Vaso di Pandora

Ripensando Binswanger

Psichiatra e filosofo, è un po’ un trait d’union fra il pensiero di Heidegger e la prassi pensata di Basaglia. Ma la differenza  con questi è grande, poiché da professionista Ludwig Binswanger ha agito e pensato in un contesto  privilegiato: nel Bellevue di  Kreutzlingen, clinica svizzera di sua proprietà,  decisamente rivolta a clientela più che  benestante. Basaglia per contro ha scelto il contesto più ingrato possibile, che imponeva attenzione ai pesanti aspetti di ingiustizia sociale. Da qui l’interesse al marxismo e alla sua possibile saldatura con il pensiero fenomenologico – esistenziale, saldatura d’altronde già cercata da  Sartre.

  Torniamo a Binswanger, parlando in particolare del suo concetto di “esaltazione fissata”. In questa “c’è un arrestarsi, un giungere a una fine dell’autentica mobilità  storica dell’esistenza.”  “Ciò che ci estrania dal paziente, che lo fa apparire alienato, è il suo esser rinchiuso  in un progetto di mondo  dominato da uno o pochi temi e pertanto estremamente ristretto”. “Cessa l’autentica mobilità storica dell’esistenza “

 Egli  esemplifica ciò, fra l’altro, riferendosi alla tragedia (va definita così) di Ibsen: Il costruttore Solness.

Questi dice:“Io sono come sono!  E nemmeno io posso cambiarmi!”  Hilde: Pensa se ora dovesse cadere!  Un costruttore che dovesse costruire una torre così immensamente alta”  “qualcosa che si impenni, come libero di ascendere.. focolari con alte torri e guglie”.   E lui: “ ho pagato tutto con l’infelicità umana”.

  Di fatto, Solness aveva perso due figli in un incendio. Sentendosene colpevole per insufficiente manutenzione del camino, reagisce con fantasia onnipotente. Ma salirà troppo in alto, e pretendendo anche di salire sulla guglia più alta precipita e muore. Con l’incendio ha perso tutto tranne una imponente ascesa come costruttore: ma proprio questa segna la  sua fine, al termine di una involuzione che ha avuto come punto di partenza il lutto e la colpa.

  Questo riferimento a una persona apparentemente non folle, ma anzi considerata capace e di successo contribuisce a mostrare la posizione di Binswanger: “Questi studi hanno come punto di partenza la descrizione clinico – psichiatrica della sintomatologia e decorso di alcuni casi di schizofrenia, ma come scopo la comprensione antropoanalitica di questi casi in quanto modificazioni generali dell’esistenza umana…..”.

 E’ importante e anzi fondamentale il potenziale antiemarginante di questa posizione, espressione di una corrente di pensiero  che tanto, insieme alla psicanalisi,  ha contribuito a modificare la nostra percezione della follia e il nostro rapporto con il folle: non lo consideriamo più, difensivamente, del tutto “altro da noi”.

  L’esaltazione fissata già nel termine indica un “fissarsi” a qualcosa, una incapacità di andare oltre.   Si impiegano metafore spaziotemporali: caratterizza l’esaltazione fissata  la sproporzione fra grande altezza della problematica e la ridotta ampiezza dell’esperienza: ciò comporta un arrestarsi che ha una ovvia dimensione temporale.  A questo proposito, ricordo che di recente  PECICCIA ci ha parlato del   desiderio dello psicotico di annullare il tempo.

 Questo arresto totalizzante   certo è proprio non solo del delirio schizofrenico, ma di altre vicende umane  che ancorano il pensiero  e gli affetti a un ambito ristretto. Ne possono costituire un esempio le ideologie totalizzanti e di conseguenza totalitarie, in cui l’altezza della aspirazione – salvezza delle anime per l’Inquisizione, creazione dell’ uomo nuovo per il comunismo, realizzazione di una supremazia della razza eletta per i nazisti – non lascia spazio a considerazioni più ampie e complesse, per non dire a un sano relativismo. Può lasciar perplessi il termine “altezza” se applicato all’esperienza psicotica: ma è lecito pensare che il paziente delirante sia convinto di vedere la realtà “dall’alto”, in una prospettiva che altri non sanno o non vogliono cogliere e che ai suoi occhi spiega tutto con certezza e per sempre.

L’esistenza umana tende a salire verso l’alto, ma può smarrirvisi, come accade al costruttore Solness” che, spinto da una intensa ambizione al successo, la realizza ma al prezzo di dimenticare troppe altre cose importanti. E’ turbato il rapporto fra la capacità di salire e la capacità di costruire. Similmente, nel delirio schizofrenico assistiamo all’ancorarsi indefinitamente a un  insieme di pensieri immodificabili, con la     fine dell’autentica mobilità  storica:  non si è più in grado di aprirsi ad un altro futuro.

  Al contrario, l’espansione orizzontale corrisponde alla discorsività, all’esperienza, alla considerazione e presa di possesso del mondo, a un ampliamento dell’angolo di visuale.

 L’esperienza ci ha mostrato come il manicomio e la stessa diagnosi psichiatrica – pur lecita e utile sotto alcuni aspetti –  hanno congiurato con la fissazione moltiplicandone gli effetti, definendo una volta per tutte la persona e rinchiudendola in uno spazio delimitato e in un tempo che si è arrestato.

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