Mi piace quando attraverso l’arte si racconta una storia.
Un ricordo generosamente prende forma, viene condiviso, lascia una traccia. Mi piace quando una storia può viaggiare ed incontrarne altre.
Quel pomeriggio io G. ed A. eravamo usciti come da programma per le cose “da fare”. Poi il richiamo del mare. Decidiamo di prenderci una pausa, parcheggiamo vicino ad un vecchio stabilimento balneare e rimaniamo a vagare da fermi, con lo sguardo in avanti.
G. fa “Qui ci venivo da giovane. Facevo un sacco di strada per arrivare. A volte conoscevo anche delle ragazze”.
“E ballavi?” chiedo.
“Quanto mi piaceva ballare. Non mi fermavo mai, ballavo tutta la notte.” Risponde G. un po’ commosso, guarda per terra, sorride, spegne la sigaretta. Nel silenzio che segue mi sembra quasi di vederlo, più giovane, con le luci stroboscopiche che si dimena e magari è felice.
Quando torniamo in comunità G. mi fa timido “Possiamo disegnare questo nel diario che dici?”.“Sì!”.
Sceglie gli acquerelli. Con pochi colpi di pennello vedo la scena comporsi: si delineano delle figure, una palla, una spiaggia, una conchiglia, forse dei divanetti. L’immagine che cresce davanti ai miei occhi è minimale, ma ha qualcosa di magico. Lo sento danzare. Mi viene voglia di aggiungere i dettagli che ho fantasticato ma sto ferma, non mi intrometto. Lo osservo nello spazio che occupa davanti ai miei occhi e in quello che crea sui fogli. Scrive qualcosa.
“Ecco, così basta”. “Sicuro?”. Guarda le pagine umide, guarda me “Io direi di sì.” Va bene. Lasciamo asciugare la scena.
Scorre leggerissima tra di noi la rappresentazione di un attimo.
Ora, tra le pagine di un diario errante, G. continua a ballare sulla spiaggia del Nautilus.
Elisa sarà che conosco G., conosco la sua storia e quel suo modo timido, riservato e gentile di vivere, senza sensazionalismi, ma sempre attento: mi sono emozionata! Grazie❤️
Brava giovane collega, delicata e sensibile.
Mi piace come racconti ciò che cogli di quest uomo ,che ho conosciuto in un fine settimana durante una gita in barca.
Ho percepito la sua fatica nello stare con noi, la sua voglia di esserci e di guardare il mondo con discrezione.
E poi,la bellezza di poter ricordare,insieme a chi è capace di ascoltare e di apprezzare.
Quante belle storie di vita abbiamo intorno, peccato che spesso non riusciamo a coglierle.
Il significato della relazione terapeutica non può prescindere da questo.
Se siamo curiosi i pazienti ci raccontano,se andiamo di fretta i pazienti si negano nel loro essere persone.