Vaso di Pandora

Povere creature: molto più di un manifesto femminista

In una visionaria Inghilterra a cavallo tra la fine dell’800 e gli inizi del 900, il buon dottor “God” Baxter, luminare della medicina, scienziato tanto creativo e di buon cuore quanto asettico e freddamente determinato nel perseguire gli interessi della scienza, riesce nella mirabolante opera di salvare una giovane donna suicida, cerebralmente morta, trapiantando nella sua scatola cranica il cervello del feto che ella ospitava in grembo.

Inizia così, in questo bizzarro modo, la parabola di Belle nel film “Povere creature“, stupenda ragazza dalla psicologia infantile, che andrà alla scoperta del mondo, dove incontrerà sia alleati che nemici, ma che in ogni caso si riveleranno utili alla sua emancipazione dalla condizione infantile e al suo divenire finalmente la donna che è destinata ad essere.

Povere creature, femminismo ma non solo

Povere creature” di Lanthimos è stato visto come un manifesto femminista ma, sebbene sia indubbio che esso parli dell’emancipazione della donna, giudicare in modo prettamente “politico” un’opera che, anche solo per la fotografia, è più simile a un sogno che alla realtà rischia di essere riduttivo. Il film a mio avviso è sì una parabola sul femminile, ma sull’Archetipo stesso, sul percorso esistenziale che ogni femminile compie per separarsi dalla sua condizione originaria di fusione con la Grande Madre (Neumann 1981), ovvero con gli aspetti collettivi inconsci di esso.

La coscienza

Secondo Neumann (1978), la coscienza emerge lentamente dall’inconscio, e deve superare una serie di tappe per potersi differenziare a sufficienza. Sebbene oggi grazie alla ricerca sappiamo che un embrione di coscienza è sempre presente anche da un certo punto in poi nella vita intrauterina, credo si possa leggere la teoria di Neumann come un “mito” che la nostra coscienza ha su se stessa.

In quest’ ottica, le tappe che Belle affronta non sono altro che passaggi necessari al fine della sua individuazione, ovvero del raggiungimento della sua natura autentica. In questo senso, Belle inizia la sua differenziazione attraverso la casuale scoperta del sesso, che userà prima in maniera “infantile”, come semplice strumento di piacere, poi in maniera “utilitaristica”, prostituendosi per ottenere denaro, e alla fine per amore. A mio parere, per lei non poteva esserci veicolo migliore: Belle è un corpo morto, e ci vuole proprio Eros per ridarle il senso di esistere, in una perfetta compensazione che deve necessariamente, come ogni viaggio dell’eroe che si rispetti, attraversare una parte Ombra attraverso il meretricio.

La fisicità

Sappiamo che il tatto e la corporeità rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo della psiche fin dai primi istanti della nostra esistenza, e che il nostro corpo, tramite l’incontro con l’altro, è capace di riprodurre in sé emozioni, sensazioni e si potrebbe dire addirittura la persona stessa con cui stiamo interagendo (si consulti ad esempio Gallese 2007 o Peciccia 2023).

Tuttavia, il modo in cui Belle vive il sesso, ovvero in maniera molto meccanica impedisce a questo importantissimo aspetto di compiere appieno il suo mestiere: serve quindi uno psicopompo che l’aiuti a integrare lo psichico. Di certo non potrà essere né Duncan, amante donnaiolo con cui inizia il suo viaggio trasgressivo né il cinico Harry, che le mostrerà il male del mondo. Ciò che la tirerà fuori da questa empasse è paradossalmente una Grande Madre, la sua Maitresse, che nonostante sia la sua padrona riesce a instillarle il seme dell’autenticità con i suoi discorsi sulla capacità di creare il proprio destino con le proprie forze.

Alla fine, Belle avrà finalmente un confronto con il suo aguzzino, ovvero l’ex marito, un militare megalomane che l’aveva spinta alla morte e che, reincontratala, la rinchiude in casa e vuole infibularla per azzerarne la volontà. Stavolta, in questo confronto con l’Animus negativo, Belle con l’aiuto del suo nuovo amore (il fedele Max, discepolo di God e sempre devoto a lei, figura archetipica di Animus positivo) riuscirà nel più classico dei contrappassi: avendo studiato medicina come suo padre, dopo averlo anestetizzato a seguito di una violenta colluttazione, lo opererà e ne farà un cadavere ambulante col cervello di una capretta.

