Vaso di Pandora

Rulan e lo sgombero dei fantasmi

Era previsto già da qualche settimana e, alla fine Mercoledì 20 giugno, sotto il porticato di piazza dei Cinquecento, si compie lo sgombero dei Senza Dimora (SD) che sono li da tempo.

A Roma ci sarebbero circa 16 mila SD e circa5-600 di loro sono persone che, per gravi problematiche psichiatriche, sono inaccessibili alle comuni forme di assistenza, quelle sociali e soprattutto sanitarie. Queste persone, si sentono contenute in contesti molto anonimi perché la loro patologia psichiatrica è consecutiva alla grave esperienza di fallimento del progetto migratorio: evitano posti dove, essere visti, ripropone il trauma.

Quindi: il loro progetto di sopravvivenza è l’invisibilità. Sono persone sostanzialmente sane che sono state capaci di affrontare viaggi estremamente pericolosi. Mercoledì i giornali parlano di “una operazione interforze alla presenza di prefetto, questore, comandante dell’arma dei Carabinieri e della Finanza”. 

Sedici di loro vengono identificati ed allontanati. Il giorno dopo i carabinieri ci tornano e trovano che uno di loro non vuole andare via, li minaccia con un badile preso da un camion dell’AMA e dà una testata al maresciallo. Ovviamente viene arrestato.

Noi lo conosciamo. E’ Rulan, un nigeriano di 35 anni, di cui avevamo perso i contatti. Per lungo tempo si è nascosto (insediato?) presso il parco della Caffarella dove Carla lo ha segnalato a noi di “Area 95”. Con lei abbiamo cercato di incontrarlo al parco, ma inutilmente, finché non è stato ricoverato, alcuni mesi fa, perché aveva un delirio mistico e, anche per l’alcool, era molto agitato. In ospedale è stato subito meglio. Sono stati contattati i familiari in Nigeria che lo accetterebbero e lui – quando è compensato sul piano psicologico – accetterebbe di ritornare in Nigeria.

Sembrerebbe facile, ma il problema è che nel reparto psichiatrico del Policlinico non può rimanere per molto e non è possibile ricoverarlo in una clinica perché non ha documenti e per organizzare il rimpatrio servono alcune settimane sia per i documenti che per permettergli una disintossicazione e un recupero dal delirio. Anche lui è una persona “sana”! Ora accetterebbe dolorosamente di tornare da fallito da dove era partito con progetti che poi rintraccia nel delirio e attraverso l’alcool.

Dopo il Policlinico non è possibile trovare collaborazione con altre strutture perché in questi casi nessun servizio ha “la competenza” per occuparsi di Rulan. Lui, semplicemente, chiederebbe un percorso medico e psichiatrico e di assistenza sociale per poter rifare a ritroso il progetto che lo ha visto fallire. Per non rintracciare il fallimento abita uno spazio di fantasmi e i fantasmi li vedi solo quando fanno paura.

Quindi, dimesso dal Policlinico si aggrega agli altri SD che sono sotto i portici di piazza dei Cinquecento dove mercoledì gli dicono di andar via. Si, ma dove? La Nigeria forse è un percorso più complicato di un semplice sgombero che, puntualmente si risolve in una porta girevole infinita.

La cosa triste è che di quello sgombero e della grave aggressione al maresciallo i giornali, poi, riportano le richieste dei carabinieri che reclamano maggiori “strumenti per la auto-tutela… La pistola sarebbe stata esagerata, mentre … la dotazione del taser sarebbe stata ottimale anche in questo scenario”. La polizia fa bene a rivendicare maggiori tutele e a chiedere “riconoscimento dei ruoli e dei gradi del personale operante” ma quando accade uno sgombero si tratta dell’implicita dichiarazione di fallimento non solo della clinica dell’accoglienza, ma del buon senso e del buon governo. E’ vero che fra 16 homeless ci sono sicuramente delinquenti, ma se fra loro c’è Rulan lo sgombero è come se un medico curasse un suo paziente con la polmonite cacciandolo via dal suo studio.

Anche se può sembrare buonista occuparsi di etica e di diritti umani, almeno si riesca ad essere amministratori intelligenti: quanto costa chiamare infinite volte l’ambulanza, e le forze dell’ordine e i costi sociali di bivacchi che si fa finta di non vedere? Ammettiamolo: la sola soluzione che curiamo per questi SD con gravi problemi psichiatrici è che prima o poi possano morire e noi si continui ipocritamente a lamentarsi di non avere posti dove accoglierli.

Rulan, prima che di posti dove essere trasferito, chiede una rete di servizi  (ce ne sono abbastanza…)  dove non ci sia il rimpallo di competenze ma ciascun servizio abbia chiaro cosa fare e che lo accompagni a recuperare a ritroso il percorso del fallimento, altrimenti lui ci dice che lo ritroveremo sempre lì in un posto dove lui ha fermato il tempo.

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Commenti su "Rulan e lo sgombero dei fantasmi"

  1. Articolo che fa tanto riflettere su quante cose non funzionano o funzionano male. Si coglie la grande sensibilità e rispetto di chi scrive nei confronti delle persone che scelgono percorsi di vita diversi, fuori dagli schemi che la società reputa “normali”, che li aiutino a superare il fallimento e l’invisibilità nella quale sono costretti a vivere a causa di politiche repressive che non rispettano i diritti di ogni persona. Questi eventi fanno rabbia perché ci dicono quanto ottusi siano i nostri amministratori. Per fortuna c’è chi si impegna a creare reti per aiutare questa persone, ma purtroppo non basta perché ognuno deve fare la sua parte.

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  2. Un articolo che descrive i bisogni di persone con vite complicate e sfortunate e che, al tempo stesso, sottolinea l’inadeguatezza delle risposte delle istituzioni.
    Il dott. Riefolo ci dice infatti che più efficaci soluzioni sarebbero possibili con le strutture di cura esistenti qualora fossero diversamente organizzate e operative

    Rispondi
  3. Devo alcune precisazioni. Nella storia di Rulan che ho descritto sono confluite altre tre storie sempre di migranti SD che in questo sistema fatto di non-responsabilità fatichiamo a seguire. Sta di fatto che attualmente dopo mesi di “inseguimenti” di Rulan abbiamo perso i contatti e possiamo solo attendere che in qualche modo lui si riesca a segnalare.

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  4. Ho conosciuto tanti Rulan, pazienti da curare, con cui costruire prima di tutto un legame che riattivi una storia.
    Tra questi Rulan almeno un paio sono tra le mie più grandi soddisfazioni professionali. È un peccato non occuparsi con serietà di questo pezzo fondamentale di salute mentale.
    Grazie a Pino Riefolo, alla sua testimonianza e al suo impegno in tal senso.

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