I segni di Russell, noti anche come “polsi a zebra”, sono cicatrici o lesioni causate da comportamenti autolesionistici, solitamente presenti sugli avambracci o sui polsi. Questi segni prendono il nome dal pittore britannico George William Russell, che per primo li descrisse. Riconoscere e affrontare i segni di Russell è fondamentale per aiutare chi soffre di disturbi mentali e promuovere il benessere psicologico.
Cosa sono i comportamenti autolesionistici
I comportamenti autolesionistici sono azioni volontarie volte a procurarsi danni fisici, come tagliarsi, bruciarsi o colpirsi. Questi comportamenti spesso derivano da un profondo disagio emotivo e rappresentano un tentativo di gestire emozioni intense o situazioni stressanti. Sebbene possano sembrare un modo per alleviare temporaneamente il dolore interiore, in realtà aggravano la sofferenza a lungo termine.
Cause e fattori di rischio
I comportamenti autolesionistici possono avere diverse cause e fattori di rischio, tra cui:
- Disturbi mentali come depressione, ansia, disturbo borderline di personalità o disturbi alimentari
- Traumi o abusi subiti nell’infanzia
- Difficoltà nel regolare le emozioni o nell’affrontare lo stress
- Isolamento sociale o problemi relazionali
- Bassa autostima o senso di inutilità
- Influenza dei media o dei pari che normalizzano l’autolesionismo
È importante notare che chiunque può essere a rischio di sviluppare comportamenti autolesionistici, indipendentemente dall’età, dal genere o dallo status socioeconomico.
Riconoscere i segni di Russell
I segni di Russell si presentano tipicamente come cicatrici o lesioni parallele sui polsi o sugli avambracci. Possono apparire come tagli superficiali o profondi, bruciature o contusioni. Spesso le persone che si autolesionano cercano di nascondere questi segni indossando maniche lunghe anche in estate o evitando situazioni in cui devono esporre le braccia.
Altri segnali di allarme possono includere:
- Improvvisi cambi d’umore o isolamento sociale
- Presenza di oggetti taglienti o brucianti in luoghi insoliti
- Ferite inspiegabili o scuse poco plausibili per giustificarle
- Ostilità o rifiuto nel discutere delle lesioni
Se si notano questi segni in una persona cara, è fondamentale affrontare la situazione con empatia e senza giudizio.
Come affrontare i comportamenti autolesionistici
L’autolesionismo rappresenta un complesso problema psicologico che richiede un intervento delicato e articolato. Per affrontare efficacemente questo disturbo, è fondamentale adottare un approccio basato sulla compassione e sulla collaborazione tra diverse figure professionali.
Il primo passo consiste nel creare un ambiente sicuro e non giudicante, in cui la persona che si autolesiona possa esprimere liberamente i propri sentimenti e le motivazioni che la spingono a compiere tali gesti. L’ascolto empatico e il supporto incondizionato sono elementi chiave per instaurare una relazione di fiducia e favorire l’apertura al cambiamento.
Parallelamente, è essenziale incoraggiare la persona a cercare l’aiuto di professionisti qualificati, come psicoterapeuti o psichiatri, che possano fornire una valutazione accurata e proporre un trattamento su misura. In particolare, la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e la terapia dialettico-comportamentale (DBT) hanno dimostrato la loro efficacia nel trattamento dei comportamenti autolesionistici, grazie alla loro capacità di promuovere lo sviluppo di strategie di coping sane e funzionali. Tuttavia, il percorso terapeutico non può prescindere dal coinvolgimento attivo della persona e del suo entourage.
È quindi importante lavorare insieme per identificare attività alternative che possano aiutare a gestire le emozioni intense, come tecniche di rilassamento, espressione creativa o esercizio fisico.
Insegnare abilità di regolazione emotiva e di problem-solving può fornire strumenti preziosi per affrontare le sfide quotidiane senza ricorrere all’autolesionismo. La creazione di una solida rete di supporto, composta da familiari, amici e professionisti, è un altro tassello fondamentale nel mosaico del recupero.
Condividere l’esperienza con persone che hanno vissuto situazioni simili, ad esempio attraverso la partecipazione a gruppi di supporto, può contribuire a ridurre il senso di isolamento e a rafforzare la motivazione al cambiamento. Inoltre, è necessario intervenire sull’ambiente circostante, rimuovendo gli oggetti potenzialmente pericolosi che potrebbero essere utilizzati per autolesionarsi.
Tuttavia, è importante farlo con tatto e sensibilità, evitando atteggiamenti punitivi o eccessivamente controllanti che potrebbero compromettere la relazione di fiducia.
Infine, non bisogna sottovalutare l’impatto emotivo che l’assistenza a una persona che si autolesiona può avere su chi le sta accanto. Prendersi cura di se stessi, cercando a propria volta supporto quando necessario, è un prerequisito indispensabile per poter offrire un aiuto efficace e duraturo.
Non perdere la speranza
Affrontare i comportamenti autolesionistici e i segni di Russell può essere un percorso difficile e impegnativo, sia per chi ne soffre che per i loro cari. Spesso alla base vi sono sofferenze emotive profonde e complesse che richiedono tempo, pazienza e sostegno per essere elaborate. Tuttavia, con il giusto aiuto e le giuste strategie, è possibile superare questi comportamenti disfunzionali e sviluppare una maggiore resilienza e un senso di autostima.
È fondamentale ricordare che chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di forza e coraggio. Ogni persona merita di sentirsi amata, accettata e supportata nella lotta contro il dolore interiore.