Il viaggio dell’eroe

La lotta col drago, ovvero con l’aspetto divorante della Grande Madre (quello che trattiene e impedisce la crescita) è il punto centrale del viaggio dell’Eroe. Belle viene aiutata nello sconfiggere il Generale che aveva sposato nella “vita precedente” dai suoi due amori, il discepolo prediletto del suo padre adottivo e la sua amica/amante nel bordello, entrambi di colore. Questo particolare a mio avviso non è secondario, poiché essi rappresentano gli aspetti inconsci che aiutano la bianca Belle a trionfare. Jung sosteneva spesso che l’Inconscio tende a rappresentare sé stesso (nei sogni ad esempio) in maniera controsessuale o con personaggi di etnia diversa, proprio a sottolineare questo aspetto di estraneità all’Io, con il quale dobbiamo essere necessariamente in dialogo.

Non siamo un po’ tutti povere creature?

Come professionisti della salute mentale, la storia di Belle ci può far tenere presente che non dobbiamo a tutti i costi cercare di evitare ai pazienti le peripezie che possono affrontare nel corso della vita: Joanne Greenberg (2015), di fronte alle proteste di una sua paziente ex-psicotica che la accusava di averla tirata fuori dal delirio per catapultarla in un mondo peggiore di quello delle sue allucinazioni, rispose:” Mia cara, non ti ho mai promesso un giardino di rose”. Allo stesso modo, anche le nostre (e i nostri) Belle a volte hanno bisogno di un Duncan, di un Harry o di un Generale che mostrando loro l’orrore mostrino contemporaneamente che c’è anche una via d’uscita da esso. In fondo, come il titolo del film suggerisce, non siamo un po’ tutti delle povere creature?

Note Bibliografiche
1

Greenberg J., Non ti ho mai promesso un giardino di rose Asino d’oro Roma 2015

2

Gallese V., Il corpo nella mente: dai neuroni specchio all’ intersoggettività: Le Vacances della Scienza, Soprabolzano, estate 2007 ed. Asia Bologna 2008

3

Jung C.G. L’uomo e i suoi simboli Tea Milano ed. 2010

4

Neumann E. Storia delle origini della coscienza Astrolabio Roma 1978

5

Neumann E. La grande madre Astrolabio Roma 1981

6

Peciccia M. Alcune note sull’articolo interazioni pelle a pelle che curano: la terapia amniotica reperibile su https://vasodipandora.online/alcune-note-sullarticolo-interazioni-pelle-a-pelle-che-curano-la-terapia-amniotica/ (2003)

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Commenti su "Povere creature: molto più di un manifesto femminista"

  1. Opera interessante sotto tanti aspetti. L’operazione del Dr God – l’uomo che vuol farsi Dio – ricorda quella del Dr Frankenstein, con una importante differenza dettata dal mutare della temperie culturale: non più l’uomo che con obbiettività scientifica manipola la materia inanimata aspirando a ridarle vita, ma il ricorso alla grezza vitalità di un feto, carico di tutte le potenzialità che vanno lasciate svilupparsi. Questa è , certo, anche una metafora del discorso psicanalitico che richiede un ritrovare e integrare la propria infanzia: discorso, mi pare, specificamente junghiano come fa pensare il riferimento all’Ombra.
    In quest’opera, il percorso della donna non può essere aiutato dal maschio, ma da una madre – maestra che ammonisce: “La donne non potrà mai arrivare alla sapienza dell’uomo”. Punto delicatissimo: indica una limitazione? O piuttosto ammonisce a non gareggiare con l’uomo in un percorso che da sempre è da lui tracciato? Allora, la meta del femminismo può essere la costruzione di una cultura a matrice femminile? E la sua possibile integrazione – non subordinazione – con quella maschile?

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