Vaso di Pandora

Qualche pensiero intorno a empatia e “Leib”

Il ricco articolo di Cannavò “La pelle degli psicotici: fragilità e ricchezza” centrato sulle modalità operative proprie alle teorie gestaltiche, mi ha permesso di soffermarmi su una delle “coordinate” che caratterizzano questo modello di lavoro, ovvero: Lavorare sul corpo, differenziando il Korper dal Leib. Così mi è accaduto (come avviene leggendo scritti di valore) di riflettere su questa espressione e di riprenderne i significati. Certamente la fondamentale differenziazione che sottolinea Cannavò ha radici antiche, che ho trovato straordinariamente evidenti (e pertanto utili al nostro lavoro) nel pensiero di Edith Stein (1917) (1), allieva di Husserl , nel suo primo scritto “Empatia (Einfuhlung)”, tema peraltro fondamentale (l’empatia estetica) per il suo maestro.

Cosi Stein si esprime: L’esperienza a cui rimanda il sapere dell’esperienza vissuta si chiama empatia, affermando che io so del dolore dell’altro attraverso un “atto di intuizione”. Stein prosegue prendendo in esame le teorie sul coglimento (Erfassen) della coscienza dell’altro, del vissuto altrui.

Ovvero, come l’ipseità (Selbstheit), concetto che ritroviamo in Ricoeur (1990) (2), si incontra con l’alterità, attraverso quali modi e stati dell’essere. È a questo proposito che Stein ci propone “il passo dallo psichico allo psicofisico”.

Riprendo le parole della Stein: “Il mio corpo fisico (Korper) mi è dato in atti di percezione esterna, …ma se dato soltanto in questo modo (il corpo) ci risulta come il più strano degli oggetti: un corpo che mi nasconde la sua faccia”. Aggiunge: “I sentimenti generali sono sempre vissuti come provenienti dal corpo vivente (Leib)” affermando appunto (a questo fa riferimento Cannavò) “Nell’apprensione dei corpi viventi altrui come appartenenza allo stesso mio <<tipo>> ci è data un’idea del discorso dell’<<analogizzare>>(Analogisieren) che sta nel cogliere l’altro”.

Non trattando l’empatia come condizione che riguarda specificamente la psicopatologia, la Stein propone, ancora una volta sulle orme di Husserl, che l’immedesimazione nell’altro, “cogliendolo come corpo vivente sensibile” consente la percezione di una nuova immagine del mondo (Weltbild).

Nel nostro caso, terapeuti di condizioni psicotiche, la nuova immagine, pur parzialmente con-vissuta attraverso il nostro Leib, ci permette, come credo reciti Cannavò, di trasferirci (parzialmente) nell’orientamento altrui, nella particolare visione del mondo proprio del paziente.
Posizione teorica che da Husserl giunge alla Stein e infine all’ontica binswangeriana e gestaltica, non dimenticando il discorso psicoanalitico.

Sappiamo infatti che a Vienna Freud e Husserl furono ambedue allievi di Brentano, il filosofo che aprì la problematica della fenomenologia, mettendo in evidenza che i fenomeni psichici “sono diretti verso un oggetto: possiedono cioè quella che Brentano chiama intenzionalità” (cit. Van Den Berg (3), 1953), e, aggiungo con Gillibert, [cit. d’Ippolito(4)]: “il desiderio inconscio è un’intenzionalità” (5).

NOTE
1) Stein, E. (1917) L’Empatia, Franco Angeli, Milano,1985.
2) Ricoeur, P. (1990) Sé come un altro, Jaca Book, Milano, 1993.
3) Van Den Berg (1955) Fenomenologia e Psichiatria, Bompiani,Milano,1961.
4) D’Ippolito, B.M. (2004) La cattedrale sommersa, Franco Angeli, Milano.
5) Non intendo in questa sede spingere oltre il discorso analitico, quello attuale, “l’identificazione inconscia” di Searles, l’empatia di Kohut, il “linguaggio dell’Effettività” di Bion.

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