La sindrome dell’impostore è un fenomeno psicologico che si manifesta con una persistente sensazione di inadeguatezza. Chi ne soffre prova cotinuamente il timore di rivelarsi un impostore, indipendentemente dal proprio successo e dalle competenze acquisite. Questo stato d’animo genera ansia e dubbi sul valore e sulle capacità della stessa persona che lo prova. Ciò porta a una percezione distorta e sbagliata del proprio merito.
Nelle relazioni amorose, la sindrome può influenzare la fiducia in sé stessi e la capacità di costruire connessioni profonde e potenzialmente durature. Ciò incide profondamente sulle relazioni sentimentali, generando dubbi e incertezze. Riconoscere e affrontare questa condizione è il primo passo verso la costruzione di rapporti amorosi che si basino su fiducia reciproca e autenticità. Con il giusto supporto e impegno, è possibile superare la sindrome e godere finalmente di storie soddisfacenti e appaganti.
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La sindrome dell’impostore
“Pur avendo raggiunto un importante traguardo, so di non meritarmelo.”
È con questa frase che Pauline Clance e Suzanne Imes, due psicologhe americane, esemplificano il cosiddetto impostor phenomenon, la sindrome dell’impostore da loro scoperta. Era il 1978 e il risultato arrivava dopo una serie di studi da parte delle due professioniste di Atlanta che risalivano agli anni scolastici di Clance, la quale più di una volta, durante i suoi studi al college, si era sentita inadeguata.
Chi è colpito dalla sindrome sente di non possedere le competenze necessarie a ottenere un determinato risultato e di scarseggiare nelle capacità e risorse di cui avrebbe bisogno per tagliare uno specifico traguardo. Ciò vale anche, e soprattutto, se in realtà quell’obiettivo sia già stato raggiunto. È a questo punto che ci si sente degli impostori, capaci di realizzarsi solo a causa di un colpo di fortuna, di una casualità, e non per merito di talento e fatica. Di fatto, si sottostimano risorse, competenze e capacità fino ad annullarsi da soli, ritenendosi non all’altezza.
La condizione ha un opposto: il cosiddetto effetto Dunning-Kruger. In questo fenomeno avviene il contrario. Si cade vittima di una distorsione percettiva secondo la quale ci si convince di essere migliori, più bravi e competenti di quanto in realtà non si sia. In tal caso si soffre di un deficit di abilità metacognitive che può essere diagnosticato. Per quanto riguarda la sindrome dell’impostore, invece, non vi è una vera e propria analisi, tanto che, ad oggi, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V) non contempla in alcuna delle sue sezioni il fenomeno scoperto da Clance e Imes.
Le radici psicologiche della sindrome dell’impostore
Le ricerche della coppia di psicologhe della Georgia, e quelle degli studiosi che le hanno affiancate e succedute, evidenziano come molte persone di successo possano sperimentare questa sensazione di sentirsi un bluff. La condizione è più diffusa di quanto si possa pensare. Le cause della sindrome sono multifattoriali, spesso radicate in esperienze passate di critiche o pressioni eccessive per il successo. Alcune persone crescono con aspettative irrealistiche fin dalla tenera età e, nonostante il raggiungimento di obiettivi significativi, mantengono un profondo senso di inadeguatezza perché vorrebbero fare ancor di più.
Convivere con la sindrome dell’impostore può rivelarsi spossante. Le persone che ne soffrono vivono infatti con il costante timore di essere smascherate e tendono a minimizzare ogni successo ottenuto. Il cluster di pensieri di chi si ritenga inadeguato si caratterizza per riflessioni del tipo: “sono un imbroglione e presto sarò smascherato”; “ho scarse competenze per ricoprire questo determinato ruolo”; “ricopro questa posizione soltanto perché non c’erano altri candidati”; “mi sento sempre sbagliata”; “il mio valore è troppo basso/scarso”; “chiunque sarebbe riuscito al mio posto” e così via.
Dal punto di vista psicologico, le persone che subiscono questa condizione, pur nelle loro diverse storie di vita e carriera, sono tutte accomunate da alcune caratteristiche. Soffrono lo stress da lavoro correlato, vivono nell’ansia, possiedono scarsa autostima e tendono continuamente al perfezionismo.
L’impostore in amore
Nelle relazioni romantiche, la sindrome dell’impostore si manifesta in modi diversi e può diventare un vero e proprio problema. Chi ne sia affetto può temere di non essere all’altezza delle aspettative del partner e di non meritare l’amore e l’affetto ricevuti. Tali dubbi scavano come l’acqua nella roccia e possono portare a comportamenti di auto-sabotaggio, o a una costante ricerca di conferme esterne. In questi casi, difficilmente l’altra metà della coppia sarà in grado di rendersi conto di quel che stia succedendo e potrebbe giudicare male la situazione. Ciò finisce per causare crisi, allontanamenti e separazioni ed è particolarmente impattante all’inizio di una relazione. La sindrome influenzerà negativamente entrambi i partner, creando dinamiche pesanti e complesse. Queste difficoltà non sempre vengono superate.
In aggiunta, la condizione compromette la capacità di comunicare apertamente e onestamente all’interno del rapporto. Comporta una paura, spesso totalmente insensata e irrazionale, di essere giudicati o rifiutati e porta a una mancanza di autenticità. Sorgono così difficoltà nel mostrare le proprie vulnerabilità che finiscono per ostacolare crescita e stabilità della relazione sul lungo termine.
Per vivere al meglio la dimensione sentimentale, occorre superare la sindrome dell’impostore, togliendola di mezzo almeno durante il tempo trascorso con il partner. È possibile riuscirvi ma occorre lavorare a fondo sulla consapevolezza di sé, nonché sul riconoscimento del proprio valore, principalmente quello intimo e intrinseco. La comunicazione aperta e il sostegno reciproco sono pilastri essenziali per costruire relazioni sane e appaganti. L’approccio terapeutico e la frequentazione di uno specialista possono fornire strumenti pratici per un’efficace gestione dell’insicurezza e promuovere la crescita personale nonché, soprattutto, quella relazionale.
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