuroni a specchio, da un lato il sollievo di sentire dalla scienza ufficiale, per così dire, che non stavamo delirando, dall’altra la sensazione della scoperta dell’acqua calda.

L’ultimo elemento di cui abbiamo ancora bisogno di parlare è l’ambiguità.

